La U.S. Navy, strumento del dominio statunitense

di Francesco Cirillo

Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, la Royal Navy britannica ha consegnato la supremazia sui mari alla flotta statunitense. Flotta d’alto mare per eccellenza, la Marina americana è concepita per operare in maniera indipendente e lontana dalla madrepatria e con l’obiettivo di proiettare nei punti nevralgici del globo il potere militare degli Stati Uniti. La necessità di proteggere gli interessi diplomatici, commerciali e strategici degli Usa nel mondo ha obbligato Washington di disporsi di una forte capacità navale. Oggi la Marina statunitense è una delle maggiori forze navali del pianeta, frutto della schiacciante vittoria sulla Marina imperiale giapponese nella Seconda guerra mondiale, del declino della Royal Navy e del tracollo della Marina sovietica al termine della Guerra fredda.
Colonne portanti della Flotta sono i dieci gruppi da combattimento concentrati sulle superportaerei a propulsione nucleare che, insieme alle relative unità di protezione (incrociatori, cacciatorpediniere e sommergibili d’attacco), sono Carrier strike Group che rappresentano un’impressionante potenziale bellico, concepito per eliminare forze navali e bersagli sopra, sul e sotto al mare, oltreché condurre raid contro bersagli terrestri. Queste formazioni sono estremamente flessibili, al punto da potergli permettere di avere un’ampia capacità di funzioni come la raccolta di informazioni, supporto logistico e medico, intervento in situazioni di crisi umanitarie e capacità di proteggersi da missili balistici.
Le unità di spicco sono le grandi navi d’assalto anfibio e i sottomarini lanciamissili. Grazie alla destrezza dei sommergibili, la flotta ha un letale potere di distruzione.
In un periodo dove si sta discutendo sul destino delle grandi unità, che sono la prima linea di difesa, che rischiano di essere obsolete difronte a nuove e sofisticate tecnologie anti-nave , nonché al costo esorbitante di miliardi di dollari in piattaforme con capacità Stealth come i caccia F-35 o i cacciatorpediniere della classe Zumwalt, spesso si sottovaluta la capacità del supporto logistico della flotta. La Marina americana gode di un enorme vantaggio asimmetrico: ha la possibilità di muoversi continuamente in ogni angolo dello scacchiere con il lavoro, spesso silenzioso, delle navi e dei velivoli che offrono costantemente il supporto logistico in mare con il rifornimento e il trasferimento dell’equipaggiamento.
Oltre alle basi navali, posizionate nei punti nevralgici del globo, e di altre istallazioni navali che possono essere esposte ad attacchi, vi è la presenza di infrastrutture mobili di supporto come quella del Military Sealift Command. Il MSC (Military Sealift Command) garantisce vantaggi strategici per la flotta statunitense: sia in tempo di guerra che di pace, quando le flotte sfruttano gli oceani per rimanere nascoste fino all’ordine di attaccare, consente alla flotta di avere una presenza costante nelle aree strategiche o di crisi, come il Medio Oriente o l’Asia orientale. Tale vantaggio viene sfruttato come prerequisito per controllare saldamente le rotte marittime, un target che si ottiene attraverso lo schieramento continuo di unità navali, lontane migliaia di miglia marittime dalle coste statunitensi, nei pressi degli snodi strategici come i canali (Suez, Panama e Gibilterra) e gli stretti (Malacca, Hormuz, Bab al-Mandab). Il target primario è proteggere gli interessi di Washington, rafforzare le relazioni con gli alleati e contrastare eventuali minacce.
Il controllo dei mari è radicato nella mentalità di ogni superpotenza che ha calcato la storia.
Nella storia militare statunitense si annoverano tuttavia due grandi umiliazioni: il raid inglese su Washington e l’incendio della Casa Bianca nel 1814, frutto della superiorità navale britannica. La storia statunitense dell’Ottocento e dei primi del Novecento si deve interpretare come il processo di mettere al sicuro i due oceani su cui si affacciano gli Stati uniti, cioè l’Atlantico e il Pacifico. Queste possono essere utilizzate sia come arteria di collegamento fra l’America e il resto del mondo, sia da barriera difensiva su cui bloccare eventuali invasioni o attacchi navali attuati da una potenza straniera.
