Iran. Trump si ritira dall’accordo sul nucleare: cosa farà l’Europa?

di Vanessa Tomassini

Era da aspettarselo, dopo le continue minacce espresse già in campagna elettorale, Trump ha deciso: gli Stati Uniti abbandoneranno l’accordo sul nucleare iraniano (Jcpoa) e reintrodurranno le pesanti sanzioni contro Teheran. La decisione arriva dopo le “confutabili” rivelazioni del maggior alleato degli Stati Uniti in Medio Oriente, il presidente israeliano Benjamin Nettanyahu, il quale lo scorso 30 aprile ha avvertito che il paese guidato da Hassan Rohani starebbe puntando “a dotarsi di almeno cinque ordigni nucleari come quelli di Hiroshima”. Subito dopo l’annuncio della Casa Bianca il presidente iraniano ha fatto sapere che il suo governo rimane impegnato in un accordo nucleare stabilito nel 2015 con le potenze mondiali, nonostante la decisione statunitense. Tuttavia ha aggiunto che è anche pronto a riprendere l’arricchimento dell’uranio qualora l’accordo non offra più benefici per la Repubblica Islamica.
Rohani, che aveva fatto del Jcpoa, meglio noto come “accordo del 5+1” (Usa, Russia, GB, Francia, Cina + Germania), un suo successo, si aspetta la reintroduzione di sanzioni americane ad ampio raggio, anche sul petrolio e sui settori bancari iraniani ricordando che la loro rimozione era stata la chiave di volta per persuadere il suo paese ad accettare i limiti imposti dalla comunità internazionale. Limiti peraltro osservati pedissequamente, come riportato in più occasioni dagli ispettori dell’Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica).

Javad Zarif. (Foto Notizie Geopolitiche / VT).

Il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, ha detto che “condurrà uno sforzo diplomatico per esaminare se i rimanenti partecipanti al Jcpoa potranno garantire tutti i suoi benefici all’Iran”. Zarif pensa a Cina, Francia, Russia, Regno Unito, Germania ed Unione Europea e c’è già chi prevede che Teheran proverà ad espandere l’accordo con altri attori dello scenario internazionale, ma Rohani ha anche avvertito che l’Iran inizierà ad arricchire l’uranio oltre i livelli consentiti dall’accordo se il governo deciderà che i bisogni del paese non saranno soddisfatti, rimandando tale scelta a “qualche settimana”.
“Se a breve termine concluderemo che potremo ottenere ciò che vogliamo” dall’accordo sul nucleare, l’accordo sopravvivrà, ha detto Rouhani parlando alla tv di stato, ordinando già all’Iran’s Atomic Energy Organization di prepararsi per un arricchimento illimitato di uranio. Il pragmatico presidente che ha sempre sostenuto il dialogo con l’occidente, ha anche definito la tattica di Trump una “guerra psicologica” esortando il suo popolo a resistere alla pressione degli Stati Uniti.
Con il Piano d’azione congiunto globale (Joint Comprehensive Plan of Action, Jcpoa) raggiunto a Vienna il 14 luglio 2015, l’Iran ha promesso di non “cercare, sviluppare o acquisire armi nucleari”. Il supremo leader religioso e politico dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, ha affermato più volte che il programma nucleare iraniano è finalizzato esclusivamente alla produzione di energia e alla conduzione di ricerche mediche, ma The Donald ha definito l’accordo “decadente e marcio”, annunciando il ripristino delle pesanti sanzioni americane che potrebbero paralizzare l’economia iraniana e mettere in un angolo gli alleati europei che investono a Teheran. Tra l’altro è bene ricordare che già l’Iran ha un funzione l’unica centrale atomica del Medio Oriente, a Bushehr, in funzione grazie alla ristrutturazione portata avanti da aziende russe e tedesche.

Federica Mogherini. (Foto Notizie Geopolitiche / EO).

Così, mentre i leader iraniani hanno detto che il paese rimarrà unito di fronte a nuove sanzioni o minacce da parte degli Stati Uniti, l’Unione europea si rammarica profondamente dell’annuncio del presidente degli Stati Uniti. “Il Jcpoa, approvato all’unanimità dalla risoluzione 2231 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, è un elemento chiave dell’architettura globale di non proliferazione nucleare ed è cruciale per la sicurezza della regione”, si legge in una nota dell’Alto rappresentante per la politica Estera dell’Ue, Federica Mogherini. “Finché l’Iran continuerà ad attuare i suoi impegni relativi al nucleare, come ha fatto finora e come è stato confermato dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica in 10 relazioni consecutive, l’Ue continuerà a impegnarsi per la continua ed efficace attuazione dell’accordo nucleare”, ha proseguito la Pesc aggiungendo che “la revoca delle sanzioni connesse al nucleare è una parte essenziale dell’accordo. L’Ue ha ripetutamente sottolineato che l’abolizione delle sanzioni ha un impatto positivo sulle relazioni commerciali e economiche con l’Iran. L’Ue sottolinea il suo impegno a garantire che questo possa continuare a essere fornito”. Il Jcpoa è il punto di arrivo di 12 anni di diplomazia e l’Ue è determinata a collaborare con la comunità internazionale per preservarla. Ma cosa possono fare gli europei per non ripetere gli sbagli del 2003 quando si divisero nella sconsiderata decisione di invadere l’Iraq?

Vienna, sede dell’Aiea. (Foto WikiCommons).

Intanto Teheran sembra essere in grado di gestire qualsiasi scenario malgrado il dibattito interno sul cosa fare dopo il ritiro Usa, se è vero che alcuni politici hanno esortato il governo a continuare a lavorare con l’Europa per salvare l’accordo, altri stanno esortando i leader iraniani a ricominciare immediatamente gli elementi sospesi del programma nucleare del paese tanto che sui social impazzano i volantini di una manifestazione nella città nord-orientale di Mashhad per dare fuoco al Jcpoa. Nei giorni scorsi il comitato nucleare del Parlamento iraniano ha pubblicato tre azioni che il governo potrebbe intraprendere dopo la scelta di Trump, esse prevedono tra le altre l’installazione di più centrifughe e l’arricchimento dell’uranio che può essere utilizzato come combustibile per le centrali nucleari o come materiale fissile per le armi nucleari se arricchito ad altissimo livello. Se Putin considera un errore che potrebbe aprire a serie conseguenze il ritiro degli Stati Uniti, mentre si prepara all’incontro con Netanyahu a Mosca, sembra proprio che ora la salvezza dell’accordo (e non solo) sia proprio nelle mani dell’Europa, con la speranza che non siano necessari mesi prima di giungere ad una posizione comune, oltre a quella proclamata sui comunicati stampa.
Trump comunque non intende darsi per vinto, ed in un miscuglio di pressioni che investono anche l’introduzione di dazi, conta di spaccare l’unità europea. Già ci ha provato ricevendo nelle score settimane a Washington la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron, guarda caso due leader di paesi che hanno sottoscritto il Jcpoa.