Afghanistan. Continuano tra alti e bassi i colloqui tra USA e talebani

di Alberto Galvi –

L’accordo di pace firmato lo scorso 29 febbraio tra Stati Uniti e talebani ha sollevato, in particolare negli ultimi mesi, dubbi sull’impegno di questi ultimi a rispettarlo, considerando anche l’aumento del numero di scontri tra le due parti e che continuano anche di fronte alla pandemia di Covid-19.
Due tra i principali membri della Commissione per gli Affari esteri della Camera degli Stati Uniti, Eliot Engel e Michael McCaul hanno invitato i due fronti a concordare un cessate il fuoco al fine di fermare gli scontri che, oltre a guerriglieri e membri delle forze di sicurezza afghane, hanno causato la morte e il ferimento di centinaia di persone in tutto il paese.
Altri gruppi jihadisti attivi nel paese hanno però rivendicato la responsabilità di una serie di altri attacchi, tra questi l’IS (Islamic State) e Al-Qaida, con i quali i talebani si sono impegnati a rompere i legami.
A causa di questa situazione di tensione Engel e McCaul, in una dichiarazione congiunta rilasciata l’8 maggio scorso, affermano che i continui attacchi dei talebani alle forze afghane stanno impedendo ai negoziati di proseguire.
In questi mesi anche paesi come Qatar, Germania, Indonesia, Norvegia e Uzbekistan hanno cercato a lungo di trovare un compromesso e portare la pace in Afghanistan, senza però troppo successo.
Il Qatar ha svolto uno dei ruoli diplomatici più importanti per facilitare i colloqui tra i talebani e gli Stati Uniti e il governo afghano; il governo qatarino ha anche ospitato una delegazione talebana nella sua capitale Doha.
Nei giorni scorsi questi cinque paesi hanno rilasciato una dichiarazione congiunta che accoglie con favore il cessate il fuoco nella festività dell’Eid al-Fitr, in ricordo della fine del mese sacro del Ramadan, e invita tutte le parti in causa a portarlo avanti da qui in poi. Questi si sono impegnati con entrambe le parti a riunire, quando sarà possibile, le fazioni in guerra attraverso conferenze o incontri per instaurare un dialogo.
La dichiarazione ha fatto seguito a un annuncio dei talebani afghani, i quali affermano che non avrebbero condotto attacchi per tre giorni a partire da domenica scorsa.
Il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, cogliendo l’occasione ha esortato nuovamente le due parti a cogliere l’opportunità per avviare colloqui di pace, evitando un’altra escalation di violenza.
Il presidente afghano Ashraf Ghani ha ricambiato la buona volontà dei talebani accettando cessate il fuoco e liberando 2.000 loro prigionieri, nonostante la richiesta fosse per 5.000 unità.
Questa soluzione era infatti già stata inserita nell’accordo siglato con gli Stati Uniti prima di partecipare alle negoziazioni con i rappresentanti di tutte le fazioni in lotta; i talebani, dal canto loro, dovranno liberare circa un migliaio uomini delle forze di sicurezza afghane loro prigionieri.
I negoziati si pongono l’obbiettivo di portare alla cessazione permanente delle ostilità e ad un conflitto che dura ormai da 18 anni, al fine di approvare un sistema amministrativo condiviso, in modo che le truppe delle missioni internazionali sul suolo afghano si ritirino nel giro di 14 mesi.