Angola. I dos Santos all’ultima boa

di Valentino De Bernardis –

Due indizi non fanno una prova, ma quando questi iniziano ad essere tre, quattro e cinque, diventano una mancata certezza. Così se due mesi sono obiettivamente troppo pochi per poter dare una valutazione politica esaustiva sull’operato del nuovo presidente João Lourenço, si può però iniziare a fare una prima valutazione delle decisioni fin qui prese, del loro impatto sulla politica economica interna angolana, e sul giudizio della comunità internazionale.
Le riforme strutturali promesse in campagna elettorale ad agosto, per rilanciare l’economia nazionale, svecchiare l’immagine del Movimento Popolare di Liberazione dell’Angola (MPLA), e far tornare il paese a giocare un ruolo di primo piano nell’africa australe, stanno di fatto prendendo lentamente forma. Il primo passo intrapreso in tal senso è la lotta senza quartiere al clientelismo statuale della famiglia dos Santos, attraverso cui l’ex presidente Eduardo dos Santos si era garantito il sostegno all’interno del partito-stato MPLA.
A far rumore nel mese di novembre è stata l’esautorazione dei figli di dos Santos, Isabel e Filomeno, dalla guida di quelle che sono ritenute le casseforti del paese: l’industria nazionale petrolifera Sonangol e il fondo nazionale sovrano (valutato 5 miliardi di dollari). Due figure chiavi della nomenclatura statuale angolana, i cui licenziamenti avranno un peso specifico non secondario, nonostante le dichiarazioni di facciata delle ultime settimane.
Ai giri di poltrone che hanno coinvolto i dos Sansos, si sono andati a sommare anche i cambiamenti ai vertici dell’apparato di sicurezza angolano, con la nomina di Alfredo Mingas a capo della polizia al posto di Ambrosio de Lemos, e di Apolinario Jose Pereira alla testa dei servizi di intelligence rimpiazzando Antonio Jose Maria.
L’obiettivo non dichiarato di Lourenço, in questa prima fase della presidenza, sembra essere quella di rafforzare la propria popolarità anche all’interno del MPLA, dove Eduardo dos Santos ricopre ancora la carica di presidente, e Lourenço la vicepresidenza, creando di fatto una situazione anomala.
A dare conferma a questa teoria il pronunciamento nell’ultimo fine settimana di uno dei veterani del MPLA, già membro del Politburo, Ambrósio Lukoki, in cui oltre a dare il pieno sostegno al neo presidente per le scelte fatte, ha anche richiesto un passo indietro formale di dos Santos dalla carica ricoperta nel partito.
Sta di fatto che una concreta redistribuzione delle cariche pubbliche, e anche delle ricchezze del paese, ha da sempre rappresentato una istanza chiave da molte parti, che a lungo andare hanno portato il paese sul baratro dell’attuale crisi politico-economica.
Quale siano i margini di successo di Lourenço e quanto la famiglia dos Santos sia disposta a ritirasi dalla vita pubblica è impossibile da dire in questa prima fase. Sarebbe auspicabile per tutti che la transizione pacifica iniziata ad agosto continui nel breve-medio periodo, nonostante decisioni difficili da condividere, che hanno però come benessere ultimo quello della popolazione angolana.
Intanto arrivano a sostegno di Lourenço giunge inaspettato anche il pronunciamento del Fondo Monetario Internazionale. A termine dell’ultima missione nel paese, guidata dall’economista brasiliano Ricardo Velloso, il FMI ha promosso le relazioni con il nuovo esecutivo, iniziando ad intravedere una seppur flebile ripresa economica. Sebbene siano ancora molte le sfide da superare (diversificazione economica, elevata disoccupazione e dipendenza dalla commercializzazione del petrolio solo per citarne alcuni) la relazione positiva del Fondo rappresenta anch’esso un inizio, a cui l’Angola deve provare ad aggrapparsi per ripartire.
Nella seconda foto: Jose Eduardo dos Santos.

Twitter:@debernardisv
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