Il senatore Usa DeConcini a Trento parla di Trump, ‘rispetto ma non sarò gentile con lui’

di Enrico Oliari

Incontro a Trento presso la Sala di rappresentanza del Palazzo della Regione con Dennis DeConcini, senatore dell’Arizona dal 1977 al 1995, uomo influente anche a Washington ed ancora oggi impegnato nel complesso quadro politico statunitense.
Il tema è stato “L’America sotto la presidenza di Donald Trump. Quali le prospettive per l’Europa?”, e tra gli interventi di presentazione e di saluto il senatore Giorgio Postal si è giustamente chiesto se il presidente Usa stia fornendo risposte sbagliate a domande giuste.
Di Trump fanno paura le uscite, il buttare all’aria quanto messo insieme dal predecessore Barak Obama, l’ottuso protezionismo e l’inspiegabile “Muslim ban”, ma non è la prima volta che gli Stati Uniti si trovano ad aver a che fare con un inquilino della Casa Bianca imprevedibile.
“All’epoca di Regan – ha spiegato DeConcini – sentivamo affermazioni stucchevoli in campagna elettorale, eravamo preoccupati, riferendosi all’unione Sovietica parlava di “Impero del male”, ma una volta diventato presidente ha saputo ascoltare esperti e consiglieri, tant’è che ha firmato l’accordo sul disarmo nucleare con Gorbaciov. E’ importante quello che i presidenti fanno, non quello che dicono. Difatti sulla Nato (su cui ha fatto marcia indietro, ndr.) si sta consigliando con qualcuno e da parte del Congresso ci sarà sempre una posizione pro Alleanza Atlantica. Poi vi sono le garanzie costituzionali, non è che se uno è presidente può fare quello che vuole”.
“Si è parlato di impeachment – ha proseguito il senatore il cui nonno era un emigrato trentino – ma non penso che si arriverà a tanto, anche perché su 19 richieste di questo genere solo due si sono tramutate nei fatti”.
La realtà, ha spiegato DeConcini, è che le campagne elettorali costano care, un miliardo di dollari, per cui il presidente dopo si trova a dover dare risposte ai propri sostenitori e “prende posizioni impopolari”, come sulla Cop21.
“Certo, è importante che lui sia più attento a quello che fa, a ciò che twitta di notte senza rendersi conto delle conseguenze, come quando ha definito i messicani, da noi ce ne sono tra gli 11 e i 12 milioni e quasi sempre sono bravi lavoratori, stupratori, trafficanti e criminali, e poi c’è il muro, che non credo si farà mai, la Cina, che violenta e rapina gli Usa… è il mio presidente e per questo lo rispetto, ma ciò non vuol dire che sarò gentile con lui”.
Sull’uscita dalla Cop21, che “ci ha portato tra i paesi non firmatari, cioè Siria e Nicaragua, devo dire che si è avviato un movimento di resistenza guidato dal sindaco Bloomberg, ed inoltre sono previste sanzioni”.
Posizioni, quelle di Trump, forti, ma “io sono convinto che abbiano contribuito a risvegliare l’opinione pubblica, tanto che, ad esempio, in Francia si dava la vittoria della Le Pen, mentre ha vinto Macron”.
Sull’uscita dai trattati commerciali DeConcini ha detto che “ciascuno ha diritto di proteggere le risorse del suo paese, l’industria manifatturiera e il capitale umano, ma non quello di chiudere i cancelli”.
Di certo quello in corso “non è un momento di abbandono della scena politica internazionale da parte degli Usa, semplicemente il leader sembra non essere interessato, immune al contesto globale”.