La Corea del Nord come fortezza nel sud-est asiatico

di Marco Corno

I nuovi test missilistici e l’assassinio del fratellastro Kim Jong-nam, di questi ultimi giorni, costituiscono una costante nel rafforzamento dell’autorità della dinastia Kim contro qualsiasi tipo di minaccia sia endogena che esogena. La Corea del Nord è di fatto l’unico regime totalitario (soprannominato “monarchia comunista”) ancora esistente grazie alla forte chiusura al mondo esterno in un contesto geopolitico-regionale dove la guerra fredda non sembra essere cessata a causa della mancanza di un trattato di pace ufficiale che sostituisca l’armistizio del ’53 ancora in vigore.
Quando Kim Il-sung (Il Grande Leader), padre fondatore della Corea del Nord, salì al potere nel 1945 il popolo lo acclamò come il liberatore della classe operaia-contadina dall’oppressione nipponica, in più il clima da Guerra Fredda che incominciò a divagare nel sud-est asiatico rafforzò il prestigio nazionale del Grande Leader. La politica estera di Kim I fu volta alla riunificazione della penisola coreana sotto la bandiera di Pyongyang per liberare il popolo sudcoreano “dall’imperialismo e colonialismo occidentale” ed eliminare la Corea del Sud considerata uno stato servo delle potenze straniere nonché una minaccia alla sicurezza nordcoreana. Dopo il fallimento della guerra di Corea, la destalinizzazione di Kruscev portò “il Grande Leader” ad eliminare qualsiasi oppositore al regime (quasi come se fossero delle vere e proprie purghe staliniane) nel timore che nascenti movimenti nazionali potessero minacciare l’integrità di quest’ultimo. Allo stesso tempo il Grande Leader intuì che l’unico modo per far sopravvivere il governo nel tempo era la creazione di una dinastia comunista, dall’alto e non dal basso, come garante della continuità di Pyongyang in quanto tale (a tal proposito si ispirò alla successione tra “compagni” da Lenin a Stalin, l’unica che fu in grado di dare continuazione all’ideologia originaria dell’URSS). Le conseguenze furono drammatiche per il popolo coreano poiché incominciò a nascere un vero e proprio culto della personalità di Kim Il-sung identificato nella dottrina dello Chuch-e, un miscuglio ideologico di comunismo, assolutismo monarchico, nazionalismo ed estremismo confuciano, che portò a vedere il “Grande Leader” come un semidio, il risultato fu un vero e proprio lavaggio di cervello di massa.
Il regime, dal punto di vista internazionale, negli anni a venire si chiuse “a riccio” su se stesso sempre di più proclamando l’autonomia economica, commerciale da qualsiasi potenza capitalista, in particolare da Seoul, onde evitare qualsiasi tipo di ingerenza esterna negli affari di stato.
L’inasprimento delle relazioni internazionali iniziò negli anni’80, gli aumenti della spesa pubblica militare ai danni della salute e del benessere del popolo nord-coreano furono una reazione all’amministrazione statunitense di Ronald Reagan che diede avvio al progetto geopolitico della Airland Battle volto all’aumento delle forze armate e degli armamenti atomici in Corea del Sud da sferrare contro la Corea del Nord.
L’escalation si acuisce ancora di più negli anni’90 con l’ascesa del Caro Leader Kim Jong-il al potere nel 1994. Kim II diede il via al programma politico la “milizia prima di tutto” (Son’gun Chongch’i) volta all’inserimento dei militari all’interno delle istituzioni più importanti della nazione, eliminando così l’unica minaccia che avrebbe potuto sovvertire la dinastia comunista, accelerando nello stesso momento il processo di nuclearizzazione nazionale. Il Caro Leader poté cosi rafforzare la difesa nazionale dotandosi di strumenti di deterrenza-ricatto nei confronti degli USA per attuare la politica “dell’escalation controllata” ovvero alternare periodi di tensione a periodi di dialogo con i paesi limitrofi per ottenere vantaggi economici e commerciali.
