Alla vigilia di Davos l’Oxfam lancia l’allarme: poveri sempre più poveri e ricchi sempre più ricchi

di C. Alessandro Mauceri –

Nella ridente località di Davos, in Svizzera, tra il 23 il 26 gennaio si svolgeranno i lavori del World Economic Forum, attesi esperti di economia di ogni risma e i leader mondiali, tra cui il presidente Usa Donald Trump.
Gli interventi dei partecipanti, molti dei quali già sul posto, sono stati preceduti dalla presentazione dell’ultimo rapporto di Oxfam dal titolo “Reward work, not wealth” (Ricompensare il lavoro, non la ricchezza), con il quale gli esperti lanciano una pesante accusa: “Delle ricchezze prodotte l’anno scorso, l’82 per cento è andato a profitto dell’1 per cento dei più ricchi della popolazione mondiale, mentre i 3,7 miliardi di persone che formano la metà più povera del pianeta non ne hanno visto niente”. In altre parole, sebbene le scelte politiche condotte siano state quasi sempre giustificate dicendo che sarebbero servite a ridurre la povertà o a risolvere questo o quel problema sociale o a ridurre la disparità nel mondo e nei singoli paesi, in realtà è avvenuto esattamente il contrario.
Secondo Oxfam “Il sistema economico mondiale permette a un’elite fortunata di accumulare immense ricchezze, mentre centinaia di milioni di persone penano a sopravvivere con un salario minimo”. Dati confermati da Credit Suisse, secondo la quale le 42 persone più ricche del pianeta possiedono le stesse ricchezze di metà dell’umanità (le più povere). Una situazione che in più mostra un netto peggioramento rispetto agli anni precedenti e un innalzamento del coefficiente di Gini in moltissimi paesi del mondo, fatto questo che spiega come mai questo indice importantissimo non viene quasi mai inserito nei rapporti istituzionali. “Dal 2010 – affermano gli economisti dell’Oxfam – il patrimonio dei miliardari è aumentato in media del 13 per cento all’anno, sei volte più velocemente che le paghe delle lavoratrici e dei lavoratori  che sono aumentate in media solo del 2 per cento all’anno. Tra il marzo 2016  il marzo 2017, il numero di miliardari è aumentato più rapidamente che mai, al ritmo di un nuovo miliardario ogni due giorni”.
Dai dati incrociati di molte ricerche (da Forbes a Credit Suisse, fino alla Banca Mondiale), emerge che a beneficiare di oltre l’80 per cento della ricchezza prodotta su tutto il pianeta è solo l’un per cento più ricco della popolazione. Alle fasce più povere della società non rimane quasi nulla. La diminuzione del numero di persone costrette a vivere in condizioni di povertà estrema è frutto solo in parte di una crescita economica: in gran parte è dovuto all’abbassamento delle soglie di povertà, ovvero chi prima era considerato in condizioni di povertà estrema ora non lo è più, pur avendo lo stesso reddito. Anzi, “le diseguaglianze sono aumentate nello stesso periodo: 200 milioni di persone in più avrebbero potuto essere salvate dall’indigenza”, si legge nel rapporto.
Diverse le cause, secondo Oxfam. A cominciare dalla “forsennata corsa alla riduzione del costo del lavoro che porta all’erosione delle retribuzioni”. In tutto il mondo, Italia compresa, è in atto una riduzione dei salari. E poi la “negligenza verso i diritti dei lavoratori e la drastica limitazione del loro potere di contrattazione nel mercato globale”. Numerosi gli esempi di questo fenomeno in tutti i paesi del mondo, anche quelli più sviluppati come l’Italia o gli altri paesi europei. E poi la crescita smodata delle multinazionali, che favorito “processi di esternalizzazione lungo le filiere globali di produzione” e ha concentrato la produzione nei paesi con manodopera a basso costo. E quando in questi paesi, la classe dei lavoratori comincia a pretendere maggiori garanzie e diritti, la soluzione è sempre la stessa: spostare la produzione in altri paesi (come è avvenuto in Cina e in molti paesi orientali e, negli ultimi mesi, in Africa). Il tutto grazie alla “forte influenza esercitata da portatori di interessi privati, capace di condizionare le politiche” nazionali ed internazionali.
Questo non solo nei paesi in via di sviluppo ai quali sono stati concessi limiti di gran lunga inferiori a quelli ragionevoli sia sotto il profilo sociale che sotto il profilo dell’impatto ambientale e sulla salute, ma anche in molti dei paesi cosiddetti “sviluppati”. A cominciare dall’Italia dove, secondo Oxfam, “a metà 2017 il 20 per cento più ricco degli italiani deteneva oltre il 66per cento della ricchezza nazionale netta. Nel periodo 2006-2016 il reddito nazionale disponibile lordo del 10 per cento più povero degli italiani è diminuito del 23,1 per cento”. L’Italia si conferma uno dei Paesi più disuguali d’Europa, la globalizzazione neoliberista tanto osannata e pronunciata, a conti fatti è servita solo a peggiorare la situazione e a favorire le fasce più abbienti della popolazione scaricando il peso degli errori legati a ingiuste e ingiustificate speculazioni finanziarie (e non solo) sulle spalle dei poveri, dei lavoratori e della classe media, che ora non ce la fanno più a sopravvivere. Così mentre nel mondo aumenta il numero dei lavoratori che non guadagna abbastanza per vivere degnamente, figurarsi per i giovani farsi una famiglia o pensare al proprio futuro, in 4 giorni un amministratore delegato di una delle prime 5 firme della moda mondiale guadagna quanto un’operaia tessile di uno degli stabilimenti dove sono prodotti i beni venduti da quella stessa azienda, ma in tutta la sua vita. E negli Usa un amministratore delegato guadagna in media in un giorno quanto un operaio in un anno.
“Il boom dei miliardari non è il segno di un’economia florida, ma il sintomo di un sistema economico in crisi. Le persone che producono i nostri vestiti, assemblano i nostri telefoni e coltivano il nostro cibo sono sfruttati per assicurare un approvvigionamento continuo di prodotti a buon mercato e ingrossare i profitti delle multinazionali e dei loro investitori miliardari”, ha detto Winnie Byanyima, direttrice generale di Oxfam International. Una disuguaglianza che assume anche colori sessisti, secondo Byanyima. “Oxfam parla alle donne di tutto il mondo, dove le ineguaglianze rovinano l’esistenza. Delle operaie delle fabbriche di vestiti, in Vietnam, che lavorano così lontano dalle loro case per guadagnare un salario così magro che non possono vedere i loro bambini per mesi. Delle operaie dell’industria avicola degli Stati Uniti che sono obbligate a portarsi la carta igienica per poter andare nelle toilette. Delle impiegate negli alberghi in Canada e nella Repubblica Dominicana, che tacciono sulle molestie sessuali di cui vengono fatte oggetto per timore di perdere il loro posto di lavoro”.
In una lettera aperta ai politici italiani Oxfam non ha dimenticato di fare un accenno alle prossime elezioni che si svolgeranno in Italia a marzo, chiedendo di dire “chiaramente quali misure concrete intendono mettere in atto per ridurre le disuguaglianze nel nostro paese”. Un invito finora rimasto inascoltato.
Prima dell’inizio dei lavori per il World Economic Forum, il delegato dell’Oxfam ha rivolto un appello ai leader mondiali a “limitare le remunerazioni degli azionisti e dei dirigenti di impresa e garantire alle lavoratrici e ai lavoratori un salario minimo “vitale” che permetta una qualità della vita decente” e ad “eliminare il gap salariale tra le donne e gli uomini e proteggere i diritti delle lavoratrici”.
Peccato che, nei prossimi giorni, nella ridente cittadina di Davos, i leader provenienti da quasi tutti i paesi del mondo non ne parleranno affatto. Al contrario si parlerà di “arte” (il primo giorno sono attesi Cate Blanchett, Elton John, Shah Rukh Khan per i Crystal Awards); di economia digitale (un modo per fare più soldi anche quando i soldi non ci sono?); di sistemi energetici (dopo il fallimento della COP23 e il passo indietro degli USA c’è poco da dire e molto da fare); di capitalismo che sta aumentando le disuguaglianze sociali; del “paradigma salute” (a che serve parlare di “reshaping the industry”, rimodellare l’industria della salute, o di “incentives for sustainable implementation” o di “technologies for a more equitable healthcare eco system” in un mondo in cui sono sempre di più le persone costrette a scegliere se mangiare o curarsi?; di “deal based Global Order” (e in Europa c’è chi pensa ancora di poter fermare il TTIP!); di “Towards Better Capitalism”, di un mondo che viaggia verso un capitalismo “migliore”! Si parlerà perfino del problema “migranti” e di “stabilizzare il Mediterraneo”, ma in due sessioni separate come se i due problemi non avessero niente in comune.
Nessuno pare, negli incontri appena iniziati, parlerà dei poveri che sono sempre di più e sono sempre più poveri e dei ricchi sono sempre più ricchi. E questo anche nella ridente cittadina di Davos, incorniciata dal panorama idilliaco delle Alpi innevate.