La Nato abbandona l’Asia centrale

di Giuliano Bifolchi  –

La NATO sta pianificando di chiudere il proprio ufficio di collegamento in Asia Centrale e quindi di diminuire ulteriormente la presenza militare occidentale in una regione significativa dal punto di vista strategico, economico e della sicurezza.
A fine marzo 2017 l’ufficio di collegamento dell’Alleanza Atlantica di base a Tashkent in Uzbekistan chiuderà e passerà tutte le proprie mansioni ad un team che lavorerà nel quartier generale della NATO a Bruxelles. A dare la notizia è stata Rosaria Puglisi, ufficiale di collegamento della NATO in Asia Centrale, in un’intervista rilasciata all’agenzia di informazione Ferghana.ru nella quale ha sottolineato che tale decisione è dovuta soltanto ai motivi economici a seguito di un’analisi interna del budget. Puglisi quindi ha smentito le voci circa le motivazioni politiche e le pressioni da parte dell’Uzbekistan e degli altri paesi della regione per tale chiusura.
Tale decisione avrà una ripercussione importante a livello regionale perché implicherà una diminuzione della presenza e dell’influenza della NATO e dell’occidente nella regione centro asiatica la cui importanza è data da motivazioni di sicurezza regionale connesse con quella internazionale, basti pensare che in Afghanistan si continua a combattere una guerra dal 2001 che contrappone le forze di sicurezza locali ed internazionali a quelle Talebani e del terrorismo internazionale, e da motivazioni di natura economica grazie alla strategia One Belt, One Road avviata da Pechino conosciuta da tutti come Nuova Via della Seta, che conferisce all’Asia Centrale un ruolo di primo piano. In questo modo l’influenza cinese, garantita negli ultimi anni grazie agli ingenti fondi forniti dal governo di Pechino alle repubbliche centro asiatiche, vedrà una crescita significativa ed andrà a contrastare quella statunitense in progressivo calo, specialmente dopo gli anni di amministrazione Obama, e quella russa dovuta maggiormente ad una presenza militare in basi dislocate nella regione e da una comunanza storica che risale al periodo sovietico.
L’esperienza della NATO in Asia Centrale ha così avuto vita breve, con l’ufficio di Tashkent aperto soltanto nel 2013 con la funzione coordinatore delle attività nella regione (tra le principali la logistica del materiale bellico in ingresso ed uscita dall’Afghanistan), il quale conta soltanto quattro persone tra cui due assistenti locali. Dopo la chiusura della base militare aerea statunitense in Uzbekistan nel 2005 ed in Kyrgyzstan nel 2014, il rimpatrio del contingente francese dal Tagikistan nel 2014, e la chiusura della base militare aerea tedesca in Uzbekistan nel 2015, la recente “soppressione” dell’ufficio di collegamento della NATO nella regione sembra essere l’ultimo passo di una politica dell’Alleanza atlantica ed occidentale di ritiro dalla regione.
Asia centrale che però in questo momento sta vivendo uno dei periodo più delicati degli ultimi vent’anni a causa dell’incremento della minaccia terroristica, che ha da sempre interessato l’Uzbekistan con il Movimento Islamico dell’Uzbekistan (IMU) e che sta guadagnando terreno in Kazakhstan, paese che il prossimo anno ospiterà Expo 2017 e che soffre di smarrimento dopo la morte di Nursultan Nazarbaev, il quale ha guidato lo Stato fin dalla sua indipendenza. A questo si deve aggiungere un’instabilità politica locale dovuta nel caso dell’Uzbekistan alla recente morte del leader storico Islam Karimov, con le successive ripercussioni economiche e sociali che l’attuale governo sta cercando di fronteggiare, e nel caso del Tagikistan per la situazione economica precaria unita ad una politica di repressione nei confronti dell’opposizione musulmana.

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