Khalid Chaouki, ‘doppia attenzione nel Mediterraneo’. Fratelli Musulmani? ‘Un danno per l’Islam europeo’

a cura di Vanessa Tomassini

TRIPOLI – “Ci sono segnali contrastanti, se da una parte la città di Tripoli mostra segnali di dinamicità e di una realtà molto diversa da quella che viene comunicata all’esterno, con la popolazione che vuole tornare alla sua serenità e alla sua normalità, dall’altra si susseguono in modo continuo incidenti in alcune zone della capitale, a partire dall’aeroporto. Noto anche che la società civile e la ledership libica sono stanche di questa continua instabilità e divisioni, quindi c’è la volontà di chiudere questo capitolo di lunga transizione per arrivare finalmente ad una costituzione condivisa ed all’inizio di un percorso democratico. Credo che la comunità internazionale fino ad ora non abbia agito in maniera uniforme e questo non è stato un bene perché troppe forze straniere hanno cercato di interferire nelle dinamiche interne libiche; sono tuttavia orgoglioso del ruolo italiano in tutta questa fase in cui si è cercato di preservare l’unità della Libia, lasciando anche spazio per un’evoluzione del dibattito interno”. È questo il commento sulla situazione del paese nordafricano del deputato italiano Khalid Chaouki, esponente del Partito Democratico e primo parlamentare originario di Casablanca, in Marocco, oggi presidente della Grande Moschea di Roma, incontrato durante la nostra permanenza a Tripoli nella splendida cornice dell’Hotel al-Waddan.
“Sono fiducioso, credo che la situazione rispetto al passato sia sicuramente meno conflittuale, rispetto anche alla lotta dei movimenti legati a Daesh e al salafismo jihadista, che è contenuto rispetto alla minaccia iniziale, anche se va tenuto sempre sotto attenzione se pensiamo soprattutto al tema dei foreign fighters per i quali la Libia può ancora rappresentare un luogo di transito verso il Mediterraneo”, ha aggiunto l’onorevole Chaouki rispondendo alla nostra intervista.

– Crede ci sia un rischio concreto che sui gommoni, che partono proprio dalla Libia, si possano nascondere elementi radicalizzati verso l’Italia?
“Di fronte a numeri così importanti, nessuna persona cosciente e responsabile può negare in modo assoluto questa possibilità, come aveva anche detto il ministro dell’Interno in passato. Segnalo tuttavia che c’è stata una cooperazione molto importante da parte delle forze libiche, in particolare della Guardia costiera, anche grazie ad un sostegno importante da parte dell’Italia e dell’Unione Europea e quindi c’è un lavoro di prevenzione ampiamente condiviso con le autorità di Tripoli; lo stesso autoproclamato esercito libico del generale Haftar più di una volta si è dimostrato disponibile a cooperare e credo che lo stia facendo. Il rischio non si può negare, ma c’è una doppia attenzione da parte delle due sponde del Mediterraneo che sta dando risultati importanti”.

– Mi spiega quanti e quali movimenti ci sono all’interno dell’Islam?
“Se noi parliamo dell’Islam tradizionale è chiaro che ci sono due distinzioni fondamentali: l’Islam sunnita e l’Islam sciita, poi ovviamente all’interno di ciascuna confessione e nel mondo sunnita in particolare abbiamo delle divisioni che riguardano le scuole giuridiche dell’Islam. Poi ci sono invece una serie di movimenti che sono nati successivamente, di cui alcuni hanno avuto un tratto più politicizzato, mentre atri più tradizionalista. In Europa il nostro interesse oggi è quello di promuovere un’Islam tradizionale che tenga insieme quelli che sono i principi della religione distinti da qualsiasi forma di strumentalizzazione politica e soprattutto con uno sforzo di interpretazione moderna che guardi al contesto in cui si vive, e soprattutto nel rispetto delle norme dello Stato in cui ci si trova, guardando come modello ad alcuni paesi a maggioranza musulmana in cui questo impegno è riuscito, a partire dall’esperienza del Marocco, della Tunisia ed altri paesi che hanno tentato di conciliare lo spirito di un paese liberale che rispetta tutti, le minoranze e le libertà, con quelli che sono i pilastri della società musulmana”.

