In Svizzera si parla di mercurio ma nel mondo si continua a morire

di C. Alessandro Mauceri – 

Nel 2009, con la decisione 25/5 del Governing Council dell’Unep, era stata riconosciuta la necessità di avviare un negoziato per uno strumento globale legalmente vincolante finalizzato ad affrontare i problemi causati dall’utilizzo del mercurio e dei suoi composti. Pochi anni dopo, in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile del 2012 (Rio +20), è seguito il rapporto “The future we want” che auspicava una positiva conclusione del negoziato per la convenzione riguardante questo metallo. Nel 2013 è stata poi sottoscritta la convenzione Minamata, dal nome della cittadina del Kyushu dove negli anni ’50 si verificò il peggior disastro ambientale causato dal metilmercurio (la perdita della Chisso Corporation, causò l’ingresso della sostanza nella catena alimentare attraverso il pesce e portò a circa 2.300 vittime ufficialmente riconosciute e 50mila casi sospetti). Oggi il maggior numero di casi di malattia di Minamata si verificano in Cina, paese che conta per il 30% delle emissioni totali di mercurio nell’acqua (circa 2mila tonnellate l’anno). La convenzione è entrata in vigore tre mesi dopo le ratifiche da parte di 50 paesi ma l’accordo, oltre a non essere stato firmato da tutti, prevedeva molte eccezioni, come quella relativa all’estrazione primaria, che varrà solo 15 anni dopo l’entrata in vigore della convenzione. Lo stesso per la manifattura e il commercio internazionale di prodotti contenenti mercurio, compresi alcuni tipi di lampade fluorescenti, che saranno messi al bando non prima del 2020.
Ad oggi l’ultimo stato ad aver ratificato la Convenzione, portando a 76 i Paesi firmatari, è la Germania. Per quanto attiene il processo di ratifica da parte dell’Italia è invece stato presentato il 29 agosto 2017 al Senato un apposito disegno di legge (allegato Atto S. n. 2896).
Uno studio ha però mostrato la presenza di elevate percentuali di mercurio nei campioni di capelli prelevati in giovani donne in età fertile in decine di stati, dall’Alaska al Cile, dall’Indonesia fino al Kenya. A confermarlo è uno studio di Ipen (UN global public health & environment network) e del Biodiversity research institute (Bri), i cui risultati sono stati appena pubblicati: “Le donne delle isole del Pacifico e delle comunità vicine ai siti minerari in Indonesia, Kenia e Myanmar, presentano un livelli medi di mercurio molto più alti di quelli considerati salubri dall’Environmental protection agency (Epa: l’agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti)”.
Dai dati rilevati emerge chiaramente che esiste un rapporto causa-effetto tra i danni causati dall’inquinamento da mercurio e alcuni fattori, come la presenza di centrali elettriche a carbone (una delle principali fonti di questo metallo degli oceani, il quale si accumula poi nei pesci), miniere artigianali di oro (artisanal small-scale gold mining – Asgm) e siti locali prossimi a diversi tipi di industrie che riversano il metallo nell’acqua, nel suolo e nell’aria.
In alcuni casi l’esposizione è chiaramente legata all’alimentazione: nelle isole del Pacifico le donne risultano contaminate dalle alte quantità di mercurio contenuto nel pesce, l’85.7% degli individui ha infatti livelli superiori a 1 ppm, e la maggioranza mostra gradi di contaminazione tre volte superiori allo standard imposto dall’Epa. Imogen Ingram, di Island Sustainability Alliance, ha dichiarato: “è davvero allarmante sapere che hai alte concentrazioni di mercurio nel corpo e che, senza saperlo, lo hai trasferito a tuo figlio. La contaminazione dovuta a questo metallo nelle isole del Pacifico è alta perché ci nutriamo principalmente pesce, però non voglio che ci venga proibito di mangiare. L’energia creata con il carbone, una delle principali fonti di mercurio negli oceani, è il vero colpevole. E’ ora di eliminarla”.
I danni infatti non si limitano alle giovani donne in gravidanza ma si estendono anche ai figli: “questo contaminante, nel corpo di un madre, può trasferirsi al suo feto durante la gravidanza, esponendolo a questa potente neurotossina durante lo sviluppo” si legge nel rapporto: se il livello supera il valore di 1ppm infatti si possono presentare danni cerebrali, perdita di coefficiente intellettivo e complicazioni ai reni ed all’apparato cardiocircolatorio, mentre sono sufficienti 0.58 ppm per osservare la comparsa di danni neurologici fetali.
In altri casi, invece, come in Indonesia, Kenya, Paraguay e Myanmar, oltre che dal pesce, il mercurio pare provenire dall’uso smodato che si fa di questo metallo nelle miniere d’oro. Yuyun Ismawati, responsabile per le artisanal small-scale gold mining e vincitrice del Premio Goldman, ha ricordato che “Milioni di donne e bambini delle comunità dove si estrae l’oro sono condannati a un futuro nel quale è colpita la salute degli adulti e danneggiato il cervello dei loro figli. Finché continuerà l’uso smodato del mercurio, continuerà anche questa tragedia”.
In Nepal, Nigeria e Ucraina, invece, è l’inquinamento industriale a causare i livelli elevati di questo metallo rilevati nei capelli delle donne che hanno partecipato alla ricerca.
Si tratta di dati particolarmente importanti in quanto i risultati sono stati diffusi quasi in coincidenza con la sottoscrizione dell’accordo globale per affrontare la minaccia costituita da questo inquinante, entrato in vigore in agosto e con la prima grande riunione della Conferenza delle Parti della Convenzione di Minamata ha preso il via il 24 settembre a Ginevra, in Svizzera. Questa limiterà l’uso del mercurio in molti prodotti a partire dal 2020, ma non ne vieterà il commercio, in quanto necessario per l’estrazione mineraria su piccola scala e per diversi altri processi. La produzione primaria del mercurio, secondo quanto previsto dalla convenzione, potrà quindi continuare, in alcuni paesi fino, al 2032.
Uno degli autori dello studio, David Evers, direttore esecutivo del Bri, conclude: “Questo report fa risaltare l’importanza della cooperazione globale per risolvere la contaminazione da mercurio. In tutto il mondo, l’inquinamento si concentra nei sistemi marini e di acqua dolce ed i punti critici sono associati a molteplici attività umane, è quindi essenziale che continuiamo a bio-monitorare gli sforzi per definire l’impatto potenziale sulle nostre comunità locali e sull’ambiente, con il fine di valutare l’efficacia della Minamata Convention on Mercury”.
Proprio in questi giorni, dal 24 al 29 settembre, è in corso a Ginevra summit mondiale di quest’ultima, entrata in vigore il 16 agosto 2017. I rappresentanti di governi di tutto il mondo dovranno quindi discutere dell’attuazione del nuovo accordo internazionale, legalmente vincolante.