La Cina “colonizza” l’Africa investendo miliardi di dollari

di Francesco Cirillo

L’obiettivo principale della Cina non è il Vecchio continente ma il continente africano. L’Africa, che è stata oggetto delle imprese coloniali europee, è stata lasciata al suo destino dopo la decolonizzazione avvenuta tra gli anni ’60 e ’70. La Cina ha deciso di scommettere sul Continente Nero con investimenti da miliardi di dollari. Dal 2000, dopo la creazione del Forum Economico Cina-Africa, Pechino ha stabilito come obiettivo primario il finanziamento dei paesi che hanno carenza di infrastrutture primarie, come strade, ponti, scali portuali, senza intromissioni dirette nella politica interna degli Stati.
Il primo paese beneficiario di tali finanziamenti è stato l’Angola nel quale la Cina, grazie agli accordi che ha concluso con il l’ex colonia portoghese per lo sfruttamento delle sue risorse energetiche, ha iniziato a avviare grandi quantità di opere. L’Angola ha ottenuto i mezzi per la costruzione di infrastrutture e ricevuto ingenti quantità di capitali. La Cina inoltre ha intenzione di costruire una ferrovia transcontinentale che collegherà i giacimenti angolani con le coste africane dell’Oceano Indiano. Significativo è stato il lavoro di urbanizzazione della capitale, Luanda. Nel 2009, grazie agli investimenti cinesi, sono stati creati in Angola 330mila nuovi posti di lavoro. Il tasso di povertà in Angola è sceso dal 63% del 2002 al 38%, del 2009.
La campagna d’Africa di Pechino non è indirizzata alla sola Angola, ma anche al Sudan. Khartoum mantiene da vent’anni accordi commerciali con Pechino per lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi nel paese. La Cina, con l’importazione del petrolio Sudanese, garantisce una forte spinta all’economia di Khartoum.
Pechino ha firmato accordi per lo sfruttamento di giacimenti di idrocarburi con i governi di Ciad, Mauritania e Guinea Equatoriale. La scoperta di vasti giacimenti di petrolio, dei quali il più importante si trova a pochi chilometri dalla baia di Malabo, individuato nel 1994, ha trasformato completamente l’economia di questi paesi. Dal 2004 la Guinea Equatoriale, proprietaria del giacimento della baia di Malabo, è il terzo produttore di oro nero dell’Africa sub-sahariana, dopo la Nigeria e l’Angola, con oltre 360mila barili estratti al giorno.
Oltre a importanti investimenti economici la Cina ha da poco annunciato l’apertura di una base militare in Gibuti, paese del corno d’Africa, che ospita anche l’unica base militare stabile americana del continente africano. La base cinese servirà per dare supporto alle operazioni anti-pirateria eseguite nel tratto di mare al largo della Somalia. Pechino nel 2013 ha anche deciso di inviare un contingente in Mali che, insieme alle forze di polizia, personale medico e reparti del genio, costituisce una task force completa che opera per mantenere la pace in Mali.

Le “basi” cinesi nel continente: Sudan, Tanzania e Sudafrica.

Sudan. Dal 1996 l’estrazione petrolifera è sotto il monopolio di Pechino.
La volontà di Pechino è quella di allargare la propria sfera d’influenza economica nel continente africano. Dal Sudan Pechino ha iniziato nel 1996 la sua conquista economica dell’Africa ratificando un accordo commerciale per costruire impianti di estrazione e di raffinazione del Petrolio. Il Sudan è stata la prima commessa estera per la CNPC (China National Petroleum Corporation).

Tanzania. il mega-porto.
Il porto di Bagamoyo, in Tanzania, diverrà il porto più grande del continente Africano grazie agli investimenti della Repubblica Popolare. Lo scalo sarà in grado di gestire circa 20 milioni di container ogni anno. Con un costo stimato di 11 miliardi di dollari, una società di costruzioni pubblica cinese dovrebbe completare il porto entro il 2045.

Sudafrica. Modderfontein, la new city del Dragone?
Nel 2013 la società cinese Zendai Property Limited ha dichiarato che era in costruzione una città da 8 miliardi di dollari, fuori Johannesburg. La città si chiamerà Modderfontein New City. Diventerà de facto il quartier generale delle imprese cinesi che attualmente stanno investendo in Africa.

Le Relazioni Cina-Egitto: gli interessi cinesi nel Paese.