Ma la violazione dell’AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) da parte di Pyongyang portò alla Prima Crisi Nucleare Nord Coreana che venne risolta con gli Accordi Quadro tra USA, Corea del Nord, Corea del Sud e Giappone in cui si decretò la rinuncia da parte della Corea del Nord del programma nucleare in cambio dell’istituzioni di centrali nucleari per usi civili (Korean Energy Development Organization (KEDO)). Sebbene l’accordo sembrò aver dato una speranza per la stabilizzazione del Sud Est Asiatico, esso divenne immediatamente carta straccia dopo l’ascesa alla Casa Bianca di George Bush jr. I fatti dell’11 settembre portarono alla nascita della dottrina Bush basata sulla strategia del Pre-Emptive Self-defense (attacco preventivo) contro quegli stati (Stati Canaglia) che avrebbero potuto costituire una minaccia alla sicurezza nazionale statunitense specie se dotati di armi di distruzione di massa. L’inserimento di Pyongyang nel cosiddetto “Asse del male” e le successive guerre in Afghanistan e Iraq condussero il Caro Leader a considerare l’atomica come uno strumento per la difesa del regime dall’imperialismo americano (se l’Afghanistan e l’Iraq avessero avuto arsenali nucleari sicuramente la loro destabilizzazione sarebbe risultata molto più difficile).
La mancanza di dialogo tra Washington e Pyongyang causò la Seconda Crisi Nucleare Nord Coreana del 2003 che si concluse con la recessione unilaterale della Corea Del Nord dal TNP (Trattato di non Proliferazione Nucleare) in base a quanto decretato dall’articolo X del trattato. Benché il fatto abbia suscitato le critiche degli USA che hanno accusato Pyongyang di svolgere attività di produzione di bombe atomiche minanti la sicurezza internazionale, la decisione del Caro Leader è da considerarsi, dal punto di vista del diritto internazionale, lecita in quanto l’art. X accorda alle parti la possibilità di recesso: “se deciderà che eventi straordinari relativi alla materia oggetto del trattato abbiano messo in pericolo i supremi interessi del suo paese” e dato che lo statuto non contiene nessuna clausola che impedisce agli stati parti di recedere previa consultazione degli altri membri, il fatto è da considerarsi consentito.
La Corea del Nord negli anni successivi ha sviluppato enormemente il programma atomico che la ha portata all’esplosione della prima bomba atomica il 6 ottobre 2006. Neanche i colloqui a sei, I Six Party Talks (Corea del Nord, Corea del Sud, Giappone, Cina, USA e Russia), riuscirono a fermare il secondo e l’ultimo test dell’era Jong-il (2009) ormai diffidente a qualsiasi accordo con i paesi occidentali.
Tali eventi furono favoriti anche dall’errore dell’amministrazione Obama con l’adozione della “pazienza strategica” intesa come attesa di cambiamenti significativi della leadership nordcoreana, dopo la morte del Caro Leader, nella speranza di arrivare ad un riavvicinamento diplomatico, ma i cambiamenti non ci furono.
Dopo la morte del Caro Leader, salì al potere nel 2011 l’attuale Leader Kim Jong-un (il Grande Successore). Kim III, dal punto di vista nazionale, intenderebbe attuare il suo programma di prosperità e difesa (kangsong taeguk) ovvero far diventare la nazione un paese sviluppato, ponendosi come alternativa al modello di sviluppo occidentale mantenendo però una forte militarizzazione del paese. Dal punto di vista internazionale, il Grande Successore vorrebbe rafforzare le proprie relazioni internazionali con la Cina e la Russia. L’intento sarebbe quello di aprire lentamente l’economia a queste due potenze onde far fluire le risorse necessarie a far ripartire l’economia del paese per aumentare il prestigio del regime tra l’opinione pubblica nazionale assicurandosene la fiducia e il sostegno. Contemporaneamente Kim III vorrebbe incrementare il potenziale nucleare della nazione e forti investimenti sino-russi, in questo settore, garantirebbero il suo primato nel Mar del Giappone.
