Catalogna. Rajoy indica una via d’uscita a Puigdemont: indire nuove elezioni

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Si mantiene alta la tensione politica in Catalogna, dove ieri si è tenuta per le vie di Barcellona una manifestazione di indipendentisti, 200mila secondo la polizia, per chiedere la liberazione di coloro che sono finiti agli arresti prima e dopo il referendum per 1 ottobre, nella fattispecie 14 funzionari e ieri Jordi Sanchez e Jordi Cuixart, rispettivamente leader di Asamblea Nacional Catalana e di Omnium Cultural, le due principali associazioni indipendentiste promotrici della consultazione referendaria.
Nell’attesa che Carles Puigdemond risponda a breve se nel suo intervento presso il parlamento regionale dello scorso 11 ottobre avesse o meno dichiarato l’indipendenza, ad offrire una soluzione è stato oggi il premier Mariano Rajoy, il quale ha fatto sapere che domani non si appellerà all’articolo 155 della Costituzione, che sostanzialmente permette il commissariamento della Regione autonoma, se il presidente della Generalitat convocherà le elezioni anticipate.
Più che un’offerta quella di Rajoy sembra essere l’indicazione di una via d’uscita dal sul de sac in cui Puigdmont si è infilato con un referendum non solo bollato dalla Corte suprema come incostituzionale, ma addirittura farlocco, dal momento che hanno votato solo il 43% degli aventi diritto e per di più con gente che messo la scheda in più seggi. Vi sono però altri elementi che a Puigdemont non sono tornati: al contrario di quanto gli indipendentisti speravano, l’Unione Europea non ha sposato la loro causa, e certamente il veto di Madrid renderebbe impossibile l’adesione di un’eventuale “Repubblica di Catalogna” alla Casa comune. Inoltre la continua fuga di aziende smentisce le garanzie che il capo della Generalitat aveva dato agli elettori, cosa che si sta trasformando in una mazzata per l’economia catalana, come pure in diversi, fra i quali lo stesso leader catalano potrebbero essere accusati di sedizione e condannati a lunghi periodi di carcere.