– Come avviene questo in Italia? Rientra in quest’ottica il patto con l’Islam sottoscritto dal ministro Minniti?
“Il patto con l’Islam italiano promosso dal ministro dell’Interno, Marco Minniti, è stato sicuramente un passo molto importante in quanto ha lo spirito di un patto e non di un’imposizione, che in molti casi risulta controproducente e soprattutto nasce dalla consapevolezza degli stessi musulmani in Italia che è bene oggi prevenire i casi di auto-ghettizzazione, marginalizzazione o situazioni di ambiguità che aimè vengono sfruttate da gruppi estremisti per la promozione delle loro ideologie fino ad arrivare al reclutamento o al lavaggio del cervello, in particolare nei confronti delle seconde generazioni. Quindi il tema della lingua è fondamentale in quanto porta le moschee sempre più ad essere una casa di vetro rispetto alla società italiana. C’è un tema della trasparenza dei fondi che significa garantire sempre più tracciabilità e trasparenza nella gestione di questi luoghi; inoltre è molto importante aprire un canale con la comunità locale, con la scuola, con le associazioni religiose e laiche. Il dialogo interreligioso è un’altra iniziativa che noi promuoviamo e la formazione degli imam è la sfida più difficile che abbiamo attivato attraverso progetti di cooperazione che coinvolgono università italiane e quelle nei paesi musulmani, cercando di formare la figura dell’imam italiano che deve sì conoscere l’Islam, ma avere nello stesso tempo le nozioni riguardanti la sociologia, le scienze umane, la storia, il diritto del paese; proprio per non cadere nelle contraddizioni che portano soprattutto i giovani nati e cresciuti in Italia o in Europa di religione musulmana a vivere una dicotomia tra le loro identità. È questa la sfida più complicata, non è semplice e credo che la Grande Moschea di Roma può provare a fungere da modello per alcune realtà europee che purtroppo hanno in questo senso fallito”.

– Ritiene che ci siano dei rischi reali di attentati terroristici in Italia?
“Non si possono negare i livelli delle minacce e i toni degli anni scorsi e anche recenti. Devo dire che l’azione preventiva delle nostre forze di sicurezza, dell’intelligence, il livello importante di cooperazione sia con gli apparati degli altri paesi confinanti, sia con i paesi della sponda sud del Mediterraneo ed anche la capacità di interagire positivamente con i leader della comunità musulmana in Italia hanno svolto un ruolo preventivo di fondamentale importanza. Sono state espulse diverse persone che in molti casi destavano sospetto o comunque disturbo e rappresentavano dei rischi, tuttavia non può bastare quest’azione preventiva e securitaria. Io credo che sia necessario coinvolgere ancora di più la comunità musulmana ed il mondo della scuola per capire eventuali segnali di disagio o azioni di alcuni giovani, in particolare monitorando bene i social network ed appunto la scuola, così come le associazioni musulmane attraverso l’intervento degli stessi dirigenti delle moschee sentendosi in primis responsabili della sicurezza nella nazione in cui ci si trova. Non va abbassata la guardia, l’Italia è un paese di confine nel Mediterraneo e credo che fino adesso non sempre ci sia stata una cooperazione con i servizi di intelligence, europei in particolare. Fino adesso per fortuna l’Italia non è stata toccata da azioni terroristiche e credo che questo sia un bene che ha tolto argomenti a chi avrebbe investito ancora di più nel clima di paura, inoltre va dato atto al lavoro importante dello Stato Italiano e alle sue forze istituzionali”.

– Alcuni esperti sostengono che ci siano dei collegamenti, o meglio che alcuni gruppi dell’Islam politico, come i Fratelli Musulmani, flirtino o peggio ancora finanzino o supportino direttamente o indirettamente il terrorismo. Che cosa ne pensa?
“Io credo che noi in questa fase particolare, dopo le azioni di terrorismo e l’ambiguità di molti movimenti nei Paesi della cosiddetta Primavera araba, in cui rispetto alle buone intenzioni o al tentativo di dare loro una possibilità, si è verificata maggiormente una voglia di egemonia e la marginalizzazione dei filoni più laici, come accaduto in Egitto ed in altri contesti. Credo che in Europa almeno non ci sia più possibilità per permettere l’ambiguità di determinate realtà, non si possono più accettare formazioni che agiscano nella segretezza, o nella doppia realtà in molti casi, in quanto non sono un bene soprattutto per le giovani generazioni di musulmani europei che non possono e non devono essere ostaggio di queste dinamiche, a maggior ragione quanto questo si affianca a sistemi di finanziamento occulti o ad agende internazionali che rischiano di compromettere la coesione a cui tutti noi stiamo lavorando e soprattutto di alimentare conflitti in alcune zone del mondo, a partire da quello che è successo sia nel Maghreb, ma anche nel quadrante mediorientale. Penso che in particolare la Fratellanza Musulmana ha fatto troppi danni verso le dinamiche dell’Islam europeo e credo che sia utile oggi una riflessione importante rispetto a quelle che sono state le conseguenze delle azioni di questa realtà, pur rispettando la libertà di ciascuno, ma ritengo che la nostra scelta non possa essere altro che verso un Islam non politicizzato che ritrovi la sua forza nella sua dimensione più spirituale lasciando spazio all’individuo per una piena integrazione nella società in cui vive. Questa è l’opzione da sostenere”.