Guerra commerciale: Trump mette i dazi su 1.300 prodotti Made in China, che si appella alla Wto

di Enrico Oliari –

Oltre 1.300 beni importati dalla Cina subiranno una tassazione del 25 per cento, per un totale di 50 miliardi di dollari. La guerra dei dazi con cui il presidente Usa Donald Trump vorrebbe blindare la produzione Usa prosegue, e già il governo cinese ha annunciato misure simmetriche, nonché il ricorso alla Wto.
Tutto è iniziato con introduzione della tassa del 25% sull’acciaio e del 10% sull’alluminio importato negli Usa, una misura pensata dalla Casa Bianca in senso protezionistico ma anche per denunciare che il surplus della Cina verso gli Usa è di circa 300 miliardi, pari al 65% del totale, ed “Ho chiesto loro (ai cinesi, ndr.) di ridurre immediatamente il deficit commerciale di 100 miliardi di dollari. E di certo non va bene se gli altri tassano del 25% una nostra auto e noi tassiamo una loro auto del 2%…. ecco come ha fatto la Cina a ricostruire….”.
Due giorni fa la risposta di Pechino, con l’applicazione di dazi del 15 per cento a 120 categorie di beni tra cui generi alimentari, come la carne di maiale prodotta da quegli allevatori che alle elezioni hanno votato Donald Trump.
Il pacchetto di 1.333 dazi del 25 per cento su altrettante merci made in China firmato oggi a Washington interessa diversi settori tra cui il farmaceutico e il chimico, le telecomunicazioni ed i robot industriali. Troppo per la Cina, che oltre a rispondere in egual misura, “Prepareremo misure uguali per i prodotti americani sulla stessa scala”, ha fatto sapere attraverso il proprio ambasciatore Zhang Xiangchen presso l’Organizzazione mondiale del Commercio (The World Trade Organization – Wto) la propria protesta per “un’intenzionale ed evidente violazione dei principi fondamentali della Wto di non discriminazione“.
Difficile che il “duro” Donald Trump, che già oggi si sta muovendo in barba ad ogni equilibrio internazionale, accetti di lasciarsi strigliare dalla Wto, dove anzi gli Usa sembrano dettare legge. Infatti, come ha notato Gianluca Di Donfrancesco in un articolo sul Sole 24Ore del 21 novembre scorso, gli Usa stanno paralizzando il meccanismo di soluzione delle controversie della Wto (520 dispute dal 1995), attraverso il blocco sistematico della nomina del giudici mancanti a completare il corpo arbitrale, che è di 7 membri. Vi è così un intasamento delle questioni sollevate, per cui quella cinese verrebbe messa in coda “sine die”.
Dopo giorni di ribassi le Borse cinesi hanno comunque aperto in positivo, con l’indice Composite di Shanghai in positivo dello 0,50%, e quello di Shenzhen dello 0,57%, a quota 1.852,65.