Il Qatar respinge le richieste dei sauditi, ‘irrealistiche’

di Enrico Oliari

Il Qatar ha respinto le 13 condizioni poste dall’Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti e Bahrain per porre fine all’embargo imposto a seguito delle accuse ufficialmente di sostegno al terrorismo, realmente di interazioni con il nemico di sempre, l’Iran.
Il ministro degli Esteri qatarino, Mohammed bin Abdulrahman al-Thani, respinto l’elenco di richieste e ha fatto notare che “il ministro britannico – cioè uno degli attori che si sta muovendo per mediare la crisi – aveva chiesto che le richieste fossero misurate e realistiche: la lista presentata non soddisfa quel criterio”.
Difatti sarebbe inimmaginabile per la monarchia del Qatar privarsi di al-Jazeera, il maggior media panarabo e strumento formidabile di propaganda, accusato dall’Egitto di diffondere la dottrina dei Fratelli Musulmani e in diretta concorrenza con la saudita al-Arabiyah; come pure chiudere i rapporti con l’Iran, paese con il quale condivide lo sfruttamento dei giacimenti di gas, e la base turca di Doha, una manciata di militari di un paese che in questo momento sta inviando 4.500 tonnellate di aiuti alimentari al giorno; tra i punti vi è anche la richiesta di “riparazioni” della crisi, denaro da versare ai sauditi e agli altri paesi del blocco, ma che Doha non intende versare.
“Si tratta – ha affermato il capo dell’ufficio stampa del governo Saif bin Ahmed al-Thani – di una lista di richieste che non hanno nulla a che fare con la lotta al terrorismo”, bensì volta a “violare la sovranità del Qatar e la sua autonomia in materia di politica estera”.
Quella del terrorismo, d’altronde, è un’accusa che fa acqua da tutte le parti, perché se è vero ed arcisaputo che la monarchia del Qatar ha finanziato l’Isis (già agli inizi del 2015 Notizie Geopolitiche aveva parlato dell’Isis come di “un esperimento di Usa, Qatar e Turchia finito male“), e se è vero che denari di Doha sono finiti persino agli Hezbollah sciiti, altresì e vero che da quelle parti il migliore ha la rogna, a cominciare proprio dall’Arabia Saudita, paese dove è nata al-Qaeda, con il sostegno al terrorismo internazionale (si pensi a Jabad Fatah al-Sham in Siria, ex Jabat al-Nusra) che si sprigiona dalle mille diramazioni e dalle mille contese interne alla composita famiglia reale.
Si tratta, alla fine, della non nuova guerra tra le due monarchie di Doha e di Riad per il controllo del Medio Oriente, un conflitto giocato su altri scacchieri, si pensi all’Egitto di Mohammed Morsi ma anche alle varie “Primavere arabe”: ovunque nel mondo arabo c’è un conflitto spuntano i finanziamenti di Qatar e Arabia Saudita, dal Mali (dove Doha voleva riconoscere l’effimera Repubblica Islamica dell’Azawad) alla Libia, alla Siria, al Barhrein, allo Yemen… e se re Salman e il figlio Mohammed bin Salman, principe ereditario, possono contare sul sostegno della maggior parte dei paesi della Penisola Arabica, il Qatar ha dalla sua nientemeno che la Turchia e l’Iran. Per ora almeno, poiché le alleanze e i conflitti nel Medio Oriente si leggono sul fondo di un caleidoscopio.