Brasile. Lula e Rousseff rinviati a giudizio per nuove accuse di corruzione

Notizie Geopolitiche –

Ancora grane per gli ex presidenti del Brasile Luiz Inacio Lula da Silva e Dilma Rousseff, il primo condannato a 9 anni e mezzo per corruzione (presenterà ricorso) e la seconda destituita dal suo ruolo per aver truccato i conti dello stato al fine di far vedere in campagna elettorale un andamento dell’economia che non c’era: la Procura generale brasiliana li ha incriminati formalmente per nuove accuse di corruzione, sempre nell’ambito dello scandalo Petrobras.
Per la Procura i fatti avrebbero avuto luogo “almeno dalla metà del 2002 fino al 12 maggio del 2016”, ed il loro partito, il Partito del Lavoratori, avrebbe grazie a loro ottenuto 475 milioni di dollari in tangenti, “utilizzando enti pubblici quali la Petrobras, la Banca nazionale per lo Sviluppo e il ministero della Pianificazione”.
Già in occasione del primo processo è stato appurato che nel 2014 le imprese hanno pagato più di 2 miliardi di dollari in tangenti per firmare appalti con il colosso energetico Petrobras e ottenere progetti, i cui costi in seguito sono stati gonfiati e sono ricaduti sulla popolazione, già costretta a grossi sacrifici.
Nella fattispecie Lula, che è stato presidente dal 2003 e al 2010, è stato trovato colpevole di essersi intascato tangenti per 1,2 milioni di dollari dall’azienda di costruzioni Oas, denaro poi usato per la costruzione di una villa a tre piani nella città costiera di Guaruja. Con la firma di Lula la Oas ha ottenuto contratti dalla compagnia petrolifera pubblica Petrobras.
Già un anno fa Lula era stato individuato dal pubblico ministero federale Sergio Moro quale numero uno della tangentopoli del paese latinoamericano, “il grande generale che comandò la realizzazione e la pratica dei reati, oltre a coordinarne il funzionamento ed eventualmente deciderne la paralisi”. Precisando che Lula era stato accusato in base a “reati specifici” e non per il suo ruolo presidenziale, Moro aveva affermato che gli esecutivi di Lula erano stati “governi della tangentocrazia”.
Per salvare Lula dal processo la ex presidente brasiliana Dilma Rousseff aveva tentato di nominare il suo predecessore ministro della Casa Civil (capo di Gabinetto, durato 1 giorno) e quindi di fargli avere l’immunità, ma poi nello stesso scandalo era rimasta impigliata lei stessa anche perché i dialoghi erano intercettati. L’iniziativa, poi sospesa dal giudice federale Itagiba Catta Preta Neto, era costata alla Rousseff una denuncia per intralcio alla giustizia.

Nella seconda foto Dilma Rousseff.