La persecuzione sovietica della Lettonia, dal 1918 a oggi (1988)

di Alexander V. Berkis, traduzione di Gianfranco Spotti –

di Institute for Historical Review (USA) – (Questo articolo fu presentato alla 8a. Conferenza dell’Istituto di Rassegna Storica, Ottobre 1987, a Irvine, California del Sud. Fu pubblicato nel Journal of Historical Review nella primavera del 1988 (vol. 8, N0. 1)
Il punto focale di questo articolo è l’oppressione e la persecuzione che i governanti dell’Unione Sovietica hanno inflitto allo stato Baltico della Lettonia, dalla sua dichiarazione di indipendenza nel 1918, ad oggi (1987). L’Armata Rossa invase e occupò la Lettonia tre volte negli ultimi 70 anni; dalla sua più recente aggressione, nel 1944, ne conseguì una continua ed illegale occupazione del paese. Ogni incursione sovietica veniva accompagnata da uccisioni di massa e deportazioni di lettoni. Le autorità sovietiche tentarono di distruggere il concetto di nazione lettone annettendo illegalmente la Lettonia all’URSS e tramite misure miranti a sradicare le tradizioni religiose, culturali e storiche lettoni. Tuttavia, il popolo lettone, in casa propria e in esilio, ha combattuto per difendere la loro appartenenza nazionale con tutti i mezzi a loro disposizione.

LA LETTONIA SOTTO DOMINIO STRANIERO, 1290-1918
Da quando si è instaurato in Russia il regime comunista intensificando l’oppressione già esistente sotto il governo zarista, si rende necessario dare un breve sguardo alla storia della Lettonia sotto il dominio straniero. Nel 1290 tutta la Lettonia era stata conquistata dai Cavalieri Teutonici e dall’Ordine Livoniano. Dal 1290 al 1561 la Lettonia appartenne alla Confederazione di Livonia che includeva anche l’Estonia. La caduta della Confederazione di Livonia fu causata dall’invasione della Russia sotto il dominio di Ivan IV (il Terribile). Poiché la Confederazione non era in grado di difendersi, chiese l’aiuto di Polonia-Lituania, Svezia e Danimarca. Come conseguenza della lunga Guerra Livoniana (1558-1582), la Livonia settentrionale, inclusa l’Estonia meridionale, divenne una provincia polacca (1561-1629). Dopo la guerra di successione polacco-svedese, la Livonia occidentale, inclusa la capitale Riga, e tutta l’Estonia divennero una provincia svedese (1629-1721). La Livonia orientale rimase una provincia polacca fino al 1772; dopo la prima partizione di Polonia-Lituania, in quell’anno fu annessa dalla Russia.
L’ultimo Maestro dell’Ordine Livoniano, Gotthard Kettler, fondò il Ducato di Curlandia che durò come stato quasi indipendente sotto sovranità polacca per oltre due secoli (1561-1795). Non si esagera dicendo che la storia del Ducato di Curlandia è stata quasi dimenticata fin dal 1795, sebbene il Duca James (1639-1682) e i suoi successi erano ben noti nel diciassettesimo secolo. Il duca possedeva due colonie della Corona, l’isola di Tobago nelle Indie Occidentali e la Gambia, nell’Africa Occidentale, nonché dei territori minerari in Norvegia i quali, come le sue colonia di Tobago e Gambia, furono colonizzati dai Curlandesi.
Curlandia fu anche una potenza navale. Solo l’Olanda, l’Inghilterra, la Spagna e il Portogallo avevano forze navali più imponenti al tempo del Duca James. Gli olandesi invidiosi chiamavano il Duca James “ il Duca skipper “ per via della fiorente prosperità curlandese durante l’epoca mercantile che fece della Curlandia i rivali degli olandesi. James veniva anche chiamato “ il mercante sul trono ducale “.
Dopo la terza partizione di Polonia-Lituania (1795), il Ducato di Curlandia e Lituania furono annessi dalla Russia. Va sottolineato che durante la Guerra Livoniana e la Grande Guerra del Nord (1700-1721), i russi commisero atrocità su larga scala in Lettonia. Durante la Grande Guerra del Nord, questi comportamenti russi protarono a una pestilenza che uccise i due terzi della popolazione lettone.
La sistematica persecuzione dei lettoni da parte dei russi iniziò quando l’intera Lettonia si trasformò in provincia russa di Livonia e Curlandia. Non paghi di sopprimere le velleità lettoni all’autodeterminazione, le autorità russe intensificarono il programma di russificazione della Lettonia durante tutto il 19° secolo. Dal 1883 in poi, il russo era la sola lingua insegnata nelle scuole lettoni. Gli allievi venivano punti se trovati a parlare lettone fra loro. I lettoni istruiti non potevano avere un lavoro nella loro professione all’interno del loro paese, ma appunto per la loro bravura e affidabilità, riuscivano ad averlo proprio in Russia.
Durante il Risveglio Nazionale (o Nazionalismo Romantico) che fiorì nella Lettonia del 19° secolo, i leaders dei relativi movimenti, Krisjanis Voldemars (1825-1891) e Krisjanis Barons (1835-1923), furono gli obiettivi della repressione russa. Considerati politicamente pericolosi, furono costretti a vivere in Russia, in esilio dalla Lettonia, per tre decenni. Tuttavia, alcuni storici lettoni li rimproverano di aver trascurato l’indipendenza politica della Lettonia. Voldemars e Barons non si spinsero oltre il raccomandare ai loro concittadini di coltivare la loro lingua e le tradizioni nazionali, sebbene favorissero la crescente indipendenza economica della Lettonia tramite l’accumulo di ricchezza.
Quando la Russia fu in preda alla rivoluzione del 1905, i nazionalisti lettoni chiesero l’autonomia politica della Lettonia. Le autorità zariste risposero con uccisioni di massa e deportazioni in Siberia.