Le flotte Usa sono dislocate in qualsiasi regione marittima del globo. La più importante è la Settima Flotta del Pacifico, con quartier generale a Yokosuka ,in Giappone, ove è stanziata l’unica portaerei statunitense fuori dal territorio americano, la USS Ronald Reagan.
La 7ma Flotta ha disposizione in qualsiasi momento unità che vanno dalle 50 alle 70 navi, 140 velivoli e 20 mila marinai. Essa deve assicurare la protezione di oltre 124 chilometri quadrati fra linea internazionale del cambio data, il confine indo-pakistano ad ovest, le isole Curili a nord e l’Antartide a sud. Verso le Hawaii opera la Terza Flotta, responsabile dei mari dalla linea di cambio data al continente nordamericano; la 3a Flotta inoltre addestra le forze destinate ad operare negli altri comandi dislocati nel Pacifico occidentale, Oceano Indiano e in Medio Oriente.
La 7ma e la 3a sono riunite nella Flotta del Pacifico, creata nel 1941 dieci mesi prima dell’attacco a Pearl Harbor, dove attualmente è ancora stanziato il comando operativo. Con oltre 200 unità navali, mille velivoli e 140 mila marinai è la più potente di tutta la Marina statunitense.
Questo riflette l’estensione dell’area di competenza della Flotta del Pacifico, corrispondente a circa la metà della superficie terrestre.
La Catena di comando è costituita dall’ammiraglio Scott H.Swift (CincPacflit), che è sotto il profilo amministrativo a capo delle operazioni navali (Cno), dall’ammiraglio John C. Richardson, comandante in capo del Comando Usa del Pacifico (Uscinspac), e infine dall’ammiraglio Harry Harris. Questi, primo americano di origini nipponiche a raggiungere il grado di ammiraglio a quattro stelle della Marina Usa, è de facto l’uomo più potente del Pacifico. Riunisce su di sé tutte le branche delle Forze armate statunitensi stanziate nell’Oceano Pacifico (Uspacom).
La Quinta Flotta, dislocata in Bahrein, opera fra il Golfo Persico, il Mar Rosso e parte dell’Oceano Indiano. Il viceammiraglio Donegan è il suo comandante. Kevin M. Donegan coordina le operazioni delle forze dello United States Naval Forces Central Command (Navcent), ed è sottoposto al controllo dello United States Central Command (Uscentcom), sotto la guida del generale dell’esercito Joseph Votel. La 5a Flotta è la componente navale che ha condotto negli ultimi anni il maggior numero di operazioni belliche, da Desert Schield nel 1991 a Inherent Resolve nel 2014. Washington, per sostenere le operazioni della 5a Flotta, ha sempre cercato di mantenere almeno una portaerei nella area per supportare le operazioni militari in Medio Oriente .
Fra l’Atlantico e il Mediterraneo opera la Sesta Flotta con quartier generale a Napoli. Comandata dal viceammiraglio Christopher W. Grady, è sottoposta al comando dello United States Naval Forces Europe-Naval Forces Africa (Naveuer-Navaf), guidata dall’ammiraglio Michelle Howard. Ai tempi della Guerra fredda era una delle formazioni più potenti dell’apparato navale statunitense che dovette fare i conti con la diminuzione dell’interesse americano nel Mediterraneo dopo la scomparsa dell’Urss.
Infine le acque che bagnano il Sudamerica e il Centroamerica sono controllate dalla Quarta Flotta, ricostituita nel 2008 e coordinata dal comando del contrammiraglio Sean S. Buck ; invece a Nord opera lo United States Fleet Forces Command, comandata dall’ammiraglio Philip S.Davidson. La Usffc assicura la difesa del continente nordamericano ed è erede diretta della Flotta dell’Atlantico, voluta da Theodore Roosevelt nel 1906 per proteggere la zona dei Caraibi dopo le conquiste ottenute alla fine della Guerra ispano-americana.
La rinascita della Russia, l’espansionismo militare della Cina in Asia orientale e il consolidamento dell’Iran in Medio Oriente hanno tutti un investimento in comune: le tecnologie d’interdizione d’area in Europa, in Asia orientale e nel Golfo Persico. Questo potrebbe rimettere in discussione sia la proiezione del potere militare statunitense sulla terraferma sia il libero spostamento della Flotta nelle vicinanze delle coste del continente eurasiatico, rischiando di perdere il controllo delle vie di comunicazione marittime.