Giappone. Aria di crisi, salta la ministra della Difesa Tomomi Inada

di C. Alessandro Mauceri –

Aria di bufera politica in Giappone. Il nettissimo calo dei consensi del premier Shinzo Abe è stato accompagnato ieri dalle dimissioni di uno dei personaggi di punta del governo e astro nascente del suo partito, la ministra Tomomi Inada.
“Ho deciso di dimettermi da ministra della Difesa, ho presentato le mie dimissioni al premier e sono state accettate”, ha detto Inada in conferenza stampa. All’origine delle dimissioni della Inada l’aver nascosto la situazione reale della missione in Sud Sudan, informazione che se fosse stata rivelata in tempo avrebbe potuto condizionare la decisione del governo di continuare a partecipare alla missione ONU. A fine maggio il Giappone ha ritirato le proprie truppe dal paese, sostenendo che erano già stati raggiunti risultati notevoli. Ma ora sorge il sospetto che tale iniziativa fosse dovuta al rapporto nel quale alcuni militari denunciavano il peggioramento della situazione sul campo. La motivazione è che la ministra, ma anche i vertici militari, avrebbero tenuto nascosto al pubblico il livello crescente di pericolosità della missione africana, influendo sul relativo dibattito parlamentare. Un documento che la Inada non avrebbe diffuso. Secondo la legge giapponese, l’uso della “forza di autodifesa” (l’esercito) all’estero è vietato a meno che le parti in guerra non mantengano il cessate il fuoco (cosa che in Sud Sudan non è avvenuto). A seguito di questa vicenda anche il capo di stato maggiore delle Forze di Autodifesa di terra (in pratica, l’esercito), generale Toshiya Okabe, ha presentato le dimissioni. Un altro duro colpo per il governo: Okave era considerato uno dei potenziali candidati alla carica di capo di stato maggiore della Difesa, oggi ricoperta dall’ammiraglio Katsutoshi Kawano.
Anche il premier ha immediatamente chiesto scusa al paese: “Mi scuso dal profondo del mio cuore di fronte alla gente per questa situazione che vede un ministro dimettersi”. Le dimissioni sono un duro colpo per Shinzo Abe, che si trova ad affrontare una serie di sconfitte elettorali locali e lo scandali “scolastico” che ha visto coinvolta anche la moglie, Akie Abe, accusata di avere consegnato  un milione di yen in contanti (più di 7mila euro) a un istituto scolastico ultra-nazionalista. Nonostante le difficoltà per Abe, il Partito Democratico non è riuscito ad aumentare i suoi consensi, a causa soprattutto delle sue forti divisioni interne. La popolarità di Abe è ai minimi storici da quando è stato eletto primo ministro nel 2012.
Ma se il partito di governo è sull’orlo di una crisi, l’opposizione non se la passa meglio. La presidente del Partito Democratico, Renho Murata (prima donna a guidare il partito di opposizione), ha presentato le proprie dimissioni dopo che il numero due, il segretario generale ed ex premier Yoshihiko Noda, aveva fatto lo stesso in seguito alla sconfitta del loro partito alle elezioni per l’assemblea metropolitana di Tokyo. “Ho preso questa decisione per ricostruire il nostro partito… una scelta necessaria in un sistema bipartitico e fatta per il bene del popolo del Giappone”.
Renho, come è chiamata da tutti, per anni è stata considerata la possibile alternativa politica ad Abe. Dal 2012, invece, il partito ha perso spazi significativi sia alle elezioni parlamentari che a livello locale, ma il vero fallimento del suo sforzo di ricompattare il partito è emerso con tutta la sua chiarezza dopo le amministrative di poche settimane fa.