 Rappresentativa dei destini dei leaders nazionalisti lettoni più fortunati dell’epoca fu l’esperienza di Karlis Ulmanis, futuro presidente della Lettonia. Fu incarcerato per diversi mesi in seguito alle sue attività nel 1905. Al suo rilascio dalla prigione, le autorità zariste tentarono di arrestarlo nuovamente. Ulmanis se ne andò allora in esilio in America dove visse dal 1906 al 1913.
Nel 1913 la Duma russa approvò un decreto di amnistia per celebrare i trecento anni della dinastia dei Romanov. Ulmanis e altri leaders lettoni tornarono dall’esilio in tempo per assistere allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, che portò alla deposizione di Nicola II° e della sua dinastia, alla presa di potere dei Bolscevichi e all’indipendenza delle nazioni Baltiche.

L’INDIPENDENZA LETTONE E LA PRIMA OCCUPAZIONE SOVIETICA
E’ impossibile trattare dell’indipendenza della Lettonia (1918-1940) e delle tre occupazioni sotto il regime sovietico, senza discutere brevemente della vita del Presidente della Lettonia Ulmanis (1877-1942?). Osservatori stranieri, storici inclusi, hanno identificato Ulmanis nella Lettonia e la Lettonia in Ulmanis. In effetti i due nomi sono inseparabili. Lo scrivente di questo articolo non conosce nessun altro esempio nella storia dove una sola persona abbia dominato in modo così completo la storia e la vita di un paese come fece Ulmanis, sia come leader che come leggenda in Lettonia.
Karlis Ulmanis nacque il 4 Settembre 1877 a Zemgale, nella Lettonia meridionale, nel territorio dell’ex Ducato di Curlandia. Ottenne un diploma in agronomia dall’Istituto di Agronomia di Lipsia, in Germania nel 1905, e un dottorato in agricoltura all’Università del Nebraska nel 1909 durante l’esilio americano. Nel 1916, tornato in Lettonia, Ulmanis fondò l’Unione degli Agricoltori, o Partito e ne divenne il leader, una posizione che avrebbe mantenuto fino alla caduta dell’indipendenza lettone nel 1940. Durante gli anni successivi Ulmanis organizzò i principali politici lettoni e con loro formò il Consiglio del Popolo.
Il 18 Novembre 1918, il Consiglio del Popolo proclamò l’indipendenza della Lettonia, Vedendo in Ulmanis il solo candidato disponibile, capace, intraprendente e coraggioso abbastanza da governare la Lettonia, il consiglio lo elesse primo ministro (o presidente ministro) del governo provvisorio. Le condizioni politiche di allora in Lettonia erano molto complicate, perché nel 1918 l’intero territorio fu occupato dall’esercito tedesco. La Lettonia subì più devastazioni nella guerra di quanto ne subì il Belgio. Dopo che la Germania firmò l’armistizio l’11 Novembre, la disciplina dei soldati tedeschi crollò e l’esercito sovietico si inserì gradualmente nell’indifesa Lettonia. Nel Febbraio 1919, tutta la Lettonia, tranne la parte occidentale, che costituiva meno di un ottavo del suo territorio, era stata occupata dai sovietici. (1)
Nella Lettonia occupata le autorità sovietiche emisero decreti che nazionalizzavano la proprietà, senza compensi per gli ex proprietari. Tutta la proprietà terriera fu nazionalizzata e venne decretato il lavoro obbligatorio. I comunisti requisivano vestiario e calzature. Imposero tasse esose, persino gli operai dovevano pagare imposte maggiori. Tutti questi decreti violavano apertamente il diritto internazionale. Siccome le misure sovietiche non potevano essere attuate senza l’arma del terrore, migliai di lettoni furono assassinati, torturati o morti di fame. Le prigioni erano stipate.
All’inizio del 1919 il potere era ampiamente nelle mani dei consigli locali, o “soviets”. Questi apparati per lo più si occupavano di scovare i presunti controrivoluzionari. Di notte decidevano chi arrestare ed era infatti di notte che le vittime venivano arrestate. Agricoltori, artigiani, operai e intellettuali venivano tutti arrestati. Nessuno poteva sentirsi al sicuro. I tribunali rivoluzionari erano sempre al lavoro ed emettevano numerose sentenze di morte. La “legge” che i “giudici” applicavano era “consapevolezza rivoluzionaria”. Verso l’alba, unità speciali, si occupavano dei lettoni condannati, ordinando loro di togliersi i vestiti per poi fucilarli.
I crimini commessi dai sovietici contro la crema della nazione lettone rasentava il genocidio e provocò una guerriglia su vasta scala contro le truppe russe. Gradualmente, il governo Ulmanis, con l’aiuto dei soldati tedeschi, riconquistò la Lettonia occupata. All’inizio del Febbraio 1920, tutta la Lettonia era liberata. L’Unione Sovietica, troppo occupata nella guerra civile contro i generali Russi Bianchi, concluse un trattato di pace con la Lettonia l’11 Agosto 1920. (2)
Durante la Guerra di Liberazione Lettone, Ulmanis formò tre governi. All’inizio del Maggio 1920 l’Assemblea Costituente si riunì ed autorizzò Ulmanis a formare il suo quarto governo. Questo governo riuscì ad ottenere per legge il riconoscimento della Lettonia dalla Gran Bretagna, Francia, Italia, Giappone e Belgio il 26 Gennaio 1921. Qualche mese dopo l’Assemblea Costituente obbligò Ulmanis a dimettersi in seguito al fatto che un buon numero di delegati furono licenziati in quanto invidiosi della leadership di questo uomo forte. (3)

GLI ANNI FRA LE DUE GUERRE
L’influenza di Ulmanis rimase comunque forte. Nel 1925 divenne primo ministro del suo quinto governo dal quale si dimise nel 1926. Ulmanis formò il suo sesto governo durante la crisi economica del 1931, la quale fu piuttosto moderata nella Lettonia agricola. Non c’era disoccupazione, anzi, veniva importata dall’estero la manodopera. Tuttavia, molti lettoni accusavano il sistema parlamentare dei problemi economici. Divenne quasi proverbiale dire che quando la Lettonia attraversava tempi difficili, Ulmanis faceva sempre la sua apparizione per risolvere i problemi. Osservatori stranieri notarono che i parlamenti ed i loro membri venivano eletti e sconfitti, ma Ulmanis restava. Infatti i governi di coalizione raramente potevano essere formati senza l’accordo di Ulmanis, persino quando altri membri dell’Unione degli Agricoltori venivano scelti come primo ministro a causa dell’invidia degli altri partiti per Ulmanis.