La Cina ha puntato i suoi occhi anche in Egitto per allacciare importanti relazioni e per controllare una via strategica per il commercio internazionale, il Canale di Suez. Pechino vuole investire nel paese nordafricano, anche vista l’identica volontà del Cairo di aprirsi agli investimenti stranieri.
Anche se l’Egitto possiede un’ingente forza lavoro, i vantaggi di posizione geografica altamente strategica ed un alto livello d’istruzione media, ha diversi problemi storici. Questi sono causati dall’obsoleto apparato delle infrastrutture, ed il settore industriale e quello manifatturiero non raggiungono livelli adeguati di produttività. Per migliorare la situazione il governo egiziano ha inserito nella propria agenda un piano di sviluppo economico che prevede la costruzione di mille impianti industriali. Tra il 2015 e il 2016 si sono intensificati gli scambi diplomatici tra il Cairo e Pechino e nel 2015 il presidente Egiziano Abdel Fatah al-Sisi si è recato in Cina dove ha siglato un accordo per la cooperazione sino-egiziana volto a rafforzare la produzione industriale nel paese nordafricano.
Nel gennaio del 2016, alla presenza del presidente cinese Xi Jinping, la China Electric Power Equipment and Technology e il ministero dell’Elettricità e delle Energie egiziano hanno ratificato un accordo per la Eetc (Egypt Electricity Transmission Company) con lo scopo di realizzare il 500kV Transmission Lines Project. Esso si dovrebbe sviluppare nell’area del Delta del Nilo, prevede la costruzione di 1.210 chilometri di linea di cavi elettrici e una produzione di energia della potenza di 500kV; i lavori dovrebbero terminare in 18 mesi al “prezzo” di 650 milioni di dollari. Quando sarà completato, consentirà di intensificare l’efficienza del sistema elettrico nazionale egiziano. Il progetto favorirà lo sviluppo economico ed energetico del paese.

L’importanza strategica del Canale di Suez.

Il presidente cinese Xi Jinping.

Nel 2015 è stato inaugurato il raddoppio di una parte del Canale di Suez ampliando il passaggio di transito da 49 a 97 navi al giorno ed eliminando i limiti di massa e volume delle imbarcazioni. L’ampliamento, voluto dal Cairo nel 2014, ha come l’obiettivo trasformare il canale in un hub economico globale. Il progetto consiste in un implemento tecnologico, nella costruzione di parchi industriali, nuovi canali e porti per accrescere il flusso delle merci.
Un esempio concreto del forte rapporto economico tra i due paesi è la China-Egypt Suez Economic and Trade Cooperation Zone, avviata nel 2009 nella parte nord-occidentale del Golfo di Suez. Si tratta di una zona posta a 120 chilometri dal Cairo ed è a ridosso di quella interessata dall’ampliamento del canale. Insomma è posizionata in un punto ideale per il trasferimento del surplus di produttività cinese. Nel 2013 gli investimenti ammontavano a circa 90 milioni di dollari, le 58 imprese che si erano stanziate avevano attirato circa 610 milioni di dollari di investimenti e creato circa duemila posti di lavoro.
L’esempio dell’infiltrazione cinese in Egitto viene dagli affari della Jushi Group Corporation, una delle principali aziende produttrici di fibra di vetro al mondo, che si è stanziata in Egitto nel 2012. Dopo solamente due anni l’impresa ha investito 223 milioni di dollari e pianificando la produzione di quasi 80 mila tonnellate di fibra di vetro annue. Attualmente la Jushi Group Corporation è la società cinese più grande presente in Egitto. Il suo intervento modernizzerà l’industria egiziana nella produzione di materiali composti, darà un enorme contributo all’occupazione, all’innalzamento del livello dirigenziale e all’aumento delle riserve di valuta estera del Cairo. Quando, ad inizio 2016, il presidente Xi Jinping si è recato in Egitto ha firmato due documenti di programmazione quinquennale per rafforzare la partnership sino-egiziana. Le iniziative previste spaziano dal settore elettrico, infrastrutturale, commerciale, spaziale, tecnologico e culturale per un valore complessivo di 15 miliardi di dollari. Nei documenti si parla anche di 2,7 miliardi, che verranno stanziati per costruire la nuova capitale amministrativa dell’Egitto, di un prestito di un miliardo di dollari per le banche egiziane e di vari accordi per la costruzione di infrastrutture sotto la direzione dell’Asian Infrastructure Investment Bank.
Questi accordi, che hanno come obiettivo il consolidamento dei rapporti tra la Cina e l’Egitto, daranno con gli investimenti cinesi un nuovo impulso allo sviluppo egiziano al fine di far diventare l’Egitto uno dei primi paesi della Nuova Via della Seta (BRI Belt and Road Initiative), che è l’obbiettivo finale degli interventi cinesi in Africa. Un obbiettivo che, se realizzato, porterà grossi vantaggi economici sia alla “Repubblica Popolare” che ai paesi interessati.