Carthago delenda! Ma non serve… ci pensa la burocrazia tunisina

di Enrico Oliari

Aprile soleggiato a Tunisi, dove però i pochi turisti presenti dopo gli attentati del Bardo e di Susa devono scontrarsi con una serie di piccoli fastidi, che messi insieme uno all’altro scoraggiano ogni ritorno e sconsigliano nuovi arrivi.
Non ci si riferisce al tassinaro che chiede il doppio di quello che c’è su taxametro, o alla sporcizia diffusa, bensì a quell’antico vizio di lasciare che la barca vada, fin che la va.
E così anche per visitare gli scavi di Cartagine, l’antica città punica che Catone Censorio voleva radere al suolo, diventa un’impresa titanica, che finisce solo con tanta delusione.
Il turismo, si sa, rappresenta una risorsa che se gestita bene può essere una fonte di reddito tutt’altro che secondaria, specie per un Paese che ha appena chiesto 9 miliardi di dollari al Fondo monetario internazionale e che per questo sta per aumentare le accise sui carburanti e mandare a casa in prepensionamento una buona fetta di dipendenti pubblici.
Tuttavia pagare il biglietto (quello sì per intero!) per avere tre quarti di parco archeologico chiuso per lavori, il museo archeologico chiuso senza perché e la cattedrale chiusa anche quella, vien da chiedersi se la Rivoluzione dei gelsomini significhi democrazia o anarchia.
Certo è che non occorreva Scipione Emiliano per distruggere Cartagine… bastava aspettare la burocrazia tunisina. Che a tal proposito è efficacissima.