Il generale peshmerga Hezar Umar Ismael, ‘3 miliardi alla Turchia, ma da noi stessa emergenza’

di Giuliano Bifolchi *

Arabo

 

 

ERBIL (Iraq) – Non si esaurisce l’energia dei peshmerga contro Daesh (noto in occidente come ISIS), una linea di fuoco che dal Kurdistan iracheno si spinge verso ovest e che indebolisce giorno dopo giorno il fronte della Bandiera nera. Un impegno sostenuto dai raid e dagli addestramenti della coalizione internazionale a guida Usa, ma che per i peshmerga ha significato la perdita fino ad oggi di più 1.400 combattenti, il ferimento di altri 8 mila e 62 dispersi.

Quello dei peshmerga è stato – lo ricordiamo – il primo baluardo efficace nel contrastare l’espansione dello Stato Islamico, e Notizie Geopolitiche ed ASRIE, in “missione giornalistica” nel Kurdistan iracheno, ne hanno parlato con il generale Hezar Umar Ismael, a capo del Dipartimento delle Relazioni e Coordinazione del ministero dei Peshmerga, il quale ci ha detto che “le forze dei peshmerga stanno combattendo il Daesh lungo un confine di 1.050 chilometri che si estende da Khaneqin, nel sud dell’Iraq, fino ad arrivare a Sinjar, in Siria.
La nostra lotta contro il Daesh è iniziata molti anni fa quando le forze guidate dal Abu Bakr al-Baghdadi ebbero la meglio sulle truppe del governo di Baghdad a Mosul, riuscendo a prendere possesso della città anche a fronte della disparità delle forze in campo. Questa conquista da parte dei jihadisti dello Stato Islamico fu ancora, dal punto di vista tattico, più prestigiosa perché cinque divisioni dell’esercito iracheno, fuggendo dalla città, lasciarono l’equipaggiamento militare ed i veicoli dati loro in dotazione dalla NATO e dalle forze internazionali, permettendo un notevole arricchimento del proprio potenziale bellico. In aggiunta alle armi irachene, lo Stato Islamico entrò in possesso anche di armamenti sul territorio siriano, come ad esempio quelli di fabbricazione russa.
Con a disposizione di un significante numero di armi, il Daesh era diventato una seria minaccia per le nostre forze, le quali erano costrette ad affrontare le truppe di al-Baghdadi in una situazione di netta disparità per potenza militare. Grazie al supporto delle forze della coalizione internazionale, cioè ai raid aerei e l’invio di armi, le nostre truppe sono tuttavia riuscite a difendere il paese e ad organizzare una controffensiva verso lo Stato Islamico.
Come risultato abbiamo fino ad oggi liberato città importanti dal punto di vista strategico come Saaadiya, oppure dal punto di vista economico come Kirkuk, per i suoi pozzi petroliferi, fino a raggiungere un totale di 28mila chilometri quadrati di territorio sottratto al Daesh, ossia il 98% del totale territorio curdo.
Mentre in passato le nostre forze difendevano una popolazione di sei milioni e mezzo di abitanti, oggi il nostro governo deve fronteggiare una situazione sociale a lungo peggiorata a causa degli sfollati e dei rifugiati che hanno fatto lievitare il numero delle persone sotto la nostra tutela e protezione superiore a dieci milioni. I rifugiati vengono dalla Siria o dall’Iraq, sono sunniti, sciiti, curdi, yazidi: come potete vedere, non difendiamo soltanto la popolazione curda ma anche le altre popolazioni e minoranze etniche.
Questa lotta per il Kurdistan è stata e continua ad essere molto dura con un numero di vittime tra le file dei peshmerga superiore ai 1.400, a cui si devono aggiungere più di 8mila feriti e 62 dispersi in azione; non avendo il Kurdistan un ospedale militare, i nostri feriti vengono curati negli ospedali dei paesi stranieri, fatto che ha una forte conseguenza dal punto di vista economico per il nostro paese.
Sfortunatamente per più di 18 mesi il governo di Baghdad ha bloccato i pagamenti con un taglio del budget e da più di 4 mesi i nostri soldati sono senza stipendio, problema che riguarda in generale tutti gli impiegati statali. Capite che la situazione si sta facendo sempre più complicata con le forze dei peshmerga che necessitano di tali risorse per le proprie famiglie.
Se guardiamo ai problemi derivati dal taglio del budget per circa 2 anni, dall’aumento degli sfollati che ha prodotto l’apertura di numerosi campi di accoglienza, per i quali il Kurdistan fornisce servizi come elettricità, acqua e cibo, supportati soltanto per il 18 % dalla comunità internazionale, e dal calo del prezzo del petrolio, è possibile affermare che la situazione all’interno della regione sta divenendo insostenibile.
Spiegatemi perché l’Unione Europea ha dato al governo della Turchia, paese ricco e membro delle NATO, 3,2 miliardi di euro per supportarlo in tema di migranti e rifugiati, i quali hanno raggiunto quota 2 milioni di persone, mentre al Kurdistan, con un totale di 1,7 milioni di sfollati e rifugiati, non è stato dato opportuno aiuto economico. Senza l’aiuto dell’Unione Europea e con il mancato supporto da parte del governo iracheno, ci ritroviamo a difendere da soli più di 10 milioni di persone su una linea di più di mille chilometri; è giunto il tempo per il governo iracheno di rimediare ai problemi da lui stesso generati negli ultimi anni e di effettuare una politica equilibrata e mirata nella regione per evitare di ricadere negli errori del passato.
Pensiamo a Mosul, ad esempio, attuale capitale del Daesh in Iraq e vera e proprio roccaforte con una maggioranza della popolazione sunnita a cui è possibile unire sciiti, cristiani, curdi, yazidi: è importante liberare la città, ma la domanda che ci poniamo è cosa accadrà dopo, chi dovrà governare ed in che modo il governo iracheno si comporterà nei confronti delle minoranze e delle forze peshmerga che stanno combattendo pur senza ricevere il supporto economico
“.

