Africa: terra di conquista diplomatica per gli arabi

di Valentino De Bernardis –

Nelle relazioni diplomatiche il continente africano ha un solo compito: fare numero. Un numero spesso pari a zero quando si tratta di far pesare i propri interessi nei consessi internazionali e meno di zero quando si tratta di intraprendete azioni dirette su un governo straniero, non africano, per rivendicare anche i più basilari diritti.
Caso unico in cui il peso specifico dei paesi africani, presi singolarmente, guadagna importanza si ha quando un qualsiasi paese del primo mondo, cerca sostegno numerico per le proprie dispute internazionali, solo per poter dimostrare che le proprie istanze sono supportate da un congruo numero di Stati.
All’interno di questa cornice negli ultimi anni sono rientrare le dispute politiche, religiose, arabe e arabo-persiane che dal Medio Oriente si sono estese a macchia d’olio in buona parte del mondo africano, specialmente dove è presente una preponderante maggioranza mussulmana.
Ad inizio 2016, quando Arabia Saudita e Iran si contendevano una supremazia politico-economica (e parzialmente religiosa) a livello subcontinente, l’Africa è tornata ad essere “terra di conquista diplomatica” a suon di trattati commerciali e concessioni finanziarie di vario titolo. Contendere che per affinità religiosa vide ben presto l’affermazione di Riyadh, con molti paesi prontissimi tagliare le relazioni diplomatiche con Teheran (Somalia, Sudan e Gibuti solo per fare alcuni nomi).
A distanza di un anno e mezzo, all’alba del nuovo confronto tra mondo arabo mussulmano in orbita saudita (Emirati Arabi Uniti, Egitto e Bahrain) e il Qatar, gli occhi tornato ad essere rivolti verso il Continente Nero, dove uno torna a valere uno nel computo dei singoli stati nazionali.
La nuova competizione tutta interna al mondo arabo (con la sola eccezione dell’Egitto), ha diviso i paesi africani in tre grandi raggruppamenti. Da una parte i paese nordafricani che a causa della forte presenza di gruppi politici finanziati indirettamente dal Qatar hanno optato per una neutralità attiva, proponendosi come mediatori tra le parti per raggiungere una soluzione condivisa dalle parti. Dall’altra i paesi pronti a sostenere con vari distinguo la coalizione saudita (che comprende Ciad, Senegal, Mauritania, Gabon ed Eritrea solo per fare alcuni nomi), hanno richiamato i propri rappresentanti da Doha oppure tagliato completamente i contatti diplomatici
Infine un raggruppamento che racchiude principalmente due grandi paesi del Corno d’Africa (Somalia ed Etiopia), che nonostante le forte pressioni ricevute (voci non confermate riportano per la Somalia incentivi economici pari 80 milioni di dollari), hanno deciso di mantenere una sorta di neutralità passiva, senza prendere le parti di nessuno, in attesa che si possa arrivare ad una sintesi condivisa senza il ricorso alle armi. Decisione che per la Somalia avrà un conto pesante da pagare, come testimonia nella giornata odierna la decisione degli Emirati Arabi Uniti di richiamare il proprio rappresentante diplomatico a Mogadiscio, a cui si potrebbero unire anche quelli degli altri paesi che ruotano attorno alla politica estera saudita.
Non è un caso che siano proprio nel Corno d’Africa è rimasta, in un certo qual modo, l’ultima orma di “riconoscenza” per l’azione qatarina nel continente. Essa di fatto è la regione dove maggiormente Doha nell’ultimo decennio aveva investito molto in termini militari (un forte contingente emirato era presente fino ad oggi lungo il confine eritreo-gibutino per garantire la pace), politici (mediatore nella crisi politica tra Eritrea e Sudan), economici (con l’enorme impegno sostenuto in Darfour e in Somalia a sostegno delle popolazioni) e sviluppo umano (Etiopia).
Quanto tempo ci vorrà prima che Somalia ed Etiopia si vadano ad allineare sulle posizione saudite? Impossibile prevedere. Forse nel brevissimo periodo o forse mai. A prescindere da quale dei tre raggruppamenti si sia oprato di appartenere, quello che è certo per tutti i paesi africani, è che una volta terminata la competizione geopolitica tra Riyadh e Doha, tutti torneranno ad essere un semplice numero, con un peso reale pari a zero. Fino alla prossima crisi internazionale.

@debernardisv
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