Corea del Nord. Le esercitazioni navali Usa sono il diversivo di Trump

di C. Alessandro Mauceri – 

Ennesima prova di forza del presidente statunitense Donald Trump per distrarre l’attenzione del mondo e degli americani dai problemi interni degli Usa. L’Isis non sembra costituire più un pericolo per l’occidente, la democrazia in Ucraina pare non essere più una priorità, e allora non resta che concentrarsi sulla Corea del Nord.
Per questo, durante la visita di Trump in Asia, è stata organizzata una operazione che ha più il sapore di una provocazione che altro. Tre portaerei a propulsione nucleare battenti bandiera a stelle e strisce (la Uss Reagan, la Uss Roosevelt e la Uss Nimitz) con i relativi gruppi d’attacco e 11 cacciatorpediniere con tecnologie antimissile Aegis, hanno svolto una esercitazione nel mar del Giappone, affiancate da altre 7 unità navali sudcoreane, di cui due con standard Aegis (la tecnologia venduta dagli Usa alla Corea del Sud e oggetto delle dispute tra le due Coree).
“La moltitudine di mezzi militari e uomini messi in campo ha lo scopo di rafforzare le capacità operative congiunte e la forte reattività a difendersi con una forza dominante contro qualsiasi provocazione messa in essere da Pyongyang in caso di crisi”, ha spiegato la marina militare di Seul in una nota.
Le manovre militari congiunte di Usa e Corea del Sud sono state aspramente criticate da Pyongyang che ha detto di ritenerle prove generali di un attacco nucleare ai suoi danni. Una provocazione che segue quella di pochi giorni fa, quando durante la propria visita a Seul, Trump aveva cercato di sorvolare con il proprio elicottero la linea di frontiera con la Corea del Nord (volo annullato a causa delle condizioni meteorologiche, le quali avrebbero reso quasi possibile intervenire in caso di problemi). Il presidente americano non ha però rinunciato al proprio sarcasmo: “Alla fine funzionerà, funziona sempre, dobbiamo lavorare sulla soluzione” ha dichiarato il Tycoon, che ha aggiunto di voler offrire “un futuro brillante alla Nordcorea per disinnescare la sua minaccia”. Minaccia che non sarebbe costituita dalle provocazioni militari di questi giorni ma dalle scelte del presidente Kim Jong-un.
Solo pochi giorni fa, in un discorso tenuto davanti al parlamento di Seul, Trump aveva dichiarato, rivolto alla Corea del Nord: “Non ci sottovalutate e non metteteci alla prova”, ribadendo poi, al summit Apec di Da Nang, in Vietnam, che il futuro della regione “non deve essere tenuto in ostaggio dalle contorte fantasie di conquista violenta e di minaccia nucleare di un dittatore”.
Dichiarazioni alle quali il governo nordcoreano ha risposto definendo il presidente americano un “guerrafondaio” e affermando che il suo viaggio in Asia era solo “per affari”: secondo un dispaccio della Kcna (l’agenzia di stampa governativa della Corea del Nord), Washington starebbe “demonizzando” Pyongyang al solo scopo di fomentare le tensioni internazionali e vendere armamenti (come i sistemi Apec) ai paesi della regione.
La concentrazione di un tale massiccio potenziale bellico navale, però, potrebbe essere servito al presidente anche per smentire il contenuto di un documento militare segreto (di cui ha parlato Newsweek, dopo essere entrato in possesso di una lettera indirizzata ad alcuni membri democratici del Congresso).
Nel dossier, firmato dal generale Jan-Marc Jouas, vice comandante delle truppe americane in Corea del Sud, si sostiene, in caso di conflitto fra gli Usa ed il regime di Kim Jong-un, che la guerra potrebbe non avere un esito così scontato, ma anzi che gli Stati Uniti potrebbero addirittura perdere. Un parere pesante, quello del generale, che parla di un contingente di stanza in Corea del Sud “in inferiorità numerica” e poco fornito. “Il personale delle forze armate americane composto da 28.000 unità in Sud Corea – si legge nella lettera inviata ai rappresentanti Ted Lieu e Ruben Gallego e al senatore Tammy Duckworth, tutti veterani ex militari che hanno recentemente espresso una grave preoccupazione per la retorica e la posizione del presidente Trump verso la Corea del Nord – è notevolmente inferiore alle forze nordcoreane [che sarebbero intorno al milione e duecentomila unità, n.d.r.]”. “A differenza di ogni conflitto dall’ultima guerra coreana, non saremmo in grado di mettere insieme il nostro esercito prima dell’inizio delle ostilità”.
Il rapporto parla anche di possibili conseguenze per la popolazione: in caso di conflitto “ci vorrebbero giorni”, secondo il generale, per eliminare l’artiglieria nordcoreana. Intanto razzi e missili potrebbero colpire Seul, nella quale vivono quasi 10 milioni di persone. “Si svilupperebbe una enorme emergenza per l’evacuazione, che includerebbe più di centomila americani non combattenti, molti dei quali si rivolgerebbero alle forze Usa per chiedere di poter lasciare la penisola”.
Un motivo in più per Trump per sbandierare davanti al mondo (ma soprattutto ai membri del Congresso) il potere di fuoco delle forze armate americane di stanza nel Pacifico.
Al termine delle manovre con le navi della marina sudcoreana, inoltre, è previsto che la flotta americana svolga esercitazioni, sempre in in quell’area, assieme alla marina giapponese, che mobiliterà tre cacciatorpediniere.