L’asimmetria geometrica applicata ai conflitti contemporanei

di Giovanni Caprara

caprara giovanni 2Innanzi tutto, è necessario definire preventivamente il concetto di asimmetria. Questo può essere possibile basandosi sull’etimologia stessa della parola: a-syn-métron, ovvero “incommensurabile”, “non reciprocamente misurabile”. Di fatto non è identificabile come una semplice disuguaglianza, di una vera e propria incomparabilità. Quest’ultima, se applicata alla guerra definita sulla base della concezione clausewitziana, “un atto di forza che ha per scopo di costringere l’avversario a sottomettersi alla nostra volontà”, non potrà che manifestarsi sotto forma di disparità fra i diversi fronti del conflitto. Il concetto universalmente riconosciuto di “guerra”, assegna allo stato il ruolo di primo attore nel conflitto, con l’impiego delle forze armate come strumento principale di risoluzione della disputa. Questa definizione può comprendere anche soggetti non statuali, quali partigiani, movimenti di liberazione nazionale, insorti, fazioni; e l’ausilio a strumenti para-militari, come guerriglia, insorgenza, lotta rivoluzionaria e quant’altro. Al contrario, quando gli attori o le forme di confronto annoverano questi parametri, si allontana il concetto classico di guerra.
Tale significato del conflitto è così riportato sia nel diritto internazionale bellico, quanto nella dottrina militare. La dicotomia statualità e guerra interagisce dunque eeciprocamente, come semplicemente enunciato da Charles Tilly con l’affermazione: “la guerra fece lo stato, lo stato fece la guerra”. Ciò a dire che la migliore capacità di reperire risorse economiche da parte degli stati, intesi come soggetti politici emergenti, si traduce nella formulazione di avanzati sistemi d’arma, tali da consentire loro una più rapida ed efficacie affermazione.
Questo è valido nella società multipolare contemporanea, quanto per le antiche popolazioni. Pertanto, la nascita e l’evoluzione della statualità ha conferito alla guerra una sua specificità: quella del confronto fra stati paritari. La natura classica della guerra è dunque implicitamente simmetrica. Con l’insorgere di attori non statuali, si è verificato un mutamento concettuale della definizione “guerra simmetrica”, la cui intrinsecità è cambiata in una nuova dimensione dove si introduce quella asimmetrica.
Quest’ultima, pertanto, si attesta come un superamento della guerra intesa nel termine classico.
L’asimmetria bellica non comprende i fini della guerra, in quanto non analizza le cause che l’hanno generata. Se ciò avvenisse, l’aggettivo asimmetrica, contraddirebbe il sostantivo guerra.
Nella definizione classica di guerra, gli attori principali sono gli stati, ma nella lettura generale dell’asimmetria non vi sono indicazioni precise inerenti i soggetti. Questi ultimi, di fatto, possono essere qualunque attore con capacità offensive al servizio del perseguimento di uno scopo politico. Laddove i protagonisti sono dissimili fra loro, come uno Stato sovrano ed una rete terroristica od una nazione non militarmente ben strutturata, la guerra assume la forma asimmetrica. Un conflitto classico è combattuto con le forze armate tramite l’uso di mezzi violenti, ma nell’asimmetria vale qualsiasi strumento, anche non violento di per se stesso, ma eventualmente utilizzato in modo violento, in questo caso il mezzo diventa un’arma. L’asimmetria, si palesa quando i contendenti ricorrono a risorse dissimili, ad esempio: i militari, pertanto una formazione legale, che si contrappongono a gruppi criminali. Lo spazio bellico è mutato dall’avvento dei nuovi attori e dalle implementazioni dei sistemi d’arma, ed include luoghi mai prima coinvolti: come il cyberspazio. Nonostante ciò, nel caso dello spazio bellico non può verificarsi asimmetria, in quanto vi sarà sempre l’uniformità dei luoghi fra i belligeranti, ossia dove il primo attacca l’altro deve difendere. Infatti, la dimensione temporale non può esprimere asimmetria: sin quando un attore è in fase offensiva, l’altro dovrà continuare a difendersi, se non contrattaccare. In tale contesto, guerra simmetrica e guerra asimmetrica si configurano come due realtà mutuamente esclusive. Il conflitto westfaliano, ossia una contesa fra stati sovrani e combattuto per mezzo di forze armate, è in modalità di simmetria. Invece, l’asimmetria apposta alle guerre contemporanee, ha applicazioni diverse. Il modello della guerra asimmetrica rielaborata delle idee di Clausewitz, desta un maggiore interesse della sua controparte “tradizionale”, poiché consente di valutare implicazioni di più grande rilievo, e di corroborare l’unità del concetto di guerra, che viene declinato anziché ridefinito dall’aggettivo. L’asimmetria bellica, dunque, discende in termini di attori, di mezzi, e di evoluzione dei concetti di spazio e tempo. L’attore che desidera raggiungere un obiettivo, deve elaborare una strategia e dotarsi di strumenti per poterla sostenere. I mezzi necessari a perseguire il proprio target possono essere identificati in una miscellanea di potenza ed informazione. L’attore, deve possedere energia che consenta lo spostamento e/o la modificazione dei sistemi d’arma, ed una efficiente struttura di comando e controllo per muovere i propri mezzi e scambiare i flussi di energia.
