Leshoto. Nuovo governo alle porte

di Valentino De Bernardis –

Si intravede l’alba di una nuova stagione politica in Lesotho, o almeno cosi si spera. Venerdì 16 giugno, con il giuramento dell’anziano primo ministro designato Thomas Motsