Andamento demografico e riduzione delle coste: così aumenteranno i “profughi climatici”

di C. Alessandro Mauceri

L’argomento migranti non è mai stato caldo come in questi giorni. In tutto il pianeta il numero delle persone che abbandona la propria terra sta crescendo in modo impressionante. Fenomeni migratori che solo in minima parte sono dovuti a guerre e persecuzioni razziali: nella stragrande maggioranza dei casi sono dovute a fenomeni economici e ambientali, persone che scappano e cercano una nuova patria perché le condizioni climatiche dove hanno vissuto fino ad ora non sono più tollerabili.
A confermarlo è uno studio dell’Università di Cornell: secondo i ricercatori, nei prossimi decenni una buona parte della popolazione mondiale che vive sulle coste dovrà spostarsi e cercare zone più abitabili nell’entroterra. Secondo Charles Geisler, che ha curato la ricerca, “avremo più persone su meno superficie terrestre, prima di quello che pensiamo”.
E il futuro innalzamento dei mari, aggiunge, probabilmente “non sarà graduale”. Entro il 2060, secondo lo studio, i rifugiati climatici potrebbero essere 1,4 miliardi. E nel 2100 potrebbero raggiungere i due miliardi. Una situazione quella dovuta all’aumento dei fenomeni migratori legati all’ambiente che avrà un peso molto più rilevante di quanto non si possa pensare. A peggiorare la situazione infatti sarà anche la minore disponibilità di territori vivibili e, soprattutto, l’aumento della popolazione mondiale: secondo le previsioni dell’Onu (riportata nello studio), entro il 2050 la popolazione mondiale dovrebbe raggiungere 9 miliardi di persone. E continuerà a crescere fino a 11 miliardi entro il 2100.
Un’evoluzione che è legata ai fenomeni di sovrasfruttamento delle risorse naturali, per cui la domanda di risorse alimentari crescerà e richiederà più terra coltivabile, ma di contro, una parte di terra fertile sarà “mangiata”, sulle coste, dall’innalzamento del livello dei mari) e agli eventi geopolitici che ne seguiranno, costringerà le persone a spostarsi.
Oggi, secondo gli ultimi dati diffusi dall’Onu, sono almeno 21 milioni e mezzo le persone che ogni anno sono costrette a lasciare le proprie case a causa di siccità, tempeste o alluvioni. Un numero irrisorio rispetto a ciò che gli esperti prevedono accadrà nei prossimi decenni.