Kurdistan. Referendum: nonostante ayatollah e al-Abadi si va avanti, verso l’indipendenza

di Shorsh Surme –

Parte il conto alla rovescia per il referendum sull’indipendenza del Kurdistan dell’Iraq, nonostante le minacce degli ayatollah Iraniani e della Turchia del sultano Erdogan. E nonostante il premier iracheno Haider al-Abadi, il quale nello scagliarsi contro la consultazione referendaria ha affermato che se la popolazione irachena “sarà minacciata dall’uso della forza al di fuori della legge interverremo militarmente” e che “Se si cambia la costituzione e si cambiano i confini dell’Iraq, si incentivano di fatto i Paesi della regione a violare i confini iracheni. Il che è estremamente pericoloso”.
Il 25 settembre i cinque milioni di curdi del Kurdistan dell’Iraq (Kurdistan del Sud) andranno a votare il SI per realizzare finalmente un sogno, quello di un Kurdistan libro e indipendente.
Tutti i popoli hanno il diritto di autodeterminazione, e in virtù di questo diritto essi decidono del loro statuto politico e perseguono liberamente il loro sviluppo economico, sociale e culturale.
La data del 25 settembre 2017 è molto importante e sarà il primo passo quello di rendere almeno una parte del Kurdistan libero, una conquista che potrà aprire una finestra di libertà per un grande Kurdistan.
Rimanere con un governo incapace di governare è impensabile. Infatti i governi che si sono succeduti in quel paese dopo la caduta del regime di Saddam Hussein hanno portato letteralmente l’Iraq alla rovina, peggio di quanto ha fatto Saddam Hussein. Basti pensare che a 14 anni dalla caduta del regime del Partito Ba’th in Iraq mancano ancora cose essenziali come acqua potabile e elettricità, e la disoccupazione è alle stelle, il paese viene comandato letteralmente dagli ayatollah iraniani: non è possibile sottostare ancora a questo autoritarismo. 
I paesi occupanti del Kurdistan l’Iraq, dell’Iran, della Siria e della Turchia non hanno mai cercato di risolvere pacificamente la questione curda pur sapendo che il Kurdistan è stato la vittima principale del trattato segreto di Sykes-Picot, il quale ha diviso un popolo unito attraverso giochi subdoli.
Con il referendum i curdi non stanno facendo nulla d’illegale, hanno tutto il diritto d’indicare e scegliere il proprio destino. E i loro fratelli di Iran, Siria e Turchia fanno il tifo affinché possono realizzare l’indipendenza.