L’accordo di adesione Ue-Ucraina sconfessato in Olanda e il rischio di una soluzione alla “bruxelloise”

di Dario Rivolta * –

poroshenko con junkerAveva avuto ragione Viktor Janukovich, l’allora presidente ucraino, a rifiutarsi di sottoscrivere l’accordo di stretta collaborazione tra l’Ucraina e l’Unione Europea?
Se guardiamo ai risultati del referendum che si è tenuto in Olanda il 6 aprile, dovremmo dire che era lui quello dalla parte giusta e non quei politici europei e statunitensi che hanno sollecitato, finanziato e organizzato i disordini di Maidan. Disordini che hanno poi portato alla caduta del regime, alla guerra civile, ai numerosi morti da entrambe le parti e alla rinascita della guerra fredda contro la Russia.
I partecipanti al voto sono stati il 32% e quindi solo un 2% di elettori ha consentito di non rendere nulla la consultazione referendaria. Il governo olandese e i leader europei che avevano voluto quell’accordo a tutti i costi avevano invitato all’astensione ma il quorum minimo è stato raggiunto e addirittura più del 60% di chi si è espresso lo ha fatto per rifiutare l’intesa politica e le generose elargizioni economiche previste a favore del governo di Kiev.
Come previsto dalla legge olandese, questo tipo di referendum ha un puro valore consultivo ma, se il primo ministro Mark Rutte volesse non tenerne conto, potrebbe pagarne le spese alle elezioni politiche dell’anno venturo. Questo voto non solo sconfessa le decisioni del suo governo ma dovrebbe lanciare un segnale forte anche a tutte le altre capitali europee che hanno deciso di sposare la linea americana-polacca-baltica-britannica di contrapposizione, anziché di collaborazione, con la Russia. E’ certo che, in Olanda come in molti altri Paesi, si continua a non capire perché l’Ucraina, storicamente di cultura russa, debba diventare il nostro casus belli con Mosca e, soprattutto, perché si debba continuare a far soffrire socialmente ed economicamente i Paesi dell’Europa meridionale per dare invece milioni di euro per un numero imprecisato di anni a Kiev .
I partiti antieuropeisti di tutti i Paesi membri stanno gongolando perché, anche se il quesito riguardava solamente l’accordo di associazione dell’Ucraina con l’Ue, si è trattato, comunque, di una netta sconfessione di scelte fatte e decise a Bruxelles. Immediatamente tutte queste forze politiche hanno cominciato a manifestare il loro desiderio che i popoli siano direttamente interpellati su qualunque decisione presa a livello sovranazionale e perfino sulla possibilità, come avverrà in Gran Bretagna, di un referendum sulla permanenza o meno nell’Unione.
Che il voto olandese abbia raccolto anche le adesioni di molti antieuropeisti è incontestabile. Volerlo però leggere, come alcuni fanno, prescindendo dal suo stretto contenuto sarebbe un errore. Il fatto che non ci sia stata una partecipazione di massa dimostra che la retorica antieuropeista non è per nulla maggioritaria. Almeno per ora. Purtroppo, e lo diciamo da ferventi fautori di una più integrata Unione Europea, Bruxelles e gli attuali leader dei Paesi membri sembra stiano facendo di tutto per tradire i veri sentimenti popolari dei loro governati e per incoraggiare spinte demagogiche contro “l’approfondimento” delle istituzioni comunitarie.
In realtà, la classe politica d’Europa si distingue, oggigiorno, per la sua insignificanza e per decisioni che contraddicono il minimo buon senso. L’incapacità di affrontare in modo unitario la crisi migratoria e il terrorismo sono l’immediata dimostrazione dell’inadeguatezza degli attuali governanti, più preoccupati di raccogliere immediate e facili briciole di consenso che di pensare all’interesse del continente sul medio e lungo termine. Da italiani, non possiamo inoltre che notare come in due contenziosi internazionali che ci toccano, il caso dei marò e quello di Giulio Regeni, l’Europa si esprima timidamente o sia del tutto assente. La questione greca, poi, ha dimostrato, e continua a farlo, come la dichiarata (nei Trattati) solidarietà sia soltanto una fola.
Per tornare all’accordo Ue-Ucraina, se il governo olandese deciderà di tenerne conto potrà farlo in due modi, rispettando la volontà dei propri elettori e quindi invalidando per tutta l’Europa l’accordo già “provvisoriamente” entrato in vigore (perché un tale accordo abbia validità, occorre l’unanimità degli Stati membri), oppure con una furbata alla “bruxelloise”. In questo secondo caso ci si ricorderà che quanto fu sottoscritto è diviso in due parti e cioè una “politica”, che potrebbe essere invalidata, e una “economica” che potrebbe invece continuare, poiché di pura competenza della Commissione.
E’ evidente che in quest’ultima ipotesi, così come nel caso che si volesse far finta che niente fosse accaduto, la distanza tra elite politiche europee e cittadini non potrebbe che aumentare.

* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.