Iran. Telegram: Rohani si pone contro Khamenei

di Elisabetta Corsi –

Continua il caso Telegram in Iran, dopo la sentenza dell’autorità giudiziaria che ne aveva disposto il blocco e la probabile sostituzione con un sistema di messaggistica istantanea autoctono. Tutto era iniziato con l’annuncio dell’ayatollah Ali Khamenei di non volerlo più utilizzare per le sue comunicazioni ufficiali per ragioni di sicurezza e di interesse nazionale. Alla Guida suprema si erano poi adeguati gli apparati amministrativi, ma già in gennaio la popolare applicazione era finita nel mirino delle autorità di Teheran in quanto utilizzata nel corso delle proteste antigovernative di dicembre.
A mettersi di traverso oggi è stato nientemeno che il presidente iraniano, Hassan Rohani, il quale ha fatto sapere di disapprovare il blocco, comunicando la sua posizione attraverso il suo account Instagram. Rohani ha spiegato che “Il blocco e i recenti filtri imposti a Telegram non sono stati imposti dal governo e il governo non li approva”, in perfetta sintonia con il tradizionale scavalcamento di poteri tipico del’Iran. Ha inoltre aggiunto che “Il governo si è impegnato a creare un cyberspazio sicuro, ma non sicurizzato”, ed ha notato che “Se ai massimi livelli del sistema è stata presa una decisione per restringere o bloccare le comunicazioni tra le persone allora il popolo deve esserne messo a conoscenza”. Telegram è il social più utilizzato nel paese con circa 40 milioni gli utenti che ne ricorrono per lavoro o divertimento, in una realtà dove sono già stati bloccati Facebook, Twitter e YouTube.
In questa decisione secondo Rohani c’è ben poco di democratico proprio per l’uso delle procedure legali adottate, che di fatto hanno escluso il governo.