Per quanto riguarda il Giappone, Kim Jong-un adotterebbe una politica di contenimento-avvicinamento su Tokyo attraverso l’intermediazione della Russia di Putin che, grazie ai recenti accordi energetici di Vladivostok, ha permesso un forte avvicinamento di Tokyo al Cremlino onde evitare un possibile sviluppo negli armamenti atomici del Sol Levante, nel caso in cui Washington decidesse di ritirarsi e lasciare la sicurezza regionale ai singoli stati.
In Corea del Sud la forte crisi politica a causa della presidente Park Geun-hye, accusata di aver concesso ad un’amica Choi Soon-sil, rappresentate di una setta religiosa, di penetrare negli affari di stato, ha causato una forte frammentazione politica e instabilità che avvierebbe, nel caso la Presidente fosse condannata, nuove elezioni. Pyongyang avrebbe intenzione di effettuare degli attacchi hacker per boicottare le elezioni e favorire dei candidati più propensi ad aprire un dialogo con il regime oppure organizzare movimenti paramilitari sudcoreani che creino le condizioni per un colpo di stato a Seoul.
Nel campo del nucleare, è chiaro che lo sviluppo delle armi atomiche non può essere più fermato, Kim III lo ha fatto dedurre alla comunità internazionale con gli ultimi due test atomici del 2013 e del 2016 dove pare che sia stata detonata con successo un’arma atomica termo-nucleare molto più potente di quella scoppiata ad Hiroshima e Nagasaki. Non a caso il Grande Successore ha una visione molto più ambiziosa dei suoi predecessori, ovvero vorrebbe fare della Corea del Nord una potenza nucleare di tutto rispetto per acquistare peso politico all’interno della comunità internazionale al pari di Russia, Cina e USA.
Le testate nucleari sono, nella visione del Grande Successore, sinonimo di sicurezza e potere politico infatti i 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle nazioni Unite (USA, Russia, Cina, Francia, Regno Unito) sono tutte potenze dotate di armi atomiche.
La Cina, da parte sua, si vede costretta ad appoggiare la Corea del Nord perché una possibile caduta porterebbe le forze armate americane-sudcoreane ai confini dell’Impero di Mezzo senza contare il grandissimo flusso di profughi che si riverserebbe in Cina, i cui confini diventerebbero molto più instabili, inoltre le armi atomiche del regime nordcoreano finirebbero disperse e questo sarebbe ancora più pericoloso. Deng Xiaoping considera la Corea del Nord un paese cuscinetto volto proprio ad impedire una possibile destabilizzazione della regione ad opera della NATO e il muro costruito al confine con il sud, un territorio smilitarizzato che divide le due coree, costituisce un ulteriore contenimento ad infiltrazioni nel nord della penisola (si potrebbe dire che Pechino adotti una strategia di doppio contenimento nei confronti del Sud). La Cina, nonostante si dimostri contraria ai test atomici nordcoreani, non può fare a meno del regime neanche dal punto di vista geopolitico perché la Corea del Nord costituirebbe il primo passo verso un nuovo progetto di trasporti ferroviari nella penisola coreana che si potrebbe congiungere con i progetti energetici russo-nipponici creando una grande area geo-economica nel mare del sud-est asiatico allontanando la minaccia angloamericana dalla regione.
In definitiva la Corea del Nord è fondamentale per la sicurezza regionale e mondiale e poiché l’alternativa è una guerra atomica dalle conseguenze devastanti Pyongyang è da considerarsi un male necessario a meno che Pechino non riesca ad organizzare un colpo di stato che deponga Kim Jong-un e instauri un governo meno dittatoriale favorevole al disarmo e all’avvicinamento con l’occidente.