Guinea Equatoriale: Obiang si riconferma leader indiscusso

di Valentino De Bernardis – 

Il 2017 in Africa subsahariana è stato foriero di importanti novità politiche, per buona parte inaspettate da molte parti. Un anno che senza dubbio sarà ricordato per certi aspetti come storico. Anziani leader, una volta inattaccabili, si sono trovati costretti a cedere il passo ad una nuova classe politica (almeno in termini generazionali), sotto la pressione continua di crisi politiche, economiche ed istituzionali oramai ingovernabili.
Ad agosto era stata l’Angola a dare il via ad una transizione pacifica. Dopo trentotto anni alla guida del paese, il presidente uscente Josè Eduardo Dos Santos, manteneva la promessa di non ricandidarsi alla successione di se stesso, appoggiando l’elezione del delfino João Lourenço alla presidenza della repubblica.
A novembre è stato invece il turno dello Zimbabwe provare ad aprire una nuova stagione politica. Liberarsi dell’ingombrante figura del presidente, padre padrone, Rober Mugabe, in carica dal 1987 è apparso a molti come una necessità ormai improrogabile. La decisione di dare vita ad un colpo di stato soft, derivante dal connubio tra esercito e una frangia del partito di maggioranza (Zimbabwe African National Union), è sembrata l’unica strada percorribile per far fare a Mugabe, con ogni mezzo, un passo indietro.
A questa ricostruzione cronologia si aggiunge a piè di pagine un evento futuro, tanto incerto quanto probabile. A dicembre sarà difatti il turno del Sudafrica cercare un nuovo leader che possa far dimenticare i due mandati tutt’altro che positivi di Jacob Zuma, con l’improbo compito di rilanciare la popolarità dell’African National Congress in vista delle prossime elezioni e rilanciare l’economia nazionale.
L’onda lunga delle transizioni politiche africane nel 2017 non è riuscita però ad estendersi alla Guinea Equatoriale, dove anzi la permanenza al potere di Teodoro Obiang Nguema (in carica dal 1979) si è andata a riconfermare con l’ultima tornata elettorale del 12 novembre.
Lontane da ogni possibile sorpresa, le elezioni legislative ed amministrative hanno difatti assicurato al Partito Democratico del presidente Obiang (Pdge) e ai suoi quattordici alleati di ottenere una vittoria plebiscitaria. Con il 99% delle preferenze raccolte (75 seggi su 75 in senato, e 99 su 100 alla camera), e la netta vittoria nelle elezioni locali della capitale Malabo e della seconda città del paese Bata, le flebili speranze di una qualsiasi forma di transizione politica si sono difatti azzerate.
A preoccupare sono gli angusti spazi politici che Obiang è disposto a concedere all’opposizione, sotto la maschera di una democrazia di facciata buona solamente per gli slogan interni. L’esempio più eclatante in tali termini è certamente quello del leader del partito di opposizione Cittadini per l’Innovazione (Ci), Gabriel Nse Obiang, a cui per non ben chiare accuse è stato vietato per la seconda volta di partecipare alla competizione elettorale (la prima volta era stato alle elezioni presidenziali del 2016) e di lasciare il paese.
Una democrazia a metà quella della Guinea Equatoriale, che forse potrà trovare la forza di maturare e completarsi, con la prossima ondata di transizioni politiche (possibilmente pacifiche) africane.

Twitter:@debernardisv

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