Israele. Migranti africani: Netanyahu fa marcia indietro

di Elisabetta Corsi

A seguito delle polemiche il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha deciso di fare dietrofront circa l’espulsione dal paese dei migranti africani, in particolare richiedenti asilo di Eritrea e Sudan, e la loro ricollocazione in paesi terzi. Netanyahu aveva annunciato la cosa senza aver dato alcun preavviso o preso accordi con i paesi da lui indicati, in particolare in Italia e Germania.
Questo cambio di rotta in ogni caso non allenterà i controlli sulle immigrazioni irregolari ma darà comunque la possibilità di rinnovare i permessi di residenza ogni 60 giorni. Nel comunicare il cambio di marcia, Netanyahu ha dichiarato che “Allo stato la possibilità di procedere a espulsione in paesi terzi non è in agenda”; ciò non significa che il progetto verrà accantonato completamente dal premier, ma per il momento è stato congelato fino a data da destinarsi.
I migranti da redistribuire sarebbero stati 16mila tra eritrei e sudanesi, e se per il governo sono emigranti economici per gli interessati e le associazioni per i diritti umani si tratta di persone che scappano da guerre e persecuzioni.
Dopo il precedente annuncio di Netanyahu si era generato stupore alla Farnesina e al ministero degli Esteri tedesco in quanto non era giunto da Israele alcun preavviso, ma migranti sarebbero stati da ricollocare, nelle intenzioni del premier, anche in Ruanda e Uganda, per cui vi si era messa di traverso l’Associazione per i diritti umani, la quale si era appellata all’Alta corte di giustizia, in quanto questi ultimi erano considerati paesi non sicuri per l’incolumità dei migranti.
In tutto questo l’Onu ha chiesto a Netanyahu di considerare la possibilità di non annullare l’accordo sui migranti, e il portavoce del Palazzo di vetro ha dichiarato che “Continuiamo a credere nella necessità di un accordo vantaggioso per tutti e che possa giovare a Israele, alla comunità internazionale e alle persone che hanno bisogno di asilo e speriamo che Israele riconsideri presto la sua decisione”. Il piano con l’Onu prevedeva di redistribuire 16.520 migranti, i quali dovevano essere accolti in paesi occidentali in particolare Italia, Canada e Germania, mentre altrettanti dovevano rimanere in Israele per cinque anni, un accordo di cui i paesi che avrebbero dovuto ospitare i migranti non ne sapevano niente. In realtà è stato poi specificato che il premier ha solo fornito dei nomi di paesi che potevano essere adatti a tale scopo ma senza certezze, perché all’Alto commissariato spetta la decisione definitiva per inoltrare la richiesta, in particolare l’Italia era indicata per i ricongiungimenti familiari; i primi 6mila dovevano essere inviati ai paesi prescelti entro 18 mesi.