L’enigmatico caso di Bradley Edward Manning, oggi Chelsea Elizabeth Manning

di C. Alessandro Mauceri –

Di sicuro non si può dire che non abbia vissuto una vita intensa: a 37 anni appena compiuti nel suo curriculum si legge che è stato militare nell’esercito americano, poi informatore segreto di Wikileaks, quindi candidato per tre volte al premio Nobel per la Pace (nel 2011, nel 2012 e nel 2014), ma anche detenuto in un carcere militare per diversi anni e infine candidato al Senato degli Usa. Il tutto condito da una trasformazione di sesso da uomo a donna.
Fino al 2010 nessuno aveva mai sentito parlare di Bradley Edward Manning. Fu quell’anno che un hacker, Adrian Lamo, lo accusò di aver passato a Julian Assange, deus ex machina di Wikileaks, una serie di documenti riservati tra cui il video Collateral murder in cui due elicotteri Apache statunitensi uccidono 12 civili disarmati. Immediatamente arrestato venne trattenuto in un carcere in Kuwait per due mesi. Poi fu trasferito nel carcere militare di Quantico, in Virginia.
Dopo neanche dieci mesi, però, a seguito di forti pressioni internazionali (di chi?) Manning viene trasferito a Fort Leavenworth. Anche qui il trattamento a lui riservato appare troppo duro. Almeno secondo alcuni. In rete cominciano a girare informazioni sul modo in cui viene maltrattato e molte sono le proteste: nel marzo 2012, Juan Mendez accusa formalmente gli Stati Uniti di trattamento crudele, disumano e degradante nei confronti del soldato Manning. L’avvocato e opinionista Glenn Greenwald, in un articolo pubblicato a dicembre dello stesso anno, denuncia le condizioni inumane a cui è sottoposto Manning, sottolineando che il militare non ha ancora ricevuto una condannata formale. Delle condizioni di detenzione parla anche David House che fa visita a Manning e riferisce che è tenuto in isolamento per 23 ore al giorno, dorme con le luci accese ed è controllato a vista. Nel 2011 centinaia di esperti di legge americani (tra cui Laurence Tribe, professore di Obama ad Harvard) sottoscrivono un documento in cui condannano le condizioni di detenzione di Manning. Una levata di scudi massiccia che costa il posto al portavoce del dipartimento di stato americano PJ Crowley, che viene costretto a dimettersi dopo averlo definito “ridicolo, controproducente e stupido”.
Nel 2012 hanno inizio le udienze presso la Corte Marziale per il processo a Manning. Un anno dopo, lui stesso si dichiara colpevole di una parte dei reati di cui è accusato e ammette di avere fornito a Wikileaks alcuni documenti raccolti mentre era analista per l’esercito degli Stati Uniti. Manning confessa, ma non si dichiara pentito e lancia pesanti accuse verso l’esercito statunitense: paragona i soldati a “un bambino che tortura le formiche con la lente d’ingrandimento” e accusa le forze armate americane di non tenere in alcuna considerazione la vita umana. Il soldato Manning viene condannato a 35 anni di prigione per 20 dei 22 capi d’accusa di cui è imputato, tra cui spionaggio, l’Espionage Act, (per aver diffuso una quantità enorme di informazioni raccolte in 750,000 pagine). Un verdetto tutto sommato meno pesante del previsto: il giudice Denise Lind, della corte marziale di Fort Meade, infatti, lo assolve dell’accusa più grave, quella di connivenza con il nemico, che avrebbe potuto comportare la condanna alla pena capitale.
Mentre è ancora detenuto viene candidato al Premio Nobel per la Pace. Non una, ma ben tre volte: nel 2011, nel 2012 e nel 2014. Nessuna delle richieste però viene accolta. In compenso sempre nel 2014, mentre è ancora detenuto, viene accolta la sua richiesta di cambiare sesso. Intraprende quindi un percorso di transizione dal sesso maschile a quello femminile mediante l’assunzione di ormoni (Hormone replacement therapy – Hrt). Il trattamento si conclude nel 2016 e da allora non si parla più di Bradley Edward Manning ma di Chelsea Elizabeth Manning.
Nel frattempo Manning chiede la grazia al presidente degli Usa dicendo che avrebbe violato la legge “per amore del mio Paese e senso del dovere verso gli altri. Se respingerà la mia richiesta di grazia, servirò la mia pena sapendo che a volte bisogna pagare un alto prezzo per vivere in una società libera”, si legge nella lettera inviata a Barack Obama e diffusa da David Coombs, legale del/della detenuto/a.
Inspiegabilmente, vista la gravità della condanna e il fatto che non si tratta di un civile ma di un militare, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama concede la grazia. Manning esce dal carcere il 17 maggio 2017 dopo aver scontato solo 7 dei 35 anni di reclusione previsti (riceve anche un altro regalo: gli vengono considerati validi anche i mesi di detenzione in attesa del processo).
Ma nonostante questo non sembra essere pentito delle sue azioni: continua a lanciare frecciate rivolte all’esercito: “Ogni volta che abbiamo ucciso civili innocenti, invece di accettare la responsabilità per la nostra condotta, abbiamo deciso di nasconderci dietro il velo della sicurezza nazionale e delle informazioni segrete per evitare qualsiasi responsabilità pubblica”, scrive Manning, che riconosce di aver “violato la legge”, ma senza l’intenzione di danneggiare nessuno, anzi con l’intento di “aiutare la gente”.
Appena libera, la signorina Manning non perde occasione di sfruttare la notorietà raggiunta e la legge americana. Le norme che regolamentano le candidature al Senato degli Usa non prevedono alcun limite circa i precedenti penali, gli unici limiti per candidarsi al Senato nel Maryland, infatti, sono avere almeno 30 anni, essere cittadino americano da almeno nove anni e vivere in quello stato al momento delle votazioni. Nient’altro. Così Manning non si lascia pregare e apre un nuovo capitolo della sua vita. Anzi pare voglia farlo alla grande, dato che secondo alcune fonti avrebbe dichiarato di avere a disposizione (ma non si sa dove lo abbia preso) un budget milionario per la campagna elettorale.
Il fatto che la legge americana consenta a persone con la fedina penale non proprio pulita di correre alle elezioni per il Senato è già di per sé grave, tanto più che quello di Manning non è un caso isolato: lo scorso agosto il nuovo presidente degli Usa, Donald Trump, ha concesso la grazia a Joe Arpaio, ex sceriffo dell’Arizona, e pare che anche lui voglia darsi alla politica. Lo stesso Trump aveva risposto a un tweet della giornalista Katie Pavlich che aveva criticato Obama per aver perdonato Manning.
Ciò che sorprende è che, nel caso di Manning, si tratta di consentire ad una persona condannato per spionaggio e di aver venduto (o ceduto, questo non si è mai capito) informazioni riservate di governare e decidere delle sorti di quel paese. Qualcosa di strano e incomprensibile in molti paesi del mondo, ma non negli Usa.
Ma la cosa più enigmatica e difficile da comprendere è chi sia davvero Bradley Edward/ Chelsea Elizabeth Manning…