Nel Marzo 1934 Ulmanis divenne il settimo e ultimo primo ministro con il sistema parlamentare. Il popolo lettone ne aveva abbastanza della corruzione dei molti partiti del paese. Il 15 Maggio 1934, Ulmanis portò a termine un colpo di stato senza spargimento di sangue e sciolse il parlamento e tutti i partiti. (4)  Fu acclamato da un mare di lettere e telegrammi ritenendolo colui che stava restaurando l’unità della Lettonia. Il terzo presidente lettone, Alberts Kviesis, anch’esso iscritto all’Unione degli Agricoltori, invitò Ulmanis e i ministri dell’ottavo ed ultimo dei suoi governi al castello presidenziale. Il presidente Kviesis annunciò che in seguito alla straripante maggioranza di lettoni che stava dietro al governo di Ulmanis, egli considerava il colpo di stato di Ulmanis come avente valore di plebiscito. Kviesis diede così la sua approvazione e benedizione al nuovo governo di unità nazionale. Questo governo rimase in carica per oltre sei anni, fino a che l’Unione Sovietica invase la Lettonia. La gratitudine del popolo lettone era sempre con l’eroico e mitico primo ministro della Guerra di Liberazione lettone, Karlis Ulmanis.
Il personaggio di Ulmanis non può però essere trascurato con riguardo alla tragica caduta della Lettonia indipendente. Dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, la Lettonia e gli altri stati Baltici furono isolati. In queste condizioni l’Unione Sovietica obbligò l’Estonia, la Lettonia e la Lituania a firmare accordi di assistenza reciproca e furono create basi russe dell’esercito, della marina e dell’aviazione in questi paesi praticamente indifesi. (5)

LA SECONDA OCCUPAZIONE SOVIETICA
Ulmanis sperava di guadagnare tempo firmando il patto. In effetti guadagnò tempo fino al 17 Giugno 1940. Il collasso della Francia spronò l’Unione Sovietica a richiedere la totale occupazione dei paesi Baltici e la formazione nell’ambito di essi di governi filosovietici. Ulmanis accettò l’ultimatum e si rifiutò di andare in esilio. Rimase tecnicamente il presidente della Lettonia fino al 22 Giugno 1940, senza alcun potere o incarico. Il 22 Lulgio fu deportato in Unione Sovietica. Il luogo, la data e le circostanze della morte di Ulmanis sono sconosciute, nonostante alcune fonti affermino che morì nel 1942.
Iniziò così la seconda occupazione sovietica della Lettonia. Si dimostrò essere molto più disastrosa della prima. Nelle prime settimane dall’invasione dell’Armata Rossa, i leader politici lettoni, incluso un noto ex vice presidente e ministro della guerra, Generale Janis Balodis, furono arrestati  e deportati.
Gli arresti di massa avvennero mesi più tardi, dopo che i rappresentanti consolari e diplomatici stranieri se ne erano andati dalla Lettonia non potendo così riferire ai propri governi i crimini commessi dai sovietici.  Ci sono prove documentarie autentiche che l’11 Ottobre 1940, l’NKVD, la polizia segreta sovietica, emanò un dettagliato ordine di deportazioni di elementi anti-sovietici dalla Lituania, Lettonia e Estonia (Ordine N° 001223). Fu firmato dal Commissario del Popolo per la Pubblica Sicurezza, Serov, provando che l’ordine fu emanato mentre gli stati Baltici erano ancora nazioni indipendenti. (6)  Inutile dire che tutto ciò violava enormemente i principi di base del diritto internazionale. Le liste dei cosi detti elementi antisovietici era stata compilata tempo prima dai comunisti del posto e da traditori ben pagati.
Ben consci del malcontento dei lettoni, il governo sovietico ritenne necessario architettare “ l’approvazione “ volontaria dell’occupazione della Lettonia. Quindi le autorità sovietiche ordinarono un elezione parlamentare. Nelle elezioni messe in scena il 14 e 15 Luglio 1940, fu ammessa una sola lista di candidati, approvata da Andrei Vishinsky. Il parlamento “eletto” all’unanimità dichiarò che la Lettonia fosse trasformata in una Repubblica Sovietica e fece richiesta al “parlamento” Sovietico affinché la Lettonia fosse ammessa all’Unione Sovietica. La costituzione della Lettonia del 1922 diceva che qualsiasi questione inerente l’indipendenza del paese doveva essere decisa da un plebiscito. Il governo sovietico se ne infischiò altamente e pertanto la Lettonia non fu mai  considerata legalmente incorporata nell’Unione Sovietica. Inoltre, secondo il diritto internazionale, nessuna elezione condotta sotto l’occupazione di truppe straniere può essere considerata valida.
Il ministro della Lettonia a Washington, Dr. Alfred Bilmanis,  al quale erano stati conferiti poteri di emergenza dal governo legittimo, ed il ministro della Lettonia  a Londra, Karlis Zarins, dichiararono conformemente le elezioni come nulle e non valide. I loro poteri di emergenza erano stati conferiti dal governo lettone già dal 18 Maggio 1940, col Dr. Bilmanis nominato come sostituto di Zarins in caso di morte del ministro lettone a Londra. Il detentore dei poteri di emergenza di stato era autorizzato a nominare i delegati alle conferenze internazionali, nonché nominare e trasferire il personale delle ambasciate e dei consolati lettoni. Infatti a Zarins furono assegnate le funzioni di presidente e di governo della Lettonia. Il governo fantoccio lettone dichiarò entrambi traditori e li privò della cittadinanza lettone.
