Israele. I musulmani tornano a pregare alla Moschea di al-Aqsa

di Vanessa Tomassini –

Quei metal detector installati da Benjamin Netanyahu, primo ministro di Israele, dopo l’attentato della mattina del 14 luglio, sono sembrati a molti più che delle misure di sicurezza un modo per affermare la sovranità israeliana sul sito sacro. Ieri mattina all’alba, dopo diverse polemiche interne ed esterne ad Israele, queste barriere sono state rimosse.
Così i musulmani hanno ripreso a pregare nella moschea di al-Aqsa, a Gerusalemme, celebrando il loro venerdì di preghiera, ristabilizzando la situazione dopo le tensioni di sue settimane esplosive, in tutti i sensi. Questa mattina anche le ultime tracce di strutture di sicurezza nei pressi degli accessi al sito sono sparite, ancora prima dell’alba.
La crisi era iniziata quando tre cittadini arabi d’Israele avevano assaltato la Moschea di al-Aqsa, sparando a tre poliziotti israeliani di Druze, di guardia al complesso durante le preghiere musulmane.
Ma non è stato questo a dare il via all’escalation di terrore, bensì l’istallazione proprio dei metal detector all’ingresso del sito religioso che hanno bloccato l’accesso ai palestinesi e agli israeliani arabi. Le misure prese da Netanyahu hanno dato il via a scontri di violenza mortale in Cisgiordania, dopo che i palestinesi, incitati da Hamas (gruppo militante islamico) e dal presidente palestinese Mahmoud Abbas, a Gerusalemme Est hanno pregato per le strade e per le vie della Città Vecchia. La richiesta dei leader di una “una giornata della rabbia” hanno innescato proteste con lanci di pietre contro le forze di polizia, attivate per reprimerli. Alcuni media palestinesi avevano riferito di dozzine di feriti nei pronti soccorso, in condizioni gravi, colpiti da granate, lacrimogeni e proiettili di gomma della polizia israeliana. Durante gli scontri anche quattro palestinesi hanno perso la vita.
Di tutta risposta durante il successivo Shabbat una famiglia israeliana era stata pugnalata a morte in casa propria, in una cittadina in Cisgiordania, riportando alla mente le scene più tristi della storia ebraica. Le relazioni di Israele con la Giordania sono state ulteriormente messe alla prova dopo l’uccisione della guardia israeliana, all’ambasciata israeliana di Amman, da parte di un lavoratore giordano. Fonti palestinesi avrebbero poi rivelato che una seconda guardia avrebbe ucciso due cittadini giordani.
Al rientro in Israele della della guardia, questa è stata accolta e celebrata come un eroe dello Stato di Israele da Netanyahu adescando l’ira del re di Giordania Abd Allah II, che ha preteso l’abbattimento della rete di protezione dei metal detector per evitare “altre spiacevoli conseguenze”. In questo quadro c’è da dire che la Giordania è uno dei pochi Paesi non ostili ad Israele nella regione, fino ad oggi.
Nelle ultime 24 ore i camion hanno portato via le ultime attrezzature di sicurezza attraverso la Porta dei Leoni della Città Vecchia, accompagnati da un’esplosione di gioia di folle palestinesi fischianti e applaudenti.  Mentre Abbas si è detto “preoccupato” ai microfoni dell’agenzia ufficiale di stampa palestinese “Wafa”, per il futuro del popolo palestinese nella propria patria, viene da chiedersi invece quanto potranno essere tranquille le guardie israeliane.