Capire il fenomeno delle sparizioni forzate in Messico

di Marco Dell’Aguzzo

messico-marcia-pro-studentiEustacio Esteban Salinas Wolberg, primo giudice distrettuale in materia penale nello stato di Nuevo León, ha condannato a 31 anni e tre mesi di carcere un sottotenente di fanteria dell’Esercito Messicano colpevole di sequestro forzato di persona. L’episodio è avvenuto nel maggio 2012 nel municipio di Los Herreras, Nuevo León, e la vittima risulta tutt’oggi dispersa.
Quello della “desaparición forzada” è uno dei grandi drammi del Messico, balzato agli occhi dell’opinione pubblica internazionale con il caso dei 43 studenti di Ayotzinapa rapiti ad Iguala quasi undici mesi fa e da allora dispersi. Ma le persone “desaparecidas” in Messico sono molte di più: più di 30mila dal 2006 ad oggi, secondo alcune stime. Il 2006 non è una data scelta a caso: il 1 dicembre di quell’anno Felipe Calderón venne ufficialmente nominato presidente degli Stati Uniti Messicani, e sotto la sua presidenza ebbe inizio la Guerra alle droghe che al termine del mandato, nel 2012, aveva già ucciso “ufficialmente” 60mila persone e fatto perdere ogni traccia di almeno 25mila.
Approcciarsi al tema delle sparizioni forzate in Messico non è semplice, perché non è semplice legare i tanti singoli casi tra loro, ricondurli ad uno schema generale che permetta di capirne la logica. Perché a sparire non sono tanto i dissidenti politici o i guerriglieri radicali, ma persone completamente estranee all’attivismo e che normalmente definiremmo ‘comuni’.
Oggi qualche passo verso la luce è stato fatto, e le sparizioni forzate vengono sempre più considerate come parte di una vera e propria strategia del terrore, portata avanti dalle polizie e dall’esercito (che concretamente attuano i rapimenti) e dalle autorità di ogni livello (che provvedono ad ostacolare, quando non ad impedire, le indagini).
Se questo è stato possibile lo si deve anche ad un giornalista italiano, Federico Mastrogiovanni, che nel 2014 ha pubblicato “Ni vivos ni muertos. La desaparición forzada en México como estrategia de terror” (in Italia edito da DeriveApprodi). Nel libro-inchiesta Mastrogiovanni si spinge ad indagare la relazione tra la zona in cui si verifica la sparizione e la presenza, in quell’area, di risorse naturali, minerarie ed energetiche. Il nord-est del Messico, ad esempio – Tamaulipas, Coahuila e appunto Nuevo León –, ospita giacimenti di shale gas (gas metano) tra i maggiori al mondo, e negli ultimi anni ha conosciuto un importante aumento di casi di sparizione. La “strategia del terrore” perpetrata attraverso le sparizioni forzati sarebbe dunque finalizzata ad intimorire le popolazioni di quei luoghi, in modo da fiaccarne la resistenza ai grandi progetti di trivellazioni e di sfruttamento ambientale.

Twitter: @marcodellaguzzo