Erdoğan, il sionismo e il nazionalismo

 di Giuseppe Mancini

Come al solito, le polemiche infuriano; come al solito, sono state offerte analisi superficialissime di quanto accaduto. Cos’è successo? Il primo ministro Erdoğan, in un discorso al Global Forum di Vienna dell’Alleanza delle civiltà (iniziativa di Turchia e Spagna, sotto l’egida dell’Onu), ha dichiarato che l’islamofobia dovrebbe essere considerata un crimine contro l’umanità: così come l’anti-semitismo, il fascismo… e il sionismo! Si è attirato gli strali un po’ di tutti, una mossa oggettivamente maldestra proprio alla vigilia del nuovo segretario di stato americano Kerry ad Ankara. Tra l’altro, ha anche manifestamente torto: perché se da un lato possono giustamente essere considerate “crimini contro l’umanità” (anche formalmente) tutte le forme di manifestazione del razzismo, i regimi politici – quello fascista, quello sionista – tutt’al più i crimini contro l’umanità li commettono; ha invece pienamente ragione nell’assimilare il sionismo al “fascismo” e più propriamente al nazional-socialismo tedesco: entrambe ideologie “sangue e suolo” che predicano la superiorità di un gruppo etnico (etno-religioso, nel caso sionista).
Questo attacco frontale contro il sionismo, in ogni caso, non deve essere analizzato nel solo contesto dei rapporti bilaterali turco-israeliani: in profonda crisi dopo l’eccidio della Mavi Marmara (e già tesissimi dopo lo scontro tra Erdoğan e Peres a Davos dopo l’operazione “Piombo fuso” a Gaza); no, il contesto è molto diverso: è quello del recente discorso del premier turco a Midyat (non a caso, zona tradizionalmente multi-etnica e multi-culturale), in cui ha denunciato le forme etniche ed esclusiviste di nazionalismo – il nazionalismo curdo come quello turco. Ha ragione: perché sono stati proprio i nazionalismi esclusivisti a determinare le violenze di massa contro armeni, greco-ortodossi e assiri al crepuscolo dell’impero ottomano; la discriminazione istituzionalizzata di curdi, alevi e tutte le altre minoranze in epoca repubblicana. Ed è questo il grande merito storico di Erdoğan: l’aver avviato un processo per il riconoscimento dei torti del passato e per la creazione di un patto politico basato su basi diverse, sulla parità dei diritti e della dignità di tutti i cittadini turchi qualunque sia la loro origine etnica; i negoziati di pace col Pkk, infatti, sono oggi possibili solo perché i curdi hanno cominciato a ottenere diritti e dignità.
Il sionismo, invece, con la pretesa di poter amministrare uno “stato degli X” laddove esiste una cospicua minoranza di “non X”, è quanto di più distante esista dalle forme liberali di democrazia ed è in concreto causa perenne di violenze e instabilità. Il mondo, però, continua a non rendersene conto.