Iraq. Centinaia di feriti e malati in arrivo da Mosul ovest

di Francesca Mapelli e Sara Maresca (Msf) – 

ERBIL. Mentre a Mosul continuano i combattimenti, i civili in città sono bloccati dal fuoco incrociato, con accesso limitato alle cure mediche salvavita. Decine di migliaia di persone sono fuggite, rischiando la vita, da quando è iniziata l’offensiva nella parte occidentale della città il 19 febbraio. MSF è in azione per fornire assistenza medica e chirurgica ai feriti, ai malati e ai bambini malnutriti che da inizio marzo stanno arrivando da Mosul ovest.
All’interno e intorno a Mosul scarseggiano le risorse mediche per trattare l’alto numero di pazienti. Migliaia di feriti sono stati portati via in ambulanza dalla zona dei combattimenti, ma le ambulanze che trasferiscono i casi urgenti agli ospedali fuori città non riescono né a gestire i numeri dei feriti né a percorrere lunghe distanze.
“La necessità di fornire cure mediche è aumentata drasticamente” ha detto Isabelle Defourny, direttore delle operazioni di MSF. “Le nostre équipe lavorano giorno e notte per curare uomini, donne e bambini feriti da pallottole, esplosioni e schegge di proiettili. E poi ci sono le altre emergenze salvavita che richiedono una risposta urgente, come le madri che devono partorire e hanno bisogno di un parto cesareo.”
“L’offensiva iniziata a febbraio ha provocato oltre 180.000 sfollati e migliaia di feriti. Siamo impegnati allo spasimo per assistere i pazienti. Stiamo cercando di colmare la mancanza di strutture mediche a Mosul e dintorni, e di aiutare la popolazione in fuga da un conflitto estremamente violento. L’elevato numero di feriti e pazienti è una sfida costante” ha aggiunto Loris De Filippi, presidente di MSF impegnato a Mosul come coordinatore dell’emergenza.
Le équipe di MSF all’interno e nei dintorni di Mosul hanno ricevuto più di 1.800 pazienti con necessità urgente di cure salvavita negli ultimi due mesi. 1.500 di loro avevano traumi o ferite dovuti al conflitto. Quando anche gli altri bisogni medici sono diventati evidenti, MSF ha avviato servizi di maternità a Mosul est che dall’inizio di febbraio hanno assistito 100 nascite ed effettuato 80 parti cesarei.
A inizio marzo, MSF ha iniziato anche a vedere bambini severamente malnutriti provenienti da Mosul ovest. In due campi per persone recentemente sfollate, MSF ha condotto valutazioni per la malnutrizione. Stando al racconto delle persone in fuga da Mosul ovest incontrate da MSF, non c’è più latte in polvere, cibo e acqua scarseggiano e la situazione è destinata a peggiorare ora che le vie di rifornimento sono state interrotte. Per questo MSF ha aperto un centro nutrizionale nel proprio ospedale di Qayyarah.
“È urgente che i pazienti malnutriti ricevano al più presto il trattamento e che le persone sfollate da Mosul ovest trovino cibo adeguato quando arrivano” ha detto Isabelle Defourny di MSF.
Le équipe di MSF forniscono cure mediche nei campi sfollati, ma soprattutto cure salvavita d’urgenza. Un chirurgo nell’ospedale traumatologico di MSF a sud di Mosul la descrive come una delle esperienze più dure della sua lunga carriera in MSF: “La situazione qui è davvero drammatica. Ogni caso che riceviamo in sala operatoria è grave e quasi tutti i giorni dobbiamo gestire afflussi di massa di pazienti.”
Dall’inizio dell’offensiva militare per riconquistare la seconda città dell’Iraq, a ottobre 2016, le équipe di MSF hanno aumentato l’assistenza medico-umanitaria nel governatorato di Ninewa, lavorando con staff iracheno per garantire che la popolazione abbia accesso a cure mediche d’urgenza, comprese le cure materno-infantili. Le équipe mediche di MSF lavorano a Mosul est, nei centri traumatologici e in strutture mediche specializzate intorno alla città, e forniscono servizi sanitari nei campi allestiti per le persone sfollate in fuga da Mosul.
In Iraq, MSF è presente con oltre 1600 operatori internazionali e iracheni, che offrono assistenza medico-umanitaria in 10 governatorati. Per garantire la propria indipendenza, MSF non accetta finanziamenti da alcun governo, ente religioso o agenzia internazionale per i propri progetti in Iraq, affidandosi unicamente a donazioni private che arrivano da ogni parte del mondo.