Più semplicemente, nel corso dell’attività bellica, dovrà essere in grado di rinnovare le strategie ed i mezzi. L’asimmetria fra i contendenti è nella difformità di possesso di energia ed informazione. Uno stato ha capacità esponenziali di mobilitare energia ed informazione in comparazione a quella di una organizzazione non statuale, ma quest’ultima può adottare tattiche che le consentano di sopperire alla propria debolezza per generare danni più grandi rispetto alle risorse reperite. L’efficacia della strategia dei terroristi, intesi come attore non statuale, è basata proprio su di una capacità di convertire alla propria causa le grandezze tempo e spazio, abbinata ad una competenza nell’uso delle tecnologie libere, rese disponibili dai processi di globalizzazione, che minimizzano i costi ed, al contempo, amplificano gli effetti degli attacchi. L’esempio è nella guerra cibernetica, che vale la distruzione dell’informazione e dei sistemi di comunicazione avversari, con attacchi ai server allo scopo non solo di ascoltare le trasmissioni, ma anche per la sostituzione dei contenuti delle stesse con indicazioni manipolate a svantaggio degli intercettati. Questo definisce principalmente gli algoritmi di azione degli aggressori: atti mirati all’elusione dei sistemi informatici; operazioni cibernetiche complesse tali da causare non solo distruzione di materiali, ma anche ricadute estendibili ad un indebolimento delle forze armate avversarie.
Dunque la guerra cibernetica è definibile come un nuovo livello di scontro, dove l’arma più semplice può essere una chiavetta USB. Il conflitto asimmetrico dell’informatica è risultato essere una minaccia tecnologica e geopolitica, la quale potrebbe tendere al fallimento del governo globale, laddove la guerra
cibernetica possa tramutarsi in un’arma per la disinformazione attraverso internet, od anche a disposizione proprio dei terroristi. Tale scenario è definito come: incendio digitale incontrollato in un mondo iperconnesso. In definitiva, ciò si traduce nel provocare il caos nel mondo reale, nell’uso non corretto di un sistema aperto e di semplice accesso come internet. Gli attori belligeranti interagiscono all’interno dello stesso insieme spazio-temporale, comportandosi però secondo logiche completamente opposte; queste sono funzionali alle diverse strategie adottate. Nella guerra asimmetrica, la classica rappresentazione del campo di battaglia viene a mancare, ma anche questo tipo di conflitto ha i suoi spazi, però non sono definibili nelle usuali concezioni. Lo stato moderno ha una struttura per controllare e gestire il proprio territorio nella maniera più adatta alla sue esigenze in una logica areale.