La sovietizzazione della Lettonia procedeva rapidamente. Alla fine di Settembre del 1940, tutte le “grandi” proprietà private, industria privata, commercio, banche, trasporti, terra e relative risorse naturali  e immobili in locazione erano state nazionalizzate senza alcun compenso per i proprietari. Anzi, essi furono diffamati e marchiati come sfruttatori e nemici delle masse lavoratrici. I fondi in possesso delle banche nazionalizzate e disorganizzate furono convertiti in carta senza valore ed iniziarono a invadere il paese banconote di rubli sovietici altrettanto senza valore. Vennero fissati prezzi alti in rubli per tutte le merci. Soldati dell’Armata Rossa e funzionari sovietici svuotarono i magazzini.
Durante la fase principale del programma di deportazione di massa, almeno 35.828 persone vennero deportate o assassinate. Fonti americane e altre fonti straniere stimano a 60.000  il numero di persone di tutte le età deportate o assassinate. Dopo lo scoppio della guerra russo-tedesca, i soldati lettoni, obbligati a servire nell’Armata Rossa contro ogni principio del diritto internazionale, si ritirarono in Russia oppure furono uccisi. Molti civili furono portati via dalle autorità sovietiche che si stavano ritirando. Designati in modo particolare allo sterminio furono i funzionari di governo, appartenenti al mondo intellettuale e ufficiali dell’esercito in pensione.
Fa sottolineato che gli intellettuali soffrirono molto la persecuzione perché durante la Guerra di Liberazione lettone, quasi tutto il corpo studentesco dell’Università della Lettonia entrò volontario per combattere contro l’Armata Rossa. Perciò i sovietici chiamavano l’Università della Lettonia un covo di arcireazionari. Tuttavia, né fra gli intellettuali, né fra i capitalisti, i sovietici trovarono i loro più acerrimi nemici. Questi erano fra gli agricoltori perché in Lettonia il 62% degli abitanti erano agricoltori con le loro famiglie. Dal punto di vista sovietico la spina dorsale della stabile classe media doveva essere spezzata in qualsiasi modo. Lo scoppio della guerra russo-tedesca evitò che il regime sovietico collettivizzasse con la forza l’agricoltura. (7)   Al terrore sovietico si oppose la rivolta di ufficiali e uomini arruolati dalla ex Milizia Territoriale lettone, un esercito di riserva ben addestrato, e altri nazionalisti lettoni. Presero il controllo della maggior parte della Lettonia dopo lo scoppio della guerra russo-tedesca. L’esercito tedesco conquistò soltanto le città principali: Riga, Liepaja (Libau in tedesco), Ventspils (Windau in tedesco), Jelgava (Mitau in tedesco) e Daugavpils (Dunaburg in tedesco). Nei primi giorni del Luglio 1941, tutta la Lettonia era occupata dall’esercito tedesco. La guerra attraversò la Lettonia come un uragano. Nonostante la liberazione tedesca, i lettoni furono presto delusi poiché divenne ovvio che il governo di Hitler non aveva alcuna intenzione di restaurare l’indipendenza della Lettonia.
A partire dal Luglio del 1944, le truppe tedesche iniziarono a ritirarsi gradualmente dalla Lettonia dopo pesanti combattimenti. La superiorità dell’Armata Rossa  era in gran parte dovuta alle forniture di  armi e tutti i tipi di materiali da parte degli Stati Uniti e dell’Impero Britannico. L’8 Maggio 1945 le truppe tedesche deposero le armi in base alle condizioni della resa incondizionata tedesca sia sul fronte occidentale che su quello orientale.
Accorgendosi che con la terza occupazione della Lettonia da parte dell’Armata Rossa, il terrore sovietico sarebbe stato presto imminente, molti attivisti lettoni videro nell’esilio la loro sola speranza di futuro. L’esperienza aveva insegnato loro che nulla è peggio del comunismo. In base alle informazioni fornite dalla Croce Rossa lettone, nel 1947 c’erano 147.000 rifugiati politici lettoni, la stragrande maggioranza di questi in Germania Occidentale. Questa è da considerarsi una stima in difetto.

SCONFITTA E RIOCCUPAZIONE
Quei lettoni che rimasero in Lettonia non si fecero illusioni sul loro destino. Nel giro di pochi giorni l’Armata Rossa fu seguita dall’NKVD. La polizia segreta rossa interrogò immediatamente la popolazione tramite questionari obbligatori. I sovietici affermarono che tutti coloro che non si erano ritirati con le forze sovietiche prima dell’avanzata dell’esercito tedesco, erano nemici dell’Unione Sovietica e meritavano una punizione esemplare. Le domande alle quali ogni lettone era obbligato a rispondere, includevano quesiti come: “ Perché non vi siete ritirati con l’esercito sovietico nel 1941? “ – “ Che lavoro svolgevate durante l’occupazione tedesca? “ – “ Che tipo di atti di sabotaggio antitedesco avete effettuato? “ – “ Fate il nome di tre collaboratori dei tedeschi “. Agli uomini venivano destinati cartoncini rossi per il servizio militare, verdi per il lavoro forzato e bianco per la deportazione. I tribunali popolari, riunitisi senza la presenza degli accusati,  condannarono i patrioti lettoni a lunghi anni di prigione o a deportazione nei Gulag, mentre le loro famiglie vennero prelevate, separate negli smistamenti ferroviari e portate via verso regioni remote dell’Unione Sovietica. All’inizio del 1948 la collettivizzazione fu imposta su quasi tutte le proprietà terriere. L’Università della Lettonia fu completamente russificata e sovietizzata. Un risultato persino più preoccupante della terza occupazione dell’Armata Rossa fu l’introduzione nel paese di un grosso numero di russi etnici e nativi delle repubbliche asiatiche dell’URSS  per sostituire i lettoni deportati. (8)

LA RESISTENZA DELLA GUERRIGLIA LETTONE
Le misure sovietiche causarono una sanguinosa guerriglia su vasta scala, non solo in Lettonia ma in Estonia e Lituania dove furono imposte politiche simili. Dal 1944 al 1952, e su scala più ridotta, fino al 1956, accesi combattimenti imperversavano ancora nelle campagne. Soltanto dopo il fallimento della rivolta ungherese nel 1956 i popoli baltici si accorsero che le democrazie occidentali non potevano e non volevano sostenerli.