Testimonianze da Mosul. Parlano due chirurghi dall’ospedale traumatologico aperto da MSF a sud di Mosul: “Ieri giornata tranquilla, sono arrivati solo 20 feriti”

Il 19 febbraio MSF ha aperto un ospedale traumatologico da campo con capacità chirurgica in un villaggio a sud di Mosul. È composto di due sale operatorie, un’unità di terapia intensiva, un pronto soccorso, un reparto di degenza e altre strutture di supporto. Le équipe di MSF che lavorano all’interno dell’ospedale, composte principalmente da chirurghi, medici e infermieri iracheni, operano i casi più gravi e potenzialmente mortali (codice rosso), mentre chi può aspettare sono trasferiti in ospedali più lontani. Da quando è stata aperta, la struttura ha ricevuto più di 915 pazienti. Di questi, 763 avevano traumi dovuti alla guerra, 190 in “codice rosso” con necessità di interventi salvavita urgenti, 421 in “codice giallo” sono stati stabilizzati prima di essere trasferiti in altri ospedali della regione. Più di metà dei feriti erano donne (241 pazienti) e bambini al di sotto dei 15 anni di età (240 pazienti).

Di seguito le testimonianze di due chirurghi di MSF che lavorano nel centro traumatologico da campo, raccolte il 18 marzo.

Dr. Ahmed (nome di fantasia), chirurgo ortopedico iracheno che lavora per MSF dal 2008:
“Ieri mattina abbiamo ricevuto una famiglia di 4 persone: una madre, un padre e due bambini. Erano stati feriti da una granata. La madre e il padre sono arrivati già morti e abbiamo lavorato giorno e notte per salvare i due fratelli. Ma il bambino più piccolo aveva delle ferite alla testa così gravi che non ce l’ha fatta. Siamo riusciti a salvare solo quello di 9 anni. Mi chiedo come è riuscito a sopravvivere e come farà adesso. Di tutta la famiglia è rimasto in vita solo lui.
Ieri pomeriggio abbiamo ricevuto un altro bambino, questa volta di 10 anni. È arrivato con la gamba sinistra quasi amputata da schegge di mortaio. Siamo andati direttamente in sala operatoria, ma aveva già perso molto sangue. L’abbiamo operato alla gamba per due ore, poi un mio collega ha fatto una laparotomia per un’altra ora, ma durante la notte è morto.
Cerchiamo di fare tutto ciò che possiamo, ma a volte non è abbastanza. Se potessi, scatterei una foto di ciascun paziente di cui mi sono occupato per raccontare le loro storie e ricordarli. Qui opero solo i casi di codice rosso, ma vorrei fare di più. Mi piacerebbe seguire anche i casi di codice giallo, quelli che sono trasferiti in altre strutture. Vorrei prendermi cura di loro, per fare tutto ciò che posso per aiutare queste persone che hanno sofferto così tanto.”

Dr. Reginald, chirurgo belga di 66 anni, al termine del suo ultimo turno nell’ospedale:
“Ho lavorato in molte guerre: Siria, Liberia, Angola, Cambogia, ma non ho mai visto niente di simile. In sala operatoria ogni caso che riceviamo è grave e quasi ogni giorno dobbiamo fare i conti con un alto numero di feriti.
Arrivano pazienti di ogni età e sesso e con ogni tipo di ferita di guerra: spari da cecchini, schegge di mortaio, bombardamenti aerei, mine e altri tipi di esplosione. Stanno tutti rischiando la vita per fuggire da una città sotto assedio.
Ieri il tempo era brutto, grigio, con nuvole e pioggia, e abbiamo ricevuto solo 20 feriti. Ma quando il tempo è buono uomini, donne e bambini feriti arrivano in numeri altissimi. Ora controlliamo anche le previsioni meteo per essere più preparati ad affrontare numeri elevati di feriti.
In un pomeriggio di sole, le ambulanze arrivavano una dopo l’altra. È stata davvero dura. Siamo stati costretti a trasferirne alcuni perché non c’era abbastanza spazio per curarli tutti. Abbiamo lavorato giorno e notte insieme a medici e infermieri iracheni. Abbiamo operato una persona dopo l’altra fino alle 5 del mattino. In tutto abbiamo trattato circa 100 pazienti, eravamo esausti. Da allora abbiamo aperto una seconda sala operatoria per aumentare la nostra capacità.
Al termine delle mie 6 settimane di missione, sono scioccato dal numero di famiglie distrutte da questa guerra. Dal numero di madri e padri che ci hanno implorato di salvare i loro figli perché erano gli ultimi membri della famiglia rimasti in vita. Sono colpito dalla forza degli iracheni. Niente sarebbe possibile senza l’aiuto dei nostri colleghi iracheni”.