Iraq. Sempre più probabili operazioni militari per riprendere Kirkuk ai curdi

di Enrico Oliari –

L’esercito iracheno ha reso noto in modo non ancora ufficiale il lancio di operazioni militari per riprendere la provincia di Kirkuk, controllata dai curdi, i quali con il referendum del 25 settembre hanno proclamato l’indipendenza del Kurdistan Irq.
Tecnicamente Kirkuk risulta essere esterna ai confini della Regione autonoma (o nuovo Stato), ma da sempre è stata abitata dai curdi fino all”arabizzazione” della città e della regione voluta da Saddam Hussein, che non ha avuto remore ad usare nel 1988 contro gli abitanti il gas uccidendone oltre 5mila.
Con una nota l’Alta rappresentanza del Kurdistan Irq. in Italia ha comunicato che “Mentre il governo regionale del Kurdistan sta lottando contro Daesh (Isis, ndr.) per ripristinare la pace e la stabilità in Iraq e sta cercando di dialogare con il governo centrale dell’Iraq per risolvere con mezzi pacifici le controversie esistenti tra le parti, il Consiglio di sicurezza ci informa che l’esercito iracheno e le milizie (Hashd al-Shaabi) stanno preparando un’imponente operazione militare contro il popolo curdo, in particolare dalla parte settentrionale di Mosul e dalle zone meridionali e occidentali di Kirkuk.
La loro intenzione è di prendere il controllo dei campi petroliferi, dell’aeroporto e della base militare. L’intelligence curda ha rivelato un pericoloso potenziamento delle forze militari con carri armati, artiglieria pesante, Humvees e mortai. Invitiamo il governo iracheno ad interrompere questa pericolosa manovra militare contro il popolo curdo e il Kurdistan, che segue l’embargo aereo e altre misure di punizione collettiva sui cittadini curdi che avranno ripercussioni negative su tutta la popolazione dell’Iraq”.
Facciamo appello – conclude la nota – alla Comunità internazionale affinché intervenga immediatamente, denunciando tali minacce di aggressione e inviti il governo Iracheno a ripristinare il dialogo con il governo curdo prima che l’ennesima guerra civile provochi un inevitabile spargimento di sangue tra la nostra gente”.
La possibilità di una nuova guerra è tutt’altro che remota. Già ne aveva parlato su Notizie Geopolitiche il generale e responsabile delle relazioni dei Partito Democratico Kemal Kirkuki, da noi intervistato in prima linea sulle alture di Qarrah: “Dove ci troviamo ora – ci spiegava nel febbraio del 2016 – fino al 2014 c’era il Daesh. Abbiamo preso questa zona combattendo, e non la molleremo per nessun motivo“. “Beh, per nessun motivo… La regione di Kirkuk non è in Kurdistan, è in pieno Iraq”, avevamo osservato noi. E lui, “Kirkuk è sempre stata abitata dai curdi, deportati come i turcomanni da Saddam Hussein per sostituire la popolazione con gli arabi. E siamo noi peshmerga ad aver lottato e sparso sangue per liberarla dal Daesh. E ce la terremo per il nostro Kurdistan indipendente, a costo di fare un’altra guerra“. “Un altra guerra contro chi?”, gli avevamo chiesto. “Agli iracheni non cediamo questa terra. Se non funzionerà la diplomazia, combatteremo come abbiamo combattuto fino ad oggi“, aveva risposto.
La situazione politica per il Kurdistan si fa sempre più difficile, in quanto i curdi sono stati lasciati soli, con il loro referendum, dalla comunità internazionale, in primis dagli Stati Uniti. Ingiustamente soli, se si pensa che sono stati i curdi a rappresentare il muro che ha saputo fermare l’espansione dell’Isis in Iraq e che alla base dell’adesione di intere popolazioni allo Stato Islamico vi sono l’orientamento sciita di Baghdad e soprattutto la decisione di annichilire quelli che erano i funzionari, i militari, gli imprenditori e la classe borghese dell’ancien régime. Sono stati i curdi, insomma, a levare le castagne dal fuoco a Baghdad, ed oggi il loro impegno non solo non viene riconosciuto, ma addirittura viene ripagato con un possibile conflitto.

Kemal Kikruki. (Foto Notizie Geopolitiche).
Kemal Kirkuki sulle alture di Qarrah. (Foto Notizie Geopolitiche).