Lo spazio viene amministrato in tutte le sue componenti entro i limiti ben definiti dei confini, all’interno dei quali si espletano tutte le funzioni politiche, sociali, economiche e militari. Sotto il profilo temporale, per affermare il proprio dominio, l’impianto statuale ha la necessità di una pianificazione a lungo termine, e di un controllo continuo del territorio. La strategia dello stato è quindi pervasa da una logica di spazio areale e di tempo lungo e continuo. Militarmente, ciò si traduce in eserciti permanenti la cui missione principale è nella difesa del territorio nazionale. Nel contrasto ad attori asimmetrici lo stato dimostra perciò un limite, se non addirittura un vuoto. Sostanzialmente, l’attore asimmetrico, il più debole, non necessita di un vasto territorio dove attingere le proprie risorse, ma solo di luoghi dove è complicato per lo stato espletare un controllo areale. Le zone controllate dagli attori deboli, possono essere caratterizzati dalla mancanza di confini, anche se tra di loro mantengono una coerenza priva di contiguità.
Tali strutture sono pertanto definibili come network centriche, favorite dall’iperconnessione globale. In materia di guerra asimmetrica, la natura di alcune organizzazioni paramilitari, coinvolte in azioni di guerriglia, differisce dalle convenzionali, in quanto non strutturate con un’autorità centrale che definisce le strategie militari e regola quelle politiche.
Ciò le rende difficilmente individuabili e di conseguenza, non è possibile applicare approcci strategici standard per fronteggiarle. Questo nuovo ambito della strategia è definito: Netwar. Per quanto concerne l’aspetto temporale, l’attore asimmetrico riduce le sue azioni in tempi brevi, perchè non è strutturato per condurre operazioni a lungo periodo, e per non consentire allo stato, il più forte, di adottare le necessarie contromisure. La discontinuità nelle operazioni asimmetriche, permettono agli attaccanti di ritirarsi immediatamente, garantendo la sopravvivenza dell’organizzazione, inoltre consente loro una competizione sul piano temporale, in quanto azioni limitate ed opportunamente distribuite nel tempo ottengono un effetto continuo e duraturo, ma in particolare, impediscono allo stato una tattica di difesa efficacie. La strategia dell’attore debole risponde ad una logica di spazio network centrico, tempo breve e discontinuo. Altresì, sono stati capaci ad allargare il loro campo di azione, agevolati da estemporanee alleanze con gruppi esterni, tramutandosi in attori non statuali a carattere transnazionale. Al contrasto dell’asimmetria, potrebbe valere la tattica di riconfigurare gli eserciti secondo schemi reticolari, o network centrici.
Ciò renderebbe i militari più efficienti, infatti suddividendoli in guarnigioni specializzate con notevoli capacità di mobilitazione e trasporto, potrebbero più facilmente intercettare gli antagonisti, ma allo stato verrebbe meno il dominio capillare del territorio. La condotta asimmetrica di un conflitto, è di fatto basata su scontri veloci e distribuiti nel tempo, ossia una forma di decelerazione che agevola la resistenza armata, rendendola più efficace per il contrasto ad un avversario superiore sul piano tecnologico ed operativo. Infatti, Il belligerante che ha tale vantaggio, lo stato forte, di solito tende ad accelerare il conflitto per far valere la sua predominanza. L’asimmetria definisce i luoghi degli scontri in zone urbane o su terreni impervi, e gli obiettivi sono bersagli strategicamente importanti per lo stato. In ogni caso, il confronto militare classico ed aperto viene evitato sistematicamente dal debole.
A tal proposito, è esaustivo quanto affermato da Steven Metz e Douglas Johnson, dell’US Army War College: “l’asimmetria nel settore militare consiste nell’agire, organizzarsi e riflettere diversamente dall’avversario, allo scopo di massimizzare i propri punti di forza, approfittare delle debolezze dell’avversario, tenere le redini del gioco, od estendere il proprio margine di manovra”. Le forze armate contemporanee sono strutturate per combattere una guerra classica, e vengono convenzionalmente configurate in formazioni con varie specializzazioni, e sono coadiuvate da supporto aereo e marittimo. Molti eserciti hanno sviluppato la peculiarità di contrasto alla guerriglia, con militari altamente addestrati: le Forze Speciali. Queste sono talmente specializzate da rappresentare un contingente non convenzionale. I nuovi avversari operano a livello locale, mentre le forze armate sono competenti in operazioni su un teatro operativo di più alto livello.
