Catalogna. E’ alta la tensione nel giorno del voto per l’indipendenza

di Guido Keller

E’ caos in catalogna nel giorno in cui si vota per l’indipendenza della Catalogna, con i Mossos d’Esquadra (la polizia regionale) che non hanno atteso agli ordini di Madrid e con i proiettili di gomma sparati dalla Guardia Civil sui manifestanti.
Il voto, va detto, è ormai pressoché simbolico non solo perché la Corte suprema lo ha ritenuto incostituzionale, ma anche perché alle urne sequestrate, ai seggi chiusi e alle iniziative contro gli organizzatori si aggiunge l’indicazione dell’ultima ora del governo regionale ai catalani di votare dove capita, nel primo seggio disponibile.
La polizia regionale già in mattinata si era rifiutata di sgombrare i seggi, allestiti presso scuole già da ieri sera occupate da manifestanti, genitori ed alunni, per cui il lavoro è toccato alla polizia nazionale, che è intervenuta in forze sfondando portoni e penetrando nei seggi fra le proteste di chi vi era all’interno.
Specialmente a Girona, ma anche in altre città catalane tra cui Barcellona, vi sono stati scontri fra gli agenti e i manifestanti, è stato usato il pugno di ferro, ed al momento il bilancio è di una quarantina di feriti tra cui tre gravi.
Il rappresentante del governo spagnolo in Catalogna, Enric Millo, ha commentato che “La polizia nazionale e la Guardia Civil hanno dovuto agire perché i Mossos d’Esquadra hanno messo criteri politici davanti a quelli professionali”, per cui “Siamo stati obbligati a fare quello che non volevamo fare”. Il governatore regionale e promotore dell’iniziativa referendaria, Carles Puigdemont, che ha poi votato presso un altro seggio della sua città, ha commentato che il governo di Madrid “sta rispondendo a urne, schede e seggi nelle scuole” con “manganelli e proiettili di gomma”, “un esempio di azioni ingiustificate ed ingiustificabili”.
Non è la prima volta che in Catalogna si tiene un referendum del genere: nel novembre 2014 il 72% dei 2 milioni di catalani (su 4,5 milioni di aventi diritto) che avevano preso parte alla consultazione referendaria indetta dall’allora governatore Artur Mas si era detto favorevole all’indipendenza.
Il risultato, scontato, aveva comunque un valore prettamente simbolico (e forse propagandistico), in quanto già prima la Corte costituzionale del paese, interrogata dalle autorità centrali di Madrid, aveva dichiarato nulla la consultazione elettorale poiché non era prevista (e non lo è tutt’oggi) la possibilità per una regione spagnola di costituirsi in nazione indipendente.
Intanto l’Ue, dove comunque cresce il nervosismo, persegue nella linea a favore di Madrid, anche perché, per quanto i catalani abbiano sperato, l’indipendenza della regione nel quadro europeo incontrerebbe sempre il veto della Spagna.
Già nei giorni scorsi il portavoce della Commissione Ue, Alexander Winterstein, rispondendo al responsabile del dipartimento Esteri del governo regionale catalano, Raul Romeva, che aveva chiesto all’Ue di “difendere” i principi democratici a suo dire violati dalla “repressione” del governo di Madrid, aveva detto che “rispettiamo l’ordinamento giuridico costituzionale della Spagna. Non abbiamo altri commenti da fare su questa questione”.
Altrove invece la musica è stata ben diversa: la quasi totalità dei paesi europei riconosce l’indipendenza del Kosovo dalla Serbia.