Il Messico verso le elezioni: il Morena e i rischi di un nuovo modello economico

di Gabriel De Gaetano

Le elezioni presidenziali messicane del 1 luglio rappresentano un crocevia di fondamentale importanza sia per il paese che per l’intero emisfero americano. Il Messico infatti svolge un ruolo di prim’ordine nella regione, membro del G20 e dell’Ocse, si è attestato ormai da tempo come la seconda economia dell’America Latina, la cui stabilità ha favorito ingenti flussi di investimenti provenienti dai paesi più industrializzati.
Il favorito secondo i sondaggi risulta essere Andrés Manuel López Obrador, detto Amlo, ex esponente del Prd (partito socialdemocratico messicano) il quale dopo le sconfitte elettorali conseguite nel 2006 e 2012 ha fondato un partito proprio, il Movimento Regeneración Nacional (Morena), insieme ad una corrente di fuoriusciti del Prd. Tema centrale della campagna elettorale è stata la lotta alla corruzione, tuttavia fin dall’assemblea costitutiva, il Morena ha assunto i caratteri tipici dei movimenti populisti e sovranisti che in America Latina hanno regolarmente preso il potere fin dalla metà dello scorso secolo ma che in Messico non avevano mai attecchito.
Questa tendenza si riscontra soprattutto nelle proposte in materia economica che il partito promuove. Nel settimo punto del suo programma, Amlo sottolinea il fallimento dell’economia neoliberale in Messico, caduta sotto le imposizioni degli organismi finanziari internazionali, e propone la creazione di un nuovo modello economico al fine di recuperare la sovranità perduta del paese. Questo netto contrasto con la politica aperta e multilaterale che aveva caratterizzato il paese negli ultimi decenni pone grandi interrogativi sul futuro e sul ruolo che il paese assumerà nel continente.
Il Messico ha attualmente in vigore oltre 40 trattati di libero scambio, i più rilevanti dei quali con gli stati del continente. In particolare il paese ha beneficiato del Nafta, che ha reso il Canada e gli Stati Uniti i suoi principali partner commerciali, le esportazioni messicane verso quest’ultimo sono cresciute a tal punto da superare un valore complessivo di 300 miliardi di dollari nel 2016. Il conseguente afflusso di capitale consente al Messico di riequilibrare la propria bilancia commerciale. Il presidente Usa, Donald Trump, il quale aveva a sua volta avversato il trattato durante la campagna elettorale, adesso attende i risultati di questa elezione per rinegoziare i termini dell’accordo e senza dubbio provarne a trarre i maggiori benefici per il suo paese.
Il nuovo modello economico rappresenterebbe una minaccia anche per i paesi latinoamericani che nel 2012 avevano dato vita, insieme al Messico, alla “Alianza del Pacífico”. L’organizzazione ha avuto il merito di creare la più grande area di libero scambio dell’America Latina ed i risultati non si sono fatti attendere. I quattro paesi (Cile, Colombia, Messico e Perù) sono cresciuti a ritmi superiori rispetto ai loro vicini nella regione. Una partnership fondamentale che potrebbe aprire a nuove prospettive oltreoceano, non è un caso che tutti i membri abbiano preso parte ai negoziati sul Tpp.
Lo sfidante principale di Obrador alla presidenza del Palacio Nacional è senza dubbio Ricardo Anaya, esponente del Partido Acciòn Nacional (Pan) e presidente fino allo scorso anno dello stesso, il quale ha consolidato la coalizione con la sinistra socialdemocratica in vista delle elezioni, facendo da contrappeso a Morena. Più distante rispetto ai primi due sembra essere il Partido Revolucionario Institucional (Pri), il partito che per oltre un secolo ha guidato il paese, logorato dai numerosi scandali di corruzione venuti a galla negli ultimi anni, di cui i populisti si sono nutriti, che hanno esautorato la leadership dell’attuale presidente Enrique Peña Nieto. La scelta del partito di puntare su un candidato non formalmente affiliato ad esso, la dice lunga sulla popolarità di cui il Pri attualmente gode nel paese.
I partiti tradizionali si trovano dunque costretti ad inseguire, ma nessuno dei tre poli sembra capace di prevalere nettamente sugli altri, bisognerà dunque aspettare i primi di luglio per conoscere che direzione prenderà il paese per i prossimi sei anni.