Le formazioni transnazionali e non statuali, reggono il loro sistema sulle ideologie politiche e religiose, piuttosto che militari; la gerarchica dei decision makers, è radicalmente inglobata nella popolazione locale che la sostiene e la nasconde. Un aspetto collaterale all’asimmetria, principiato dagli attori non statuali, è la “shadows of war”: un nuovo tipo di economia, fondata sulla violenza e su azioni criminali, ordinata in una rete di interrelazioni clandestine, le quali si sovrappongono e si amalgamano all’organizzazione netcentrica degli attori deboli. Il denaro viene reperito attraverso rapine,traffico di stupefacenti, gestione della immigrazione clandestina. Queste forme di sovvenzione, possono essere valutate come la sorgente principale di una dinamica economica criminale transnazionale che incarna il lato oscuro della globalizzazione. A questa tipologia di sostegno economico, la ideologizzazione della lotta aggiunge altre forme di finanziamento, in particolare per quanto riguarda le formazioni islamiche: una di queste è la zakat, ossia donazioni filantropiche di credenti musulmani. Altre entrate provengono dalle elemosine raccolte nelle moschee, le quali vengono spesso dirottate al finanziamento delle cellule terroristiche. Ciò è l’evidenza che l’ideologia si sposa con l’economia di guerra. I conflitti asimmetrici, sono destinati per la loro natura ad estendersi sotto il piano temporale, e questo implica anche una maggiore incertezza sul raggiungimento del risultato. L’effetto negativo per l’attore statuale forte, è nella progressiva perdita del consenso dell’opinione pubblica interna verso le azioni intraprese. Per questo motivo, è stato introdotto il concetto di “vittoria sufficiente”, intendendo con tale espressione descrivere una situazione in cui la parte debole del conflitto asimmetrico non è stata completamente debellata, ma messa in condizione di non raggiungere più l’obiettivo preposto. Un ulteriore aspetto del fenomeno asimmetrico, con particolare riferimento alle formazioni di natura prevalentemente etnica e religiosa, è la tendenza ad usare i media a guisa di arma e come nuovo campo di battaglia.
La strategia impiegata è quella di conquistare il potere politico diffondendo paura ed odio, creando un clima di terrore nella popolazione interessata, eliminando i pareri moderati ed escludendo deliberatamente ogni comune regola etica. Tutti i media, anche quelli che diffondono immagini e notizie attraverso la rete, tendono a scegliere ritratti drammatici e raccontare episodi legati ai non belligeranti, ossia i civili. Circostanze che coinvolgono sempre l’attore asimmetrico, colpito dalla superiorità bellica dell’avversario statuale, ciò favorisce la presa di posizione del pubblico, il quale inevitabilmente si schiererà dalla parte del debole, anche se questi non sarà scevro da responsabilità nell’inizio e nella condotta del conflitto. Una scelta precisa dell’attore asimmetrico, in quanto non avrebbe possibilità di combattere il più forte con strategie convenzionali. La guerra asimmetrica ha prodotto una serie di terminologie che differiscono in base all’attore che la definisce. Quello statuale, ha coniato la Military Operations Other than War, o più diffusamente Peace Support Operations, nelle quali sono comprese le operazioni di “peacemaking”, “peacebuilding” e “peace enforcing”; gli attori non statuali preferiscono definizioni come “guerra santa”, “Jihad”, “guerra di liberazione”. Questo determina anche la portata della guerra asimmetrica, la quale includendo religioni, etnie, politiche, dinamiche economiche tra loro diverse, la rende globale, ossia senza confini territoriali, ma con la tendenza ad allargarsi a quanti più paesi è possibile.

Bibliografia:
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5/2007
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K. Clausewitz, “Della guerra”. Mondadori, Milano 1970
Y. Amidror, Y. Winning, “Counterinsurgency Wars: The Israeli Experience”. JCPA
Strategic Perspectives, 2008
Jason G. Adkinson, “Leadership Development for MOOTW”. An Analysis of Tactical Lessons Learned
Monterey Naval Postgraduate school, 2000
Giuseppe Caforio, “La Guerra asimmetrica, tra teoria e realtà”. Società italiana di storia militare

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