Hard Brexit: torna l’impero?

di Marco Pugliese

Bastava guardarla, Theresa May. In lei molti inglesi rivedono la restaurazione degli interessi nazionali.
La Gran Bretagna vuole mantenere
solidi ed ottimi rapporti con la Ue ma intende rimanerne fuori, rispettando la decisione dei cittadini britannici. La hard Brexit di Downing Street passa da questo paradigma: da mercato comune (chiuso) a mercato libero, e May lo fa citando il pil europeo, al 20% di quello mondiale, con Asia ed Africa in aumento.
La Gran Bretagna vuole nuotarci in questo mare magnum, gli inglesi del resto sono gli inventori del mercato libero moderno. L’Europa pareva stretta, per cui torna di prepotenza il Commonwealth, mai smantellato in realtà, sebbene svuotato della funzione primaria. I vertici dell’organismo torneranno biennali con la Gran Bretagna al centro del progetto. Canada ed Australia ringraziano, era da tempo che chiedevano d’incrementare i summit e paesi a trazione anglosassone sparsi per il mondo infatti non sono sfavorevoli al ritorno della “guida storica” di Londra.
La May, che ricordiamolo, era per il Remain da politico utile al paese, ha anteposto gli interessi inglesi prima d’ogni altro aspetto, un mantra ribadito più volte in conferenza stampa. Con Trump seduto alla Casa Bianca ed un Vladimir Putin protagonista ad Astana (vertice per la Siria), Londra ha la possibilità di recuperare il terreno internazionale perduto (secondo gli analisti britannici) nella permanenza Ue.
Economia extra Ue ed immigrazione sono i due temi che gli inglesi vogliono gestire in prima persona. Dall’Europa infatti a conti fatti sono più i guai connessi che i benefici. Il premier inglese non ha fatto altro che ripetere ciò che molti leader europei affermano da anni: Bruxelles è burocratica, a tratti provinciale. La gestione immigrazione ha sicuramente portato gli inglesi a
votare per la Brexit. Anche in Francia il nodo appare il medesimo e così in Italia (in Germania i mugugni sul tema sono sempre più numerosi) ove non è passato inosservato il referendum che ha destituito Renzi. In Europa molti indicano nella debacle renziana la gestione immigrazione e l’errata valutazione della questione libica.
Mentre a Londra si punta all’Impero, in Scozia si pensa ad un referendum per restare in Europa. Il discorso è complesso. In caso affermativo basterebbe il veto di un paese soltanto per tener fuori gli scozzesi. Chi si prenderebbe la responsabilità di far implodere la Gran Bretagna? Con ogni probabilità la Scozia seguirà le orme di Londra, nessuno a Bruxelles vuol “sfasciare” la Corona Unita.
In questo periodo di stallo la Ue è sempre più tremolante. La Francia guarda a volte con invidia a Londra e non è cosi remoto si torni a parlare d’uscita dall’euro, anche perché le aziende francesi sono in espansione internazionale ma con il freno a mano tirato.
Anche l’Italia chiede più collaborazione sul fronte immigrazione e maggior libertà nelle aree economiche macro. Ferrovie, Spazio e settore navale molto stanno investendo oltre il mercato Ue, visto sempre più come un peso. A Berlino la preoccupazione sale ma le maglie della rigidità economica rimangono strette.
I prossimi mesi appaiono decisivi e Bruxelles sembra sempre più isolata, senza più sponde oltre l’Atlantico, anche perché Trump è stato chiaro, preferisce l’Europa delle patrie, e tanto meno a Mosca, per cui le sanzioni non sono state digerite. A questo va aggiunto il ruolo della Nato, che gli Usa vogliono limitare. La difesa Europea senza Londra poggia su Francia, Italia e Germania, che devono spendere anche per gli altri.
Un quadro complesso che in questo 2017 potrebbe mutare in scenari fino a qualche mese addietro non pronosticabili.