Gaza. Altro venerdì di sangue: 9 morti e 1.350 feriti per denunciare l’embargo della Striscia

di Guido Keller

Non si fermano le manifestazioni nella Striscia di Gaza, dove al confine con Israele erano anche ieri, venerdì, almeno 20mila i manifestanti che protestavano per l’embargo per mare e per terra a cui è sottoposto il territorio palestinese dal 2007. Allora Hamas prese il controllo della Striscia sostituendosi ad al-Fatah nei vari organi amministrativi, un muro contro muro politico del tutto interno alla popolazione palestinese che di recente si è indebolito con gli accordi firmati al Cairo in ottobre in nome dell’unità.
Le proteste di questi giorni hanno preso inizio iniziate il 30 novembre con la “Marcia del Ritorno” indetta da Hamas per ricordare i territori espropriati ai palestinesi per permettere la nascita dello Stato di Israele, ovvero per il “diritto al ritorno” dei rifugiati palestinesi e denunciare il blocco alla Striscia delle autorità israeliane.
Da allora sono decine i morti, 9 nelle manifestazioni di ieri, dati a cui si affiancano una moltitudine di feriti, 1354 ieri, di cui 33 gravi. Sempre nella giornata di ieri è rimasto ucciso nonostante il giubbotto antiproiettile un giornalista palestinese, Yasser Murtaja, il quale lavorava per l’agenzia locale Ain Media.
I violenti scontri si sono svolti lungo la barriera di confine con Israele, ed in almeno 5 punti vi sono stati tentativi di fondamento coperti dal fumo nero delle centinaia di copertoni di auto che bruciavano. Al lancio di pietre e di bottiglie molotov l’esercito ha risposto sparando proiettili di gomma ma anche veri, ed in qualche caso salve di cannone dai carri armati, da qui l’alto numero delle vittime e dei feriti.
Per l’esercito israeliano responsabile di tutto è Hamas, partito considerato terroristico da Tel Aviv: Ronen Manelis, portavoce dell’esercito, ha infatti dichiarato che “Chi ha provocato le vittime è chi ha inviato quelle persone al confine. Hamas è responsabile dei morti”, ed “ha trascinato la Striscia verso una giornata di violenti disordini. Il nostro esercito ha compiuto appieno la propria missione. Non abbiamo avuto perdite, non si sono verificate infiltrazioni sul confine, e la nostra sovranità non è stata infranta”.
Condanna è invece stata espressa da parte del leader dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen, per il quale Israele è responsabile “delle uccisioni e della repressione svolte dalle forze di occupazione israeliane a fronte della manifestazione di massa pacifica”. Ha poi chiesto a Ue, Onu e Lega Araba “di fermare questa brutale uccisione e volontaria dell’esercito di occupazione a fronte di innocenti e indifesi che sono andati in una marcia pacifica per difendere il loro diritto di vivere”.
La richiesta di Abu Mazen rischia tuttavia di cadere nel vuoto com’è stato fino ad oggi: anche la riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza dell’Onu, convocata su richiesta del Kuwait nei giorni scorsi, è sfociata come di prassi in un nulla di fatto, come pure la richiesta del segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres di “un’indagine indipendente e trasparente” per appurare responsabilità nei comportamenti di entrambe le parti.
La verità è che sul conflitto israelo-palestinese e sulla possibile soluzione dei Due popoli due stati i palestinesi non possono contare sull’unità del mondo arabo ed in particolare dell’Arabia Saudita, paese che ha in essere molti interessi con gli Stati Uniti, primi alleati di Israele.