Esclusiva. Sequestro Open Arms: il capitano della Guardia costiera libica Abu Ajila Abdelbari a Ng, ‘le ong ci sfidano’

a cura di Vanessa Tomassin

La nave della ong spagnola ProActiva Open Arms è stata sottoposta a sequestro giudiziario e si trova da sabato ormeggiata nel porto di Pozzallo, in provincia di Ragusa, dove è avvenuto lo sbarco di 218 migranti. Un avviso di garanzia è stato notificato a tre indagati, il comandante, il coordinatore di bordo e il responsabile spagnolo dell’ong. Il reato ipotizzato dalla Procura sotto la guida di Carmelo Zuccaro, lo stesso magistrato che lo scorso anno ipotizzò che a interagire con alcune ong fossero i trafficanti di esseri umani, è quello di associazione per delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina. Quattro giorni fa la nave dell’ong spagnola ha soccorso alcuni barconi in acque libiche recuperando 218 migranti, non rispettando quindi gli ordini della Guardia costiera libica, titolare delle operazioni, come confermato dalla Guardia costiera italiana. Altra irregolarità contestata ad Open Arms è il luogo di approdo: tra i migranti recuperati c’erano bimbi e persone in condizioni precarie di salute, Malta aveva inviato una sua motovedetta per recuperare una donna e la sua neonata di 3 mesi, disidratata e con la scabbia, come risulta agli atti della procura, i quali indicano che “nonostante la vicinanza con l’isola di Malta, la nave proseguiva la navigazione verso le coste italiane in attesa di indicazioni dell’autorità spagnola”, senza che lo Stato di bandiera dell’imbarcazione, in questo caso la Spagna, avesse chiesto all’Italia di permettere l’approdo, come prevede il Codice delle ong di Minniti, sottoscritto anche da Proactiva. Mentre il sindaco di Barcellona, Ada Colau, ha chiesto con un messaggio sul suo account Twitter che l’Italia rilascissse la Open Arms, abbiamo raggiunto il capitano delle motovedette della Guardia costiera libica, Abu Ajila Abdelbari, per cercare di comprendere quanto accaduto.

– Che cosa è accaduto con la nave della ong spagnola ProActiva Open Arms?
“Quella con le ong è una lunga storia, noi stiamo cercando di fare del nostro meglio nello svolgere le operazioni di ricerca e soccorso in mare. Stiamo condividendo quest’area con le Ong, ma il comando delle operazioni spetta alla Guardia costiera libica, non alle organizzazioni umanitarie perché noi siamo qui. Come sa, la zona di ricerca è di circa 9994 miglia nautiche dalla costa noi stiamo uscendo con le nostre motovedette ogni giorno ed ogni notte, ricevendo le chiamate del centro di emergenza di Roma. Stiamo facendo del nostro meglio malgrado la mancanza di mezzi e di equipaggiamenti. Le ong sono il principale fattore che incoraggia i migranti a compiere quest’avventura in mare. Ci sfidano. Io sono il comandante del dipartimento, siamo noi che abbiamo il comando delle operazioni e a volte sono costretto a chiedere alle persone dell’ong di allontanarsi, perché non è facile gestire i migranti che non vogliono tornare indietro a Tripoli ed incuranti del rischio vedendo le imbarcazioni delle organizzazioni vicine, si buttano in mare per arrivare a nuoto da loro. La maggior parte dei migranti provengono dal deserto non sanno nuotare, non sanno nulla del mare. Questo è quello che accaduto anche l’ultima volta con la nave Open Arms. Abbiamo detto loro: abbiamo noi il comando delle operazioni e loro hanno disubbidito i nostri ordini con un’aria di sfida, come sempre”.

– Colonnello, noi abbiamo visto tanti morti in mare, ma proprio non è possibile cooperare con le ong in caso di incidente?
“Ma certo, noi collaboriamo, io a volte mi trovo in situazioni veramente difficili. Una di queste è stata quando mi sono trovato davanti ad un gommone di circa 16 metri con quasi 400 persone a bordo ed un mare a forza sei e non potevo farcela da solo, così il coordinatore a bordo ha chiesto aiuto via radio e la ong è intervenuta normalmente”.

– Quindi se ho capito bene siete voi a dover chiedere loro aiuto, è corretto?
“Sì, esattamente. Noi dobbiamo collaborare, dobbiamo comunicare e comprendere che insieme dobbiamo ridurre questo fenomeno, questo è il nostro obiettivo. Non so, non so, cosa pensano le Ong…”.