La guerriglia più accesa si svolse in Lituania. Secondo fonti lituane, i lituani persero 30.000 uomini. Le perdite sovietiche ammontano a non meno di 80.000 soldati e uomini dell’NKVD. Queste stime sono state corroborate dalla testimonianza di funzionari sovietici che avevano precedentemente partecipato a sopprimere i combattenti per la libertà lituana, dopo essersi auto esiliati. (9)
Le autorità sovietiche parlarono in modo molto franco dell’importanza della guerriglia. Stimarono che ci fossero circa 9.000 partigiani lettoni i quali venivano definiti con disprezzo come: “banditi fascisti”. Il regime comunista bollò i lettoni come un popolo contro-rivoluzionario e antisovietico. Essere definiti in questo modo dai sovietici era però un complimento. E questo era inoltre qualcosa di nuovo perché è sempre stata una pratica standard sovietica quella di fingere amicizia con tutti i popoli e differenziare fra “sfruttatori”, i “nemici del popolo” e la popolazione in generale.
Va detto che le fonti lettoni citano all’incirca lo stesso numero di partigiani nazionali. Nella media i partigiani partecipavano ai combattimenti per due o tre anni e poi venivano sostituiti da altri uomini con addestramento militare. Fino al 1949 i partigiani nazionali controllavano molte parti della Lettonia, specialmente la penisola di Curlandia. I loro successi si possono spiegare col fatto che circa il 43% della Lettonia è coperto da foreste, laghi e paludi. Questo territorio veniva sfruttato da esperti combattenti delle due divisioni della Legione Lettone mobilitata dai tedeschi. Quando la Germania capitolò, questi si ritirarono nelle foreste. Queste truppe lettoni portarono appresso le armi, disponendo di ulteriori armi e munizioni nei depositi dell’esercito tedesco nella fortezza di Curlandia, ultimo rifugio trincerato del Gruppo Armate del Nord di Hitler. In seguito usarono armamenti catturati ai russi. Ma soprattutto poterono contare sul sostegno della stragrande maggioranza dei lettoni.
Dopo la collettivizzazione dell’agricoltura, le autorità sovietiche effettuarono la loro deportazione più importante che riguardava più che altro la popolazione contadina, nel 1949. Questa mossa privò notevolmente i partigiani nazionali delle forniture di viveri, sostegno civile e di nuove reclute. Tuttavia i partigiani erano così intraprendenti che riuscirono a impossessarsi di cibo e soldi dalle fattorie collettive e dai magazzini statali.
La collettivizzazione e le deportazioni di massa segnarono comunque l’inizio della fine della guerriglia su vasta scala. Gradualmente i partigiani furono smobilitati. Furono loro forniti documenti di identità falsi o comperati sul mercato nero in modo da riuscire a rientrare fra la popolazione civile.
Il tema sul destino degli ex partigiani è ancora  aperto. Coloro che criticano la guerriglia sostengono che fu una causa persa fin dall’inizio. Infatti, i partigiani nazionali, passando per le armi molti funzionari sovietici, facevano sì che molti altri temessero per la loro vita. In molti casi funzionari sovietici  chiudevano intenzionalmente un occhio sui partigiani sopravvissuti, in particolare quando si trasferivano lontano dalle loro residenze precedenti o nella grande città di Riga con i suoi 700.000 abitanti. I comunisti temevano la rappresaglia e questo era l’unico argomento che capivano. Non va nemmeno trascurato il fatto che i partigiani nazionali crearono una leggenda che sarebbe durata nel futuro. I soli popoli che meritano stati indipendenti sono quelli disposti a combattere per questo!
Lo scrivente di questo articolo ha il triste compito di far notare che la nobile aspirazione e la speranza del presidente Ulmanis di salvare il popolo lettone dallo sterminio, accettando l’ultimatum dell’Unione Sovietica senza offrire resistenza armata, si dimostrò sbagliata. Le deportazioni di massa messe in atto dal governo dell’Unione Sovietica, la mobilitazione di oltre 150.000 lettoni da parte dei tedeschi e la sanguinosissima guerriglia, provocarono così tante perdite alla popolazione da non riuscire a darne una stima corretta nemmeno oggi. Questi dolorosi fatti non possono sminuire i successi raggiunti dal presidente Ulmanis e il suo coraggioso modo di governare.
Donald Day, corrispondente del CHICAGO TRIBUNE nell’Europa Orientale per 22 anni, nel suo libro Onward Christian Soldiers (avanti soldati cristiani) dedica più pagine a Ulmanis che a qualsiasi altro statista, incluso il Maresciallo Polacco Pilsudski. Secondo Day, Ulmanis credeva che la migliore speranza dei lettoni per una futura esistenza nazionale era quella di incrementare il tenore di vita e la cultura ad un livello tale che la gente, indipendentemente da ciò che avrebbe portato il futuro immediato, avrebbe sempre fatto tesoro di questi ricordi nei loro cuori. Ad opinione di Day, Ulmanis fu l’ultimo uomo di rilievo che la Lettonia abbia mai avuto. (10)  Karlis Ulmanis fu il grande presidente di un piccolo paese. Dopo il patto Hitler-Stalin e lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, solo Dio poteva salvare la Lettonia.
Un malinteso andrebbe corretto. C’è ancora una diffusa credenza nelle democrazie occidentali che il Comunismo è un male minore rispetto al Nazionalsocialismo. L’ex marxista Aleksandr I. Solzhenitsyn, con molta riluttanza, riconobbe che il Nazionalsocialismo era un male minore rispetto al comunismo. In effetti va rilevato che persino William L. Shirer, il cui sentimento antitedesco circa tutti i periodi della storia della Germania era ben noto, quando scrisse della Lettonia e degli altri stati Baltici nel suo libro The Rise and Fall o f the Third Reich (l’ascesa e la caduta del Terzo Reich), affermò che Stalin, trattando con i piccoli stati, poteva essere tanto duro e spietato quanto Hitler e persino più cinico. (11)

RESISTENZA LETTONE, OPPRESSIONE SOVIETICA
Dopo la fine della guerriglia, i lettoni iniziarono una resistenza passiva. Nonostante il ben noto individualismo lettone, che portò attenti osservatori esterni a dire che i lettoni sono forti come individui ma deboli come insieme, il regime sovietico favorì una forte unità nazionale. Ora, nella Lettonia occupata dai sovietici, i lettoni aiutano i loro concittadini in tutti i modi possibili. Non ci sono più partiti in Lettonia: tutti lettoni costituiscono una comunità sofferente.
