Benin. Il presidente Talon contro tutti

di Valentino De Bernardis –

Corre alta la tensione politica tra le strade di Porto Novo. Una polarizzazione del confronto tra i diversi soggetti politico-istituzionali esplosa con veemenza inaspettata nell’ultimo mese. Scontro che quasi certamente si manterrà sui binari della democrazia, senza ricorso ad alcun tipo di violenza. Una vera e propria minaccia alla stabilità politica del Benin, in cui c’è molto da chiarire, e molto di più che si rischia di non capire.
La causa scatenante di tutto è stata la decisione del Presidente della Repubblica in carica Patrice Talon di procedere a tappe forzate nel suo processo di riforma della costituzione del novembre 1990. Il pacchetto di riforme presentate a metà marzo all’Assemblea Nazionale per essere discussa in procedura di emergenza, ed essere approvata prima dell’estate, è stata invece da questa respinta non essendo stati rinvenuti motivi tali da giustificarne l’urgenza, e rimandata al normale iter legislativo.
Un rinvio che si è tradotto in una bocciatura indiretta dell’impegnativo processo riformistico del presidente Talon, e della modifica di ben venti articoli della carta fondamentale beninese che avrebbero cambiato da subito l’ossatura statuale nazionale.
Se da una parte difatti è presente lo specchietto delle allodole presidenziale, che prevede la modifica dell’articolo 43, con l’inserimento di un solo mandato non rinnovabile, della durata di sei anni, alla presidenza del paese, dall’altro abbiamo la modifica della nomina dei membri della Corte Suprema, che potrebbe minare il rapporto di pesi e contrappesi tra i diversi organi istituzionali.
Una sconfitta che sarà difficile da metabolizzare per Talon, ad un anno dalla trionfale vittoria elettorale, che ha avuto una prima ripercussione con le dimissioni del ministro della difesa Candide Azannaï, nome importante dell’esecutivo. Rottura nel fronte interno a cui va sommata la scontata presa di posizione fortemente ostile di opposizione e sindacati, scesi in piazza in varie città del paese contro il progetto politico presidenziale.
A far rumore, non sono però solamente i manifestanti scesi in strada, ma anche i silenzi assordanti dei due ex presidenti della repubblica ancora in vita: Nicéphore Dieudonné Soglon, Thomas Boni Yay. Due personalità del panorama politico nazionale tanto imponenti quanto diverse nel recitare l’incarico di presidente della repubblica, con il primo che si è ritirato dopo un solo e unico mandato nonostante nessun obbligo costituzionalmente imposto, ed il secondo deciso a modificare la costituzione (fallendo) per cercare un terzo mandato consecutivo.
Senza entrare dentro le vicissitudini del Benin, da osservatori esterni non si può però non sottolineare come sebbene la Costituzione del 1990 sia certamente migliorabile, come tutte le costituzioni del mondo, essa ha avuto il merito di aver portato in dote al paese un lungo periodo di pace. Meriti che di certo la nuova costituzione, qualora Talon doves riuscire a far approvare le sue modifiche, molto difficilmente riuscirà a fare fuori, essendo nata da un atto di forza della maggioranza e non da un’ampia condivisione tra maggioranza e opposizione.
Un crescente periodi di instabilità politica avrà altresì ripercussioni negative nel quadro macroeconomico del paese, già di per se non facilissimo. Una economia piccola, poco diversificata, fortemente dipendente dal vicino gigante nigeriano, che nonostante una crescita economica sostenuta, prevista superiore al 5% dal Fondo Monetario Internazionale per l’anno corrente, dall’altro è costretta a fare i conti con un debito pubblico impegnativo, previsto al 44% per il 2017. A tal proposito, l’accordo raggiungo lo scorso febbraio con il FMI per un programma di aiuto triennale di US$ 150 milioni, rappresenta un buon punto di partenza per rilanciare l’economia beninese. Speranze che però potrebbero posto infrangersi in caso di una perdurante instabilità politica.

@debernardisv
Le opinioni espresse in questo articolo sono a titolo personale