Israele. “Bibì” ascoltato dai giudici per i casi di corruzione

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Prima di partire per gli Usa, dove incontrerà Donald Trump, il premier israeliano Benjamin è stato ascoltato dagli inquirenti in merito alle accuse di corruzione che gli vengono mosse e per le quali lui ha poi detto in conferenza stampa che “ho sempre fatto tutto per il bene dello Stato d’Israele. E continuerò a farlo, continuerò ad essere primo ministro. Io so cosa è successo, e non è successo nulla di illegale”.
Tutto è iniziato con un’inchiesta delle Unità Antifrode della polizia dalla quale sarebbero emersi almeno tre casi di possibile corruzione: in un primo caso le accuse riguardano favori concessi in cambio di costosi regali, compresi sigari cubani e Champagne, ed interessano i rapporti con l’imprenditore cinematografico Arnon Milchan, il quale lavora a Hollywood ma necessita del continuo rinnovamento del permesso di soggiorno, cosa di cui si sarebbe sobbarcato Netanyahu che ne avrebbe parlato in almeno tre occasioni con l’ex segretario di Stato Usa John Kerry.
Il secondo caso interessa la garanzia di servizi positivi da parte del secondo giornale più grande del Paese, lo Yedioth Ahronoth, in cambio di un’azione volta a danneggiare il giornale rivale, il free press Israel Hayom, del milionario Sheldon Adelson.
Il terzo caso riguarda i sottomarini acquistati dalla Germania, per cui sarebbero state intascate tangenti da uno stretto collaboratore del premier: già nel 2017 un’inchiesta aveva portato agli arresti dell’ex capo dello staff del premier, David Sharan, e di alcuni militari della marina, ma il giro di denaro è stato costruito in modo da rendere difficoltoso comprovare la diretta partecipazione di Netanyahu.
Lo scandalo tuttavia vede anche l’accusa di aver assoldato investigatori privati per spiare la polizia sulle indagini che lo riguardano, con gli oppositori sul piede di guerra e l’ex premier Ehud Barak che ha parlato di “attacco isterico contro il capo della polizia”… “è per lui impossibile oggi guidare il paese”.
La polizia ha chiesto un processo in due inchieste per corruzione, ma sarà il procuratore generale a decidere col tempo se portare “Bibì” a processo.