In genere i lettoni fanno del loro meglio per mantenere la loro lingua, la loro cultura e le tradizioni nazionali. Soprattutto hanno fatto e continuano a fare il possibile a dare ai loro figli la migliore educazione. In questo hanno avuto successo perché i lettoni, assieme agli estoni, sono i più istruiti fra i popoli occupati e di gran lunga più istruiti dei russi.
Nonostante gli sforzi dei lettoni per sopravvivere come popolo, il panorama si ingrigisce col passare degli anni. Dopo la grande deportazione del 1949, non ci sono più state deportazioni di massa. Anzi, dopo la morte di Stalin nel 1953, fu proclamata un amnistia per alcune categorie di prigionieri politici. Diverse migliaia di lettoni tornarono nel loro paese natio, la maggior parte di loro invalidi, spezzati nel corpo e nello spirito, ma le deportazione dalla Lettonia stanno continuando poiché i giovani sono allettati dall’andare a coltivare terre vergini o lavorare nel settore minerario nell’Asia Centrale e in Siberia.
La guerra durata otto anni con l’Afghanistan offrì al governo dell’Unione Sovietica una nuova occasione di deportare giovani lettoni. Lettoni, lituani, estoni, ucraini, georgiani, armeni e altre etnie venivano mandati come soldati in Afghanistan ad eliminare gli afghani e nello stesso tempo, risparmiare il più possibile vite russe. Le perdite fra i soldati lettoni sono molto alte perché le autorità sovietiche li ingaggiano deliberatamente nelle operazioni militari più rischiose. Le organizzazioni lettoni in esilio sono riuscite in un qualche modo a raggiungere degli accordi con i combattenti afghani per risparmiare la vita ai prigionieri di guerra lettoni. Ma queste misure raggiungevano un risultato molto limitato perché la varie tribù afghane mancavano sia di un comandi militare coordinato che di una comune organizzazione all’estero che potesse funzionare come un governo in esilio.
Il disastro della centrale nucleare di Chernobyl, causato dalla rozza negligenza delle autorità sovietiche, offrì ai sovietici un altro pretesto per deportare i lettoni, gli estoni e i lituani e altri appartenenti a etnie varie. A quelli reclutati per ripulire le nefandezze di Chernobyl fu detto che avrebbero dovuto lavorare sul posto solo per tre mesi. A  quelli invece che sopravvissero ai lavori di pulizia della centrale, in condizioni veramente tremende, non fu permesso di ritornare alle loro case. La cosa meno cara in Unione Sovietica è la vita umana.
Le autorità sovietiche, nella Lettonia occupata, intrapresero la distruzione sistematica delle tombe, interi cimiteri, chiese e molti altri monumenti storici. Ad esempio, le tombe della famiglia di Karlis Ulmanis furono distrutte dai barbari russi. Il monumento ed il museo memoriale del primo comandante in capo lettone Oskars Kalpaks, furono anch’essi distrutti dai sovietici. Le proprietà della chiesa furono ampiamente distrutte. Lo storico duomo luterano di Riga, la cattedrale dell’arcivescovo, fu trasformata in una sala per concerti, la storica chiesa di San Pietro in un museo e la cattedrale cattolica greca in un planetario. Numerose altre chiese furono trasformate in magazzini, cinema, clubs o sale per conferenze, oppure sono state bruciate. Molti lettoni, noti per il loro indiscusso anticomunismo, furono uccisi in “incidenti” e non solo nella Lettonia occupata dai sovietici, ma anche negli Stati Uniti, Canada e Germania Occidentale. I lettoni non sono sicuri dalla persecuzione russa nemmeno in esilio.

LA BATTAGLIA CONTINUA ALL’ESTERO
Gli esiliati del baltico, comunque, non si sono fatti intimidire. Le rappresentanze diplomatiche e consolari della Lettonia, Lituania ed Estonia, assieme alle organizzazioni dei popoli Baltici sparse per il mondo, funzionano come governi in esilio. Una nuova generazione di giovani Baltici, ai quali i loro genitori hanno dato un istruzione nelle migliori università d’America, Canada, Australia e Europa Occidentale, si è fatta strada nella leadership delle organizzazioni in esilio. La cosa importante è che sono riusciti a portare la loro battaglia per la giustizia e per la liberazione delle loro rispettive patrie all’attenzione internazionale.
In conseguenza al loro impegno e attività senza sosta, il 13 Gennaio 1983 il Parlamento Europeo a Strasburgo approvò una risoluzione che condannava fortemente l’occupazione degli stati Baltici da parte dell’Unione Sovietica. La risoluzione definisce l’Unione Sovietica l’ultimo impero coloniale e chiede che la questione degli stati Baltici venga portata davanti alla Nazioni Unite. La risoluzione europea è basata fermamente su vari trattati, inclusi quelli conclusi e poi violati dall’Unione Sovietica. Il testo della risoluzione sottolinea che i tre popoli Baltici intrapresero una lotta di guerriglia su vasta scala contro le truppe sovietiche per otto anni (1944-1952) e che circa 665.000 fra lettoni, lituani ed estoni sono stati deportati dalle autorità sovietiche in campi di lavori forzati a partire dal 1940.