– Quante motovedette avete ricevuto dall’Italia e con quali mezzi state lavorando?
“Noi oggi abbiamo 4 motovedette, classe Bignami, ed un’altra imbarcazione che abbiamo ricevuto dalla Germania. Quindi abbiamo 5 motovedette lunghe 13 metri, poi abbiamo altre 3 imbarcazioni lunghe 16 metri ed un gommone che utilizziamo vicino alla costa”.

– Lei pensa che è abbastanza?
“No, non è abbastanza, ma noi abbiamo le nostre capacità, abbiamo l’esperienza dalla nostra parte perché noi conosciamo i principali posti da dove partono i migranti. Così noi ci concentriamo sui principali punti di partenza come Zuara, Abu Kammash, Garabulli…”.

– Sui media…
“Ah, i media raccontano un’altra dimensione! Voglio dire voi non siete miei nemici, ma sicuramente non siete miei amici. Quello che descrivono i media è qualcos’altro, ma di fatto noi rispettiamo tutte le persone in mare, anzi siamo molto preoccupati per loro perché utilizzano barche molto vecchie, i migranti sono in mano ai trafficanti e se lei vedesse questi gommoni lunghi meno di 12 metri con a bordo oltre 140 persone, non crederebbe ai suoi occhi. È qualcosa di molto triste, orribile, vedere questa gente soffrire e morire in mare. Quando li rimandiamo indietro nei loro territori, nei loro paesi, io invio con loro un messaggio per la gente che proviene dal Sub-Sahara e dall’Africa: non cercate di arrivare sulla costa per questa avventura via mare perché la Guardia costiera vi intercetterà e manderà indietro, perderete tempo e soldi. Questo è il messaggio che voglio che arrivi a loro e ai loro paesi. Molti di questi migranti arrivano in Libia e lavorano qui e racimolano un po’ di soldi per pagare i trafficanti per il loro viaggio via mare. I trafficanti raccontano loro che è facile arrivare in Europa e le operazioni non dureranno più di tre ore”.

– Le stavo dicendo, a volte i media e le ong, tempo fa per esempio era stato diffuso un video da Amnesty International, hanno accusato la Guardia costiera libica di maltrattare i migranti…
“Non è vero, mi creda. Noi non abbiamo mai maltrattato le persone, è qualcosa che non ci appartiene. Mai! Tuttavia, a volte, noi utilizziamo delle barche da pesca per condurre le operazioni a causa della carenza di motovedette e di mezzi di soccorso. Le stesse imbarcazioni vengono utilizzate dai trafficanti. Dovete sapere che ci sono delle milizie che lavorano con i trafficanti ed inviano i migranti con le protezioni e con le motovedette, questo è diventato un business per loro, una fonte economica. Questo è il problema della Libia, ma se guardiamo al 2017, abbiamo ridotto i flussi di migranti di quasi il 50% e mi aspetto che il 2018 sia ancora meglio dell’anno scorso. Forse dovremmo sederci e parlare con le ong per trovare una strategia comune”.

– Vuole dire qualcosa all’Europa e ai politici che ci leggono?
“Quello che voglio dire agli europei e alla Comunità europea è che la Guardia costiera libica ha un pacchetto di problemi da affrontare: traffico di armi, narcotraffici, traffico di essere umani. Noi abbiamo distrutto tutti i gommoni che abbiamo intercettato, ma ci sono ancora tantissimi gommoni ad aspettare la gente che vuole raggiungere l’Europa via mare. Così le faccio una domanda, da dove arrivano questi gommoni? Da fuori dalla Libia, questi gommoni arrivano via mare con i trafficanti. Come possiamo controllare noi la costa? Come possiamo controllare i migranti? Non possiamo senza il controllo di ciò che avviene in mare, per questo abbiamo bisogno di mezzi e motovedette. Prima della rivoluzione avevamo un’ottima flotta, ma ora non più. Il resto lo abbiamo tutto, compresa esperienza e competenze”.

-Questo è molto importante, da dove arrivano questi gommoni? Ha qualche idea?
“Certamente. Lei è a conoscenza del traffico di carburante? Ci sono navi che arrivano dalla Turchia, dalla Croazia, dall’Italia a 2-3 km di Zuara si fermano per caricare illegalmente petrolio e lasciano giù gommoni. Nessun gommone proviene dalla Libia, vengono tutti dall’estero. E come lei sa, con la situazione e la mancanza di sicurezza tutto è possibile e per questo abbiamo bisogno del supporto della Comunità europea”.