Brasile. Slitta la decisione sulla candidabilità di Lula, agli arresti dopo il secondo grado

di Elisabetta Corsi

L’ex presidente brasiliano Luiz Ignacio Lula da Silva, leader del Partito dei Lavoratori, dovrà scontare i prossimi dodici anni in carcere con l’interdizione dai pubblici uffici per lo scandalo Lava Jato. Tuttavia ancora non si è arreso e, forte dei sondaggi che lo danno in vantaggio, intende comunque concorrere alle prossime elezioni presidenziali previste per ottobre.
Il Tribunale federale supremo brasiliano ha tuttavia posticipato l’esame sulla costituzionalità delle incarcerazioni per imputati giudicati colpevoli al secondo grado, uno slittamento che per ora sospende la possibilità di Lula di essere rimesso in libertà.
L’ex capo dello stato è accusato e fino ad oggi condannato per corruzione e riciclaggio di denaro, ma spera di riuscire per agosto a mettersi in lista e quindi ad essere eletto entro il terzo grado, epr godere dell’immunità prevista per la più alta carica dello Stato,
Lula ha pensato anche a un piano “b” nel caso non riuscisse a candidarsi, ovvero a un suo erede politico in grado di essere eletto e di lavorare poi a suo favore, nella fattispecie al sindaco di San Paolo, Fernando Haddad, oppure il governatore di Bahia, Jacques Wagner.
Una grossa fetta del popolo brasiliano rimane ancora con lui perché durante il suo mandato ha portato benefici per la popolazione soprattutto in ambito sociale. Il suo partito si è sempre battuto per la giustizia sociale, contro la povertà, per lo sviluppo sostenibile e il progresso nelle aree più deboli e con i ceti sociali più poveri.
Secondo molti la velocità con cui l’ex presidente è stato processato e condannato rappresenta una manovra fatta su misura per avvantaggiare l’opposizione e metterlo fuori gioco, ma la macchina della giustizia è ormai in corso ed ora sarà il Tribunale federale supremo brasiliano a dire la sua sulla candidabilità dell’ex presidente.