Incoraggiati da questo successo, il 25 e 26 Luglio 1985, le organizzazioni lettoni, lituane e estoni in esilio sostennero un tribunale internazionale contro il governo dell’Unione Sovietica accusandolo di genocidio e di altri crimini contro l’umanità nei tre stati Baltici. Un gruppo di autorità internazionalmente riconosciute nel campo dei diritti umani emise il suo verdetto, il Manifesto di Copenhagen, che giudicò i sovietici colpevoli secondo le accuse. (12)  Nel frattempo, una nave baltica, simboleggiante l’ideale di pace basata sulla libertà, salpava lungo le coste della Danimarca, Svezia e Finlandia. Ebbero luogo enormi dimostrazioni contro l’Unione Sovietica a Copenhagen, Stoccolma e Helsinki. Le reti televisive dell’Europa Occidentale ed i maggiori quotidiani diedero ampio risalto a quegli avvenimenti. E’ spiacevole rilevare che solo il The Wall Street Journal, fra i maggiori giornali americani, non diede alcun accenno a questi fatti.

“UTILI IDIOTI “ CONTRO LA LIBERTA’ BALTICA: L’OSI
Come c’era da aspettarsi, l’Unione Sovietica replicò a queste iniziative organizzando dei cosi detti processi per crimini di guerra. Purtroppo l’Ufficio per le Investigazioni Speciali (OSI) del Dipartimento di Giustizia Americano entrò in collaborazione con la polizia segreta sovietica. Karl Linnas un residente di Long Island, nato in Estonia, alla quale fu tolta la cittadinanza da una corte federale per aver partecipato a presunti crimini di guerra commessi dalla Germania hitleriana durante il secondo conflitto mondiale, venne implicato con “prove” messe insieme dal KGB sovietico. Le loro prove era contraffatte, fabbricate e fraudolente. La conseguenza fu che Linnas venne deportato dal governo americano nell’Estonia occupata illegalmente e dove era già stato condannato a morte dai tribunali sovietici. Al suo arrivo la pubblica accusa sovietica lo informò che l’Unione Sovietica non aveva nessuna causa contro di lui a causa di una restrizione legale. Poco tempo dopo i sovietici annunciarono la sua morte.
Il caso Linnas fu un indecente violazione della costituzione americana. Linnas e altri cittadini di origini dell’Est europeo, nei cosi detti casi di criminali di guerra, sono stati trattati come cittadini di terza classe, privati di un equo processo, un processo con giuria e della tutela dall’applicazione delle leggi ex post facto (cioè: dopo il fatto, a posteriori). La base legale per questi atti scandalosi è una legge speciale approvata dal Congresso durante l’amministrazione Carter. Lo scrivente di questo articolo crede che si tratti di un decreto riguardante la perdita dei diritti civili che però è proibito dalla costituzione americana. Il Congresso ha altrettanto violato volgarmente il principio costituzionale della separazione delle cariche dei tre rami del governo.
Per rendere giustizia al Presidente Reagan, va puntualizzato che questi licenziò Allan A. Ryan, che non era coperto dalle leggi dell’amministrazione pubblica. La risposta di Ryan al Presidente fu un libro:  Quiet Neighbors: Prosecuting Nazi War Criminals in America (vicini tranquilli: il processo a criminali di guerra nazisti in America) – New York Harcourt, Brace and Jovanovich, 1984. In questo libro Ryan dimostra un grande zelo per giustificare le attività del nefando OSI. Descrivendo lettoni, lituani ed estoni in generale come collaborazionisti dei tedeschi, egli contribuisce all’assassinio caratteriale dei tre popoli nel loro insieme. Egli sembra irritato che il governo americano non riconosca l’annessione sovietica dei tre stati Baltici. Poiché il colonialismo è arrivato alla fine in Africa e in Asia, Ryan e i suoi complici sovietici non fanno parte delle idee convenzionali del 20° secolo. Il suo libro dimostra ampiamente che sia lui che l’OSI devono la loro lealtà all’Unione Sovietica, come evidenziato dalla loro istigazione all’odio etnico e settario e dai loro tentativi di intimidire i veri anticomunisti.
Anche qui, hanno miseramente fallito. Sono ciechi davanti al fatto che i giovani lettoni, lituani ed estoni sono ben istruiti, intraprendenti e coraggiosi. I giovani Baltici non potranno che incrementare la loro lotta contro l’Unione Sovietica e la sua quinta colonna negli USA. La gioventù baltica di oggi non può e non vuole permettersi di farsi carico legalmente o moralmente di crimini di guerra commessi prima della loro nascita. Essi non odiano Ryan, lo disprezzano. Solo un idiota come Ryan non riesce a vedere tutto questo. Lenin chiamava queste persone “utili idioti”.
Gli ambienti filosovietici negli USA, incluso l’OSI, subirono una forte battuta d’arresto nel Settembre 1986, quando le superpotenze si incontrarono ad una conferenza a Jurmala, in Lettonia. Qui, il 18 di Settembre, il consigliere della Casa Bianca e ambasciatore Jack Matlock disse alla conferenza, in lingua lettone, che gli Stati Uniti non hanno mai riconosciuto e mai riconosceranno la legittimazione della incorporazione forzata della Lettonia, Lituania ed Estonia nell’Unione Sovietica. Questa dichiarazione fu ripetuta due volte sulla televisione locale e venne divulgata in tutta Riga, la capitale della Lettonia. Matlock divenne subito un eroe nazionale in Lettonia e i lettoni considerarono il Presidente Reagan il loro migliore amico. Questa fu una dichiarazione che i notiziari americani non poterono occultare.

PROSPETTIVE PER UNA LETTONIA INDIPENDENTE
Durante il decennio a partire dal 1965 entrambe le camere del Congresso approvarono risoluzioni che condannavano le misure genocide del governo dell’Unione Sovietica negli stati Baltici e chiedendo il ripristino dell’indipendenza di queste nazioni. Il Congresso approvò pure risoluzioni annuali che dichiaravano il 14 Giugno essere il Giorno degli Stati Baltici, condannando le deportazioni di massa effettuate dai sovietici nell’area Baltica, Il Presidente Reagan siglò ogni anno delle dichiarazioni incisive sulle Nazioni Occupate e risoluzioni  sul Giorno degli Stati Baltici definendo l’Unione Sovietica un aggressore e chiedendo il ripristino dell’indipendenza della Lettonia, Lituania ed Estonia. Ancora una volta è disdicevole rilevare che queste risoluzioni e dichiarazioni non sono stati quasi mai citate dai nostri più importanti media.
