Haiti. La crisi politica ed economica del paese caraibico tra corruzione e povertà

di Alberto Galvi – 

Haiti è il paese più povero dell’America Latina con una popolazione che vive con meno di 2 dollari al giorno. Negli ultimi mesi l’ex colonia francese è precipitata in una nuova crisi che mette a freno il debole governo di Jovenel Moïse del PHTK (Partido Haitiano Tèt Kale). L’instabilità cronica, le dittature e i disastri naturali degli ultimi anni hanno lasciato il paese caraibico al collasso economico.
La recente crisi politica ed economica in cui è entrata Haiti, è iniziata lo scorso luglio quando si sono verificate le prime manifestazioni di protesta in seguito ad un accordo stipulato a febbraio tra il governo haitiano e l’IMF (International Monetary Found). Con questa intesa, il governo haitiano ha annunciato una riduzione delle sovvenzioni per i carburanti che causerà un aumento del 38% del prezzo della benzina e un aumento del 47% di quello del diesel.
Le proteste diffuse in tutto il paese hanno portato il primo ministro, Jack Guy Lafontant, a dimettersi e al suo posto si è insediato nell’agosto del 2018 Jean Henry Ceant, leader del partito Renmen Ayiti (Love Haiti). Il nuovo premier è stato nominato dal presidente Jovenel Moise e da quelli delle due Camere Joseph Lambert e Gary Bodeau. Il governo attuale è stato formato nel 2017 dopo un travagliatissimo percorso elettorale. Nel 2015 Jovenel Moïse aveva già vinto le elezioni battendo Jude Célestin della LAPEH (Liga Alternativa para el Progreso y la Emancipación de Haití), il quale poi presentò un ricorso per presunti brogli. Nel 2016 si rivota e Moïse vince di nuovo contro Jude Célestin il 20 novembre, insediandosi come presidente all’inizio del 2017.
Nell’ottobre scorso la rabbia popolare si è manifestata ancora una volta a causa dello scandalo che ha coinvolto alcuni membri del governo haitiano, accusati di appropriazione indebita dei fondi del programma Petrocaribe. I soldi dovevano servire per lo sviluppo delle infrastrutture, della sanità, dell’istruzione e dei programmi sociali, invece sono finiti direttamente nelle tasche di alcuni membri del governo e imprenditori haitiani. L’appropriazione indebita sarebbe avvenuta durante i governi di René Preval e Michel Martelly tra il 2008 e il 2016. La Commissione Etica e anticorruzione del Senato haitiano in quel periodo ha stimato che 3,833 miliardi di dollari sono entrati nel paese per operazioni effettuate con petrolio venezuelano, di cui 2 miliardi sono andati a gonfiare i conti bancari di imprenditori e politici. In questa inchiesta sono stati accusati alcuni ministri dei governi passati e diversi imprenditori, oltre all’attuale presidente Moïse.
Haiti è entrato come membro del programma Petrocaribe nel 2007, per decisione dell’allora presidente Rene García Preval, suscitando la disapprovazione degli Stati Uniti: questo programma era stato infatti ideato e realizzato nel 2005 dall’ormai defunto leader bolivariano del Venezuela Hugo Chavez, per consolidare il suo potere in America Latina. Il Petrocaribe è un accordo di cooperazione energetica tra diciotto paesi per la vendita di petrolio a condizioni vantaggiose in cambio di servizi, alimenti ed altri prodotti ai paesi dell’America Latina e dei Caraibi. Oltre al Venezuela gli altri membri del Petrocaribe sono: Cuba, Repubblica Dominicana, Nicaragua, Antigua e Barbuda, Bahamas, Belize, Dominica, Granada, Guyana, Giamaica, Suriname, St. Lucia, Guatemala, El Salvador, Saint Kitts e Nevis e St. Vincent e Grenadine e Haiti.
Le violente proteste di questi mesi nel paese sono causate dall’aumento dell’inflazione e dalle accuse di corruzione che hanno investito il governo. Queste sommosse stanno bloccando il paese, rendendo più difficile il lavoro delle agenzie umanitarie. In un rapporto del 25 febbraio 2019, l’IACHR (Inter-American Commission on Human Rights) ha rivelato che, dal 7 febbraio scorso, almeno 26 persone sono morte e altre 77 sono rimaste ferite.
La crisi economica si è anche aggravata in seguito al devastante terremoto del 2010 che ha provocato circa 230 mila morti e all’uragano Matthew del 2016 che ne ha causati più di 900. Un ulteriore colpo è stati inoltre portato dal deprezzamento di oltre il 20% del valore della sua valuta nazionale rispetto al dollaro e alla crisi dell’elettricità derivante dalla carenza di carburante. Attualmente il paese caraibico ha un deficit di bilancio che supera gli 86 milioni di dollari, con un 15% in più d’inflazione.
Nelle prossime elezioni di ottobre inciderà sicuramente la crisi politica ed economica degli ultimi mesi. Moïse sta navigando in acque agitate per via delle proteste delle opposizioni, che stanno ripetutamente da mesi chiedendo le sue dimissioni. Il “Sector Democrático y Popular” promuove le manifestazioni con uno dei suoi leader André Michel che si è però estraniato dalle accuse del presidente di alimentare negli ultimi mesi le violenze di piazza.
A livello internazionale gli ambasciatori di paesi come Francia, Germania, Brasile, Canada e Stati Uniti, e rappresentanti della Spagna, dell’ONU (Organización de las Naciones Unidas), dell’Unione europea e dell’OEA (Organización de los Estados Americanos), hanno invitato i politici haitiani ad avviare un dialogo; la comunità internazionale ha deplorato le proteste degli ultimi mesi che hanno causato morti e feriti mentre l’IACHR ha sollecitato la classe dirigente del paese ad avviare un dialogo per cercare una soluzione per uscire da questa situazione.
Il governo ha promesso ulteriori indagini per fare chiarezza, prima dell’inizio della campagna elettorale, sulla presunta corruzione nell’ambito del programma Petrocaribe dopo gli innumerevoli disordini soprattutto nella capitale Port-au-Prince.