Etiopia, la leadership ritrovata

di Valentino De Bernardis

Ci sono periodi nella storia di un paese in cui la concatenazione di eventi e scelte coraggiose segna il futuro per intere generazioni, o almeno piace pensarlo. In Etiopia quella che era iniziata che una crisi politica-istituzionale lo scorso febbraio, con le dimissioni del primo ministro Hailemariam Desalegn, e la difficile ricerca di un successore di “unione” tra le diverse anime del paese, si sta trasformando in una storia di modernizzazione di successo. Merito condiviso tra un leader con ottime doti negoziali, Abiy Ahmed Ali, e una classe politica capace di fare un passo indietro (anche se piccolissimo) ed iniziare ad ascoltare le istanze di chi per troppo tempo era stato tenuto ai margini della vita politica-sociale-economica di Addis Abeba.
L’ultima tappa decisiva in ordine cronologico di questo positivo percorso si è registrato lo scorso 5 giugno, durante la prima riunione del Comitato Esecutivo dell’Ethiopian People’s Revolutionary Democratic Front (EPRDF) da quando Abiy è salito al potere, con annunci in politica estera ed economica inimmaginabili a inizio anno.

Politica estera.
La normalizzazione dei rapporti con la vicina Eritrea, annunciata da Abiy nel suo discorso di insediamento, ha trovato riscontro nell’annuncio etiope di accettare in pieno l’implementazione degli accordi di pace di Algeri del 2000, e delle raccomandazioni dell’Eritrea Ethiopia Boundary Commission (EEBC) del 2002 sui territori compresi, compresa la cessione della cittadina di Badme al governo dell’Asmara. Un passaggio storico, che dovrebbe portare (ma la strada è ancora lunga) al ritiro delle truppe militari etiopi ancora presenti nelle regioni di confine interessate e aprire una nuova stagione di dialogo e cooperazione tra i due vicini, da sempre lontanissimi.

Politica economica.
Azioni altrettanto inattese e di eguale importanza nel medio periodo sono le aperture in campo economico. Mettendo fine ad un granitico monopolio, il Comitato Esecutivo ha annunciato lo stesso 5 giugno, la privatizzazione parziali di alcuni settori strategici da sempre nelle mani dello Stato. I dettagli a tal proposito sugli organi di stampa locali sono ancora poveri, ma tutto lascia presagire all’apertura di nuovi scenari nello sviluppo del paese.

I passi in avanti del 5 giugno si sommano al percorso di normalizzazione anche in politica interna, testimoniati dalla fine dello stato di emergenza, dalla liberazione di molti prigionieri politici e giornalisti, dall’apertura di un tavolo negoziale con i partiti di opposizione ritenuti fino a pochi mesi fa terroristici.
Sperando di non essere smentiti dai fatti, sembra che finalmente Addis Abeba si sia decisa di raccogliere la sfida a diventare nel concreto una potenza politica ed economica regionale e continentale. Spegnere le tensioni con i paesi confinanti e fare dolorose concessioni da investire nel futuro, aiutano certamente a staccarsi di dosso l’etichetta di paese autoritarismi e statalista i cui dividendi non tarderanno ad arrivare.
Finalmente l’Africa può tornare a contare sull’Etiopia.

Le opinioni espresse in questo articolo sono a titolo personale.
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