Oggi (1987) c’è un forte movimento sotterraneo negli stati Baltici. Le organizzazioni sotterranee hanno inviato spesso relazioni ai governi delle democrazie occidentali chiedendo il ripristino dei diritti di autodeterminazione e indipendenza per i popoli Baltici. Anche questi comunicati sono stati ignorati dai nostri media.
Va evidenziato che una storiografia falsificata insegnata nelle istituzioni accademiche dell’Occidente mette l’accento sul presunto imperialismo tedesco, ignorando il fatto che dopo il 1254 (la fine della dinastia degli Hohenstaufen), la Germania divenne e rimase ampiamente un concetto geografico fino alla sua unificazione nel 1870 da parte di Otto von Bismarck.
Gli studenti nelle maggior parte delle scuole americane e università vengono deliberatamente privati del fatto che, per diversi secoli, i russi hanno intrapreso razzie in stile coloniale su larga scala e sfruttamento di popoli avanzati non russi e non slavi e che oggi l’Unione Sovietica è una prigione di popoli.
E’ una mancanza di integrità intellettuale che impedisce agli accademici di informare gli studenti americani che i russi hanno importanti progetti per raggiungere il dominio globale con qualsiasi mezzo. Un valido esempio di questo tipo di disinformazione viene fornito dall’intera galassia delle reti televisive e giornali americani e dell’Europa Occidentale, aiutati da falsi esperti in sondaggi, che hanno dipinto Gorbachev come un leader di idee costruttive sul come raggiungere la pace, contrariamente all’atteggiamento negativo del Presidente Reagan. Hanno deliberatamente ignorato il fatto che durante la breve dittatura totalitaria di Gorbachev, gli assassinii di massa in Afghanistan, inclusi quelli di donne e bambini, hanno raggiunto il loro apice, col risultato della morte o l’esilio di un terzo della popolazione. Così, dietro alla sua facciata moderata, Gorbachev ha dimostrato la sua vera mentalità barbara.  Va detto che solo dei capitalisti occidentali filosovietici, come i Rockefellers, possono ritardare la disintegrazione dell’impero sovietico a causa della sua economia precaria e altamente instabile, il crescente ed esplosivo nazionalismo dei popoli occupati e la conflittualità di interessi della Russia sovietica e della Cina Rossa.
La gioventù lettone, sia in Lettonia che in esilio, usa lo slogan del Presidente Ulmanis: “ La lettonia ai lettoni e i lettoni alla Lettonia”. Prima della sua deportazione in Russia, Ulmanis dichiarò ai suoi più stretti collaboratori: “ possiamo essere oppressi, possiamo essere in parte sterminati, ma, fintanto che un solo lettone è vivo, la lotta continuerà per il diritto di vivere in una Lettonia libera e indipendente “.
L’autore di questo studio ritiene di poter vedere ancora una volta una Lettonia indipendente, una Lettonia che si sta formando ora. Una nuova Lettonia, una Lettonia ripristinata.

NOTE:
1 – Zanis Unams (ed.), Es Vinu Pazistu. Biografiska Vardnica (Riga: 1939), pag. 501-505
2 – Dr. Arnold Spekke, History of Latvia (storia della Lettonia) – Stoccolma: 1951 – pag. 347-348. Il Dr. Spekke era Ministro della Lettonia a Washington, D.C. (1954-1970)
3 – Edgars Dunsdorfs, Karla Ulmana Dzive (Stoccolma: 1978) pag. 193-209
4 – Unams (ed.), Es Vinu Pazistu, pag. 501-504
5 – Dr. Alfreds Bilmanis, History of Latvia (storia della Lettonia) – Stampa dell’Università di Princeton: 1951 – pag. 394-407. L’ultimo Bilmanis fu Ministro della Lettonia negli USA (1935-1948) ed un rinomato storico lettone.
6 – Joseph Pajaujis-Javis, Soviet Genocide in Lithuania (genocidio sovietico in Lituania), appendice N° 4, pag. 224-229
7 – Alfreds Zeichners, Latvijas Bolsevizacija 1940-1941 (la bolscevizzazione della Lettonia 1940-1941) – Edizioni dell’autore: Riga 1944), pag. 458; Bilmanis, History of Latvia, pag. 406
8 – Clarence A. Manning, The Forgotten Republics (le repubbliche dimenticate) – New York 1952), pag. 232-235
9 – Pajaujis-Javis, Soviet Genocide in Lithuania (genocidio sovietico in Lituania), pag. 91-117
10 – Donald Day, Onward Christian Soldiers (avanti soldati cristiani) – The Noontide Press, 1982), pag.33
11 – Aleksandr I. Solzhenitsyn, The Gulag Archipelago (l’arcipelago Gulag) – Vol. I-II (Harper and Row Publishers, New York), Vol. I a pag. 145. William L. Shirer, The Rise and Fall of the Third Reich (l’ascesa e la caduta del Terzo Reich) – New York: 1962, pag. 1041
12 – Baltic Tribunal Against the Soviet Union July 25 and 26, 1985, Copenhagen (tribunale baltico contro l’Unione Sovietica 25 e 26 Luglio 1985, Copenhagen) – pubblicato dalla Federazione Mondiale dei Liberi Lettoni  – pag. 1-195

CIRCA L’AUTORE:
Alexander V. Berkis è nato in Lettonia nel 1916. Ebbe una laurea in legge dall’Università della Lettonia e un dottorato in storia dall’Università del Wisconsin. Per anni lavorò come professore di storia europea al Longwood College di Farmville (Virginia) fino al suo pensionamento all’età di 65 anni. Fu presidente del Comitato Repubblicano Lettone e membro di varie associazioni accademiche. Lavorò anche come membro del Comitato del Consiglio Editoriale del Journal of Historical Review (rivista di rassegna storica) dell’IHR (Institute for Historical Review). Morì nel 2003 all’età di 87 anni. Lasciò la moglie di 57 anni, una figlia e due nipoti.