Cara Nato, quanto mi costi!

di C. Alessandro Mauceri –

In questi si è tornato a parlare di Nato, ed quello del Patto Atlantico è stato uno degli argomenti trattati durante i primi colloqui tra il neo eletto presidente degli Usa Donald Trump e il premier italiano Gentiloni.
Nata settant’anni fa con il chiaro scopo di costituire un’alleanza tra i paesi occidentali per contrastare le tensioni con l’Unione Sovietica e i suoi stati satellite, la Nato era poi caduta quasi nel dimenticatoio, almeno fino a pochi giorni fa: durante uno dei primi contatti telefonici tra i due leader, Trump ha chiesto a Gentiloni (e a tutti gli altri “alleati” europei) di aumentare gli investimenti nell’organizzazione transatlantica sino al 2 per cento del Prodotto interno lordo.
Sebbene se ne parli poco, anzi pochissimo, dagli ultimi dati disponibili risulta che i paesi che contribuiscono di più alla NATO sono gli Stati Uniti (con il 3,61% del Pil), la Grecia (nonostante la crisi versa alle casse del Patto Atlantico ben il 2,38% del Pil), il Regno Unito (2,21%) l’Estonia (2,16%) e la Polonia (2,00%). Solo questi paesi “rispetterebbero” l’impegno di destinare al Patto Atlantico il 2% del proprio Pil. Tutti gli altri versano meno. Lussemburgo (0,44%), Belgio (0,85%), Spagna (0,91%), Slovenia (0,94%), Ungheria (1,01%), Repubblica Ceca (1,04%), Repubblica Slovacca (1,16%), Danimarca e Paesi Bassi (1,17%), Germania (1,19%), Turchia (1,56%), Francia (1,78%). E l’Italia? Secondo i dati Roma contribuirebbe alle spese della NATO con l’1,1% del proprio Pil. Una somma comunque ragguardevole se si pensa che ammonta a circa 20, 4 miliardi di euro all’anno, circa 57 milioni di euro al giorno! Senza contare che in questa somma non sono considerate spese come quella per gli F35 (più volte dichiarati inutili), quelli per le missioni, e molto altro. Inclusi i costi per “ospitare” sul territorio nazionale numerose basi NATO.
Secondo i dati del SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute), l’autorevole istituto internazionale con sede a Stoccolma, del 2014, il costo complessivo per i contribuenti italiani sarebbe di circa 34 miliardi di dollari, pari a 26 miliardi di euro annui, 70 milioni di euro al giorno, spesi con denaro pubblico in forze armate, armi e missioni militari all’estero. In pratica quanto una manovra finanziaria o addirittura di più.
Soldi che oggi vengono utilizzati per missioni come quella in Ucraina, una guerra ancora in atto e di cui non si parla volentieri a causa degli effetti che sta avendo sui civili e soprattutto sui bambini. O come quella in Afganistan: iniziata nel 2003, e ancora lungi dall’essere conclusa nonostante la disparità delle forze in campo; e anche in questo caso con conseguenze inimmaginabili per la popolazione civile. Per non parlare delle iniziative per contrastare il terrorismo: nonostante le somme destinate a questo settore, il numero degli attentati è in aumento.
Senza contare che questo accordo comporta seri pericoli per l’Italia: come quelli legati al fatto di ospitare sul proprio territorio un numero imprecisato (si parla di una novantina) di testate nucleari che oltre ad essere di per se stesse un pericolo fanno del Bel Paese un potenziale bersaglio.
Tutto questo costa agli italiani ogni anno l’equivalente di una manovra finanziaria. Ma se l’invito (peraltro piuttosto esplicito) di Trump dovesse essere accolto, questa somma potrebbe raddoppiare. Oltre 40 miliardi di euro che il paese (forse l’unico) che ancora non è riuscito a riprendersi dalla crisi causata dalla finanza di Wall Street, dovrebbe pagare senza avere nulla in cambio. Non sorprende la proposta dei giorni scorsi della Le Pen in Francia di uscire dal Patto Atlantico. Una proposta che stranamente in Italia nessun partito ha osato fare.