Parlando dei problemi economici che hanno animato il Kurdistan negli ultimi mesi e riguardato le forze dei peshmerga e gli impiegati statali, recentemente è apparsa la notizia sui media internazionali nella quale veniva indicato che i peshmerga avessero venduto le armi fornite dalla Germania al mercato nero. Può fornirci la versione di Erbil e fare chiarezza su quanto circolato nel mondo dell’Informazione?
“Per prima cosa vorrei fare una precisazione e dire che il supporto della coalizione internazionale, per quanto riguarda gli armamenti, è stato fondamentale ed ha permesso di salvare numerose vite; paesi come l’Italia, gli Stati Uniti e la Germania hanno inviato le armi alle nostre forze ma queste non sono sufficienti per far fronte a tutti i nostri problemi, tra cui in particolare quelli economici, come ho enunciato prima.
Per quanto riguarda la notizia delle armi vendute, anche io l’ho appresa tramite i giornali ed i media. Quello che posso dire è che l’accaduto è stato molto ingigantito e che il nostro governo ha avviato un’indagine interna per stendere un rapporto da presentare alla comunità internazionale.
Mi preme dire però che, vedendo le immagini pubblicate dai giornali, queste non riportano il numero di serie che il nostro paese fornisce ad ogni singola arma che è stata fornita dalla parte tedesca e questo mi permette di sollevare dubbi sulla fondatezza e completa veridicità delle fonti”
.

In merito a Mosul, potrebbe dirci quale è l’attuale situazione nella regione, in special modo pensando al prossimo impiego di 450 soldati italiani in un’operazione di controllo e difesa della diga dove l’italiana Trevi opererà?
“All’inizio la situazione nella regione era molto pericolosa a causa della presenza dei militanti dello Stato Islamico, ma grazie alle forze dei peshmerga molto è stato fatto per rendere sicura la zona della diga attualmente sotto il nostro controllo. Per quanto concerne la diga di Mosul, voglio sottolineare che esiste un ottimo rapporto di coordinamento e di lavoro interforze tra l’Italia ed il Kurdistan.
Parlando della città e della sua liberazione, le forze curde stanno progettando una riconquista completa insieme alle truppe irachene; al giorno d’oggi Daesh è meno forte che in passato, ha meno combattenti, ma ancora di fonti economiche e di un arsenale militare importante. E’ di questi giorni la notizia dell’utilizzo da parte dello Stato Islamico di armi chimiche a Sinjar contro le nostre truppe, fatto che ha visto il ferimento di 176 peshmerga; anche in passato il Daesh ha utilizzato armi chimiche al cloro ed all’iprite a dimostrazione di quanto sia elevata la sua pericolosità”.

Su chi ricadranno i costi dell’impiego dei militari italiani?
“Non ne sono certo, ma credo che a sostenere le spese sarà il governo italiano”.

Quali sono le relazioni tra le forze peshmerga ed il PKK ed in che modo queste stanno collaborando nella lotta all’ISIS?
“I combattenti del PKK sono nostri fratelli come tutti i combattenti curdi, tra cui anche YPG in Siria. Parlando ad esempio di Kobane, i combattenti curdi del YPG hanno chiesto il nostro aiuto ed il governo di Erbil ha inviato i peshmerga permettendo la liberazione della città.
Il Governo Regionale del Kurdistan è impegnato nella lotta contro il Daesh e, come dicevo prima, sta affrontando numerosi problemi dal punto di vista economico, umanitario e sociale. Abbiamo bisogno di sostegno e non di divisione ed auspichiamo anche che il governo turco possa parlare con il PKK per evitare il procrastinarsi della lotta e dei continui scontri.

* In team con Enrico Oliari e Ehsan Soltani.