Inquinamento: se bastano 90 produttori di anidride carbonica a condannare il mondo…

di C. Alessandro Mauceri –

Un studio pubblicato sulla rivista scientifica Climatic Change ha rivelato il rapporto che esiste tra cambiamenti climatici globali e emissioni prodotte dai maggiori produttori di combustibili fossili. Concentrandosi sui maggiori produttori di gas, petrolio e carbone e produttori di cemento, i ricercatori hanno calcolato anche l’innalzamento del livello del mare e l’aumento delle temperature medie derivanti dalle emissioni di anidride carbonica e metano dovute ai prodotti di queste aziende e dai loro processi di estrazione e produzione. “Sappiamo da molto tempo che i combustibili fossili sono il più importante contributo al cambiamento climatico”, ha detto Brenda Ekwurzel, una dei principali autori della ricerca e direttore del Dipartimento scienza del clima presso l’Unione dei scienziati preoccupati (UCS).
La ricerca divisa in due periodi (dal 1880 al 2010 e dal 1980 al 2010) ha evidenziato che da decenni le aziende produttrici di combustibili fossili sono a conoscenza della minaccia causata dai prodotti venduti. Per questo, secondo i ricercatori, avrebbero potuto e dovuto informare di questo non solo i propri azionisti ma soprattutto il grande pubblico. Cose invece mai avvenute.
Lo studio ha preso spunto dalla ricerca condotta nel 2014 da Richard Heede dell’Istituto per la responsabilità del clima. In quell’analisi veniva analizzata la quantità di emissioni di anidride carbonica e metano derivanti dalla combustione dei prodotti venduti dalle 90 maggiori aziende di combustibili fossili e produttori di cemento sia private che a compartecipazione statale. Partendo da questi dati, la Ekwurzel e i suoi collaboratori li hanno estesi inserendoli in un modello climatico semplice e ben consolidato che comprende come aumenta la concentrazione delle emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera e la temperatura globale della superficie e il livello del mare. “Questo studio fornisce un quadro per collegare le emissioni prodotte dalle aziende del combustibile fossile ad una serie di impatti, tra cui gli aumenti nell’acidificazione oceanica e nelle morti causate da onde di calore, incendi e altri eventi estremi legati alle condizioni atmosferiche. Speriamo che i risultati di questo studio servano all’apertura di dibattiti sulla politica e sulla società civile e su come meglio gestire i principali produttori di anidride carbonica responsabili del problema”, ha dichiarato Myles Allen, co-autore dello studio e professore presso l’Università di Oxford.
Il risultato della ricerca è straordinario. Circa il 57 per cento dell’incremento registrato nell’anidride carbonica atmosferica, quasi il 50 per cento dell’incremento della temperatura media globale e circa il 30 per cento del livello del livello del mare globale dal 1880, sono dovuti alle emissioni causate dai 90 maggiori produttori di CO2 al mondo. Le emissioni dei prodotti venduti dai 50 maggiori produttori di CO2 (tra cui BP, Chevron, ConocoPhillips, ExxonMobil, Peabody, Shell e Total) sono responsabili di circa il 16% dell’incremento della temperatura media mondiale dal 1880 al 2010 e circa l’11% innalzamento del livello del mare durante lo stesso periodo di tempo. A loro sarebbe riconducibile anche l’incremento della temperatura media globale per circa il 10 per cento.
Ma non basta. Ad essere corresponsabili di tutto questo sono anche i governi: le emissioni tracciate di 31 società a maggioranza di proprietà statale (tra cui Coal India, Gazprom, Kuwait Petroleum, Pemex, Petroleos de Venezuela, National Iranian Oil Company e Saudi Aramco) avrebbero causato circa il 15 per cento dell’incremento globale della temperatura e circa il 7 per cento l’aumento del livello del mare tra il 1880 e il 2010. Nel novero figurano anche aziende europee e italiane che avrebbero contribuito con i propri prodotti all’aumento delle temperature.
“Fino a uno o due decenni fa, nessuna società potrebbe essere ritenuta responsabile per le conseguenze delle emissioni dei loro prodotti, perché semplicemente non sapevamo abbastanza su quali sono i loro impatti”, ha detto Allen. Ora la situazione è cambiata radicalmente. E il problema oltre ad essere visto sotto il profilo ambientale ed economico, potrebbe avere ripercussioni non indifferenti dal punto di vista penale e politico. Sapere “chi” è responsabile del cambiamento climatico assume un peso rilevante in un momento in cui gli impatti del clima stanno peggiorando a vista d’occhio e le misure per fronteggiarli diventano sempre più costose.
Basti pensare che i tecnici hanno stimato che solo alla città di New York costerà più di 19 miliardi di dollari adattarsi ai cambiamenti climatici. Le analisi condotte dal programma dell’ambiente delle Nazioni Unite prevedono che per i paesi in via di sviluppo adattarsi avrà un costo tra i 140 miliardi e i 300 miliardi di dollari l’anno entro il 2030 (280 miliardi di dollari a 500 miliardi di dollari l’anno entro il 2050).
“All’inizio della Rivoluzione Industriale, pochissime persone avevano capito che le emissioni di biossido di carbonio avrebbero minato progressivamente la stabilità del clima, quindi non c’era niente di sbagliato nel vendere i combustibili fossili a coloro che volevano comprarli”, ha detto Henry Shue, professore di Relazioni internazionali presso l’Università di Oxford. “Ma le circostanze sono radicalmente cambiate alla luce dell’esistenza di prove che un certo numero di aziende detentori di investimento abbiano compreso a lungo il danno dei loro prodotti, pur avendo compiuto una campagna di decenni per far emergere dubbi su questi danni al fine di garantire che i combustibili fossili rimanessero centrali alla produzione globale di energia”.
Dello stesso parere Peter Frumhoff, autore dello studio e direttore di Scienze politiche l’UCS: “Le aziende produttrici di combustibili fossili avrebbero potuto intraprendere numerose azioni, come investire in energia pulita”. “Molti hanno scelto invece di spendere milioni di dollari per cercare di ingannare il pubblico sulla scienza del clima per bloccare limiti sensibili sulle emissioni di carbonio”.
Intanto, a luglio, lo studio di Ekwurzel è già stato citato come prova in alcune cause depositate da due contee di California e nella città di Imperial Beach contro 37 compagnie di petrolio, gas e carbone, con richiesta risarcimento danni.