Edouard Philippe visto da vicino. Ritratto del nuovo premier francese

di Gianluca Vivacqua

Dunque, habemus premier. Non ha perso tempo Emmanuel Macron e all’indomani del suo insediamento all’Eliseo ha nominato il primo premier della sua era: si tratta, com’è ormai noto, del conservatore Édouard Philippe, sindaco di Le Havre dal 2010 e deputato della VII circoscrizione della Seine-Maritime. Philippe diventa così il ventitreesimo capo di governo della Quinta Repubblica: succede a Debré, Pompidou, de Murville (che si succedettero sotto la presidenza De Gaulle), Chaban-Delmas, Messmer (era Pompidou), Chirac, Barre (stagione Giscard d’Estaing), Mauroy, Fabius, Chirac, Rocard, Cresson, Bérégovoy, Balladur (epoca Mitterrand), Juppé, Jospin, Raffarin, de Villepin (era Chirac), Fillon (con Sarkozy), Ayrault, Valls e Cazeneuve (sotto Hollande).
Nato a Rouen il 28 novembre 1970, quasi all’alba dell’era post-gollista (quindi è più anziano di sette anni rispetto al nuovo capo dello Stato transalpino), Philippe viene da una schiatta di lavoratori portuali: il padre, però, fu uno dei pochi a derogare dalla rigida tradizione di famiglia e, in quanto dirigente scolastico a Bonn, dove era responsabile della scuola francese, fu una figura fondamentale negli anni della formazione del futuro premier. Sotto la guida paterna infatti egli prese la maturità nella città di Beethoven, e questo fu il prestigioso avvio di un percorso di istruzione superiore completatosi, in modo altrettanto prestigioso, con la laurea alla Sciences Po di Parigi e la successiva specializzazione all’Ena, la scuola della pubblica amministrazione francese.
Oltre al padre si può dire che sono altri due gli uomini-chiave nella vita di Édouard Philippe. Parliamo di Alain Juppé: il già premier chirachiano dal 1995 al 1997 nel 2002 lo coinvolse nella fondazione dell’UMP, il nuovo partito di riferimento della destra francese, e lo impose alla ribalta nazionale riservandogli prima il ruolo cardinale di direttore generale del partito e poi quello, cruciale, di suo collaboratore al ministero dell’Ecologia e dello Sviluppo nel gabinetto Fillon.
Ma parliamo soprattutto di Antoine Rufenacht: politicamente per Philippe tutto ha avuto inizio da lui, segretario di Stato di Raymond Barre, instancabile organizzatore della campagna elettorale di Chirac nel 2002 e fedele sostenitore di Sarkozy nel 2007, ma prima ancora sempiterno sindaco di Le Havre (dal 1995 al 2010). Senza che questi nel 2001 lo cooptasse nella sua squadra elettorale, per centrare la riconferma alla guida del Comune probabilmente l’attuale premier avrebbe continuato a fare una tranquilla carriera al Consiglio di Stato, come esperto di diritto commerciale e magari a coltivare simpatie socialiste. Invece la sorte volle che Rufenacht, chirachiano di ferro, avesse bisogno in prospettiva di un responsabile di affari giuridici e fiutasse nel giovane qualità di eccellenza. Negli anni successivi poi evidentemente egli trovò in lui anche doti di leader, tanto da non avere dubbi a promuoverlo vice-sindaco e poi, nel 2010, a designarlo come successore alla guida del suo feudo allorché, superata da poco la settantina e ormai sazio di onori (l’anno prima, il giorno della festa nazionale, gli era stata conferita la Legion d’onore), decise che era giunto il momento di cominciare il disimpegno dalla vita politica in prima fila e di deporre la carica di sindaco. Per lo stesso principio, oltre che per una polemica interna al suo partito (contrasti sulle modalità di scelta di alcuni candidati in vista delle elezioni parlamentari del prossimo giugno), nel gennaio di quest’anno egli si è dimesso anche dalla presidenza dei Republicains, il partito nato dalle ceneri dell’UMP, nel dipartimento della Senna Marittima.
Ma come giudica il grande mentore l’ascesa di Eduard Philippe alla carica di primo ministro? In realtà Rufenacht non può tacerlo: si aspettava che il suo figlio elettivo accettasse con riserva la nomina a primo ministro e pronunciasse il sì definitivo solo dopo l’esito delle elezioni parlamentari, così da valutare quali reali equilibri potranno esserci alle spalle del nuovo governo. Per l’ex sindaco di Le Havre si è trattato di un errore politico che però la gioventù e la legittima ambizione di Philippe rendono perdonabile. Egli inoltre prevede che quella tra Macron e il premier sarà una convivenza piena di incognite.