Diritti umani: Amnesty International denuncia, ‘siamo tornati ai livelli degli anni Trenta’

di C. Alessandro Mauceri

Gli stati sono sempre più ipocriti e le loro promesse somigliano ogni giorno che passa sempre di più a menzogne. È questo, in estrema sintesi, il giudizio di Amnesty Intrernational nel Rapporto 2016-2017.
Dall’analisi dello stato dei diritti umani in 159 paesi emerge che a fronte di promesse e di dichiarazioni retoriche, nel mondo la situazione sta peggiorando almeno sotto il profilo dei diritti umani. “Il 2016 è stato l’anno in cui il cinico uso della narrativa del ‘noi contro loro’, basata su demonizzazione, odio e paura, ha raggiunto livelli che non si vedevano dagli anni Trenta dello scorso secolo. Un numero elevato di politici sta rispondendo ai legittimi timori nel campo economico e della sicurezza con una pericolosa e divisiva manipolazione delle politiche identitarie allo scopo di ottenere consenso”, ha dichiarato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International. “La fabbrica che produce divisione e paura ha assunto una forza pericolosa nelle questioni mondiali. Da Trump a Orbán, da Erdoğan a Duterte, sempre più politici che si definiscono anti-sistema stanno brandendo un’agenda deleteria che perseguita, usa come capri espiatori e disumanizza interi gruppi di persone”.
Il Rapporto 2016-2017 di Amnesty International denuncia la violazione del diritto internazionale da parte di 36 paesi che hanno rimandando illegalmente rifugiati in paesi dove i loro diritti umani erano in pericolo (lo stesso accordo sottoscritto tra Ue e Turchia violerebbe gli accordi internazionali riguardanti il diritto d’asilo).
Nel rapporto si parla di un rifiorire della “retorica dell’odio” e del “lato oscuro della natura umana”. Politiche sempre più aggressive e divisive (netto il riferimento alle dichiarazioni dell’attuale presidente degli Usa Donald Trump le cui dichiarazioni in campagna elettorale sono definite “velenose”). Ma quello che sta avvenendo in America non è un caso isolato: anche in altre parti del mondo i leader politici si servono della politica della paura, delle accuse e della divisione per conquistare e mantenere il potere.
“Le odierne politiche di demonizzazione spacciano vergognosamente la pericolosa idea che alcune persone siano meno umane di altre, privando in questo modo interi gruppi di persone della loro umanità. Così si rischia di dare via libera ai lati più oscuri della natura umana”, ha sottolineayo Shetty.
A questo si aggiunge una indifferenza generalizzata di fronte a crimini di guerra, a recriminazioni nei confronti del riconoscimento del diritto d’asilo, mentre il numero dei profughi ambientali cresce esponenzialmente i riconoscimenti sono in genere ostacolati da molti governi. In tutto il mondo si costruiscono muri (in Europa ad esempio sono molti di più di quelli che c’erano quando vennero sottoscritti gli accordi di Schengen che avrebbero dovuto avere come obiettivo proprio l’abbattimento delle frontiere). La libertà di espressione viene continuamente violata e i giornalisti imprigionati e uccisi. Il ricorso alla tortura e la sorveglianza di massa sono tollerati anche in paesi che, sulla carta, si sono sempre presentati come paladini dei diritti umani.
E tra i paesi maggiori responsabili di questo stato di cose molti sono quelli “sviluppati”. Oltre agli Usa, anche l’Australia ha inflitto di proposito sofferenze inaudite ai rifugiati intrappolati a Nauru e sull’isola di Manus. E l’Unione europea ha firmato un accordo illegale e irresponsabile con la Turchia per rimandare indietro i rifugiati in un contesto insicuro (ne parlammo qui).
E poi Cina, Egitto, Etiopia, India, Iran, Thailandia e Turchia che continuano a far ricorso alla forza e dove sono in atto repressioni. In Francia il ricorso allo stato d’emergenza ha oltrepassato i limiti stessi previsti dagli accordi internazionali e nel Regno Unito vengono applicate misure di sorveglianza di massa ingiustificate.
“Invece di stare dalla parte dei diritti umani, molti leader hanno adottato un’agenda disumanizzante per finalità politiche, violando i diritti di gruppi presi come capri espiatori per ottenere consenso o per distrarre gli elettori dai fallimenti delle politiche economiche e sociali”, ha proseguito Shetty. “Nel 2016 queste forme altamente deleterie di disumanizzazione sono diventate un elemento dominante nel panorama politico mondiale. I limiti di ciò che è accettabile sono stati spostati in avanti. Esponenti politici hanno vergognosamente legittimato ogni sorta di retorica e politica dell’odio basate sull’identità, favorendo la misoginia, il razzismo e l’omofobia”.
E le previsioni per il 2017 non sono affatto rosee: “Anche gli stati che un tempo sostenevano di difendere i diritti umani nel mondo adesso sono troppo occupati a violarli al loro interno per pensare a chiamare gli altri a risponderne. Più paesi faranno un passo indietro rispetto agli impegni assunti sui diritti umani fondamentali, più ci sarà un effetto-domino che vedrà altri leader indebolire protezioni consolidate in materia di diritti umani”.
Nel Rapporto di Amnesty International sono documentati crimini di guerra in almeno 23 paesi (tra cui Siria, Yemen, Libia, Afghanistan, America centrale, Repubblica Centrafricana, Burundi, Iraq, Sud Sudan e Sudan). Crimini che le organizzazioni internazionali non sono riuscite a fermare. Anzi pareche si stia diffondendo una sorta di “indifferenza internazionale” verso i crimini di guerra. “La comunità internazionale ha già risposto con un assordante silenzio alle innumerevoli atrocità del 2016: dall’orrore di Aleppo in Siria alle migliaia di persone uccise dalla polizia delle Filippine in nome della ‘guerra alla droga’ fino all’uso delle armi chimiche e all’incendio di centinaia di villaggi nel Darfur, in Sudan. La grande domanda del 2017 è: quanto dovranno proseguire queste atrocità prima che il mondo faccia qualcosa?”, ha chiesto Shetty.
E chi ha osato levarsi a tutela dei diritti umani spesso ha pagato con la propria vita: il Rapporto denuncia uccisioni di difensori dei diritti umani in 22 paesi.
Ma la cosa più grave forse è che questo stato di cose è diffuso praticamente in tutto il mondo: nel 2016 Amnesty International ha documentato gravi violazioni dei diritti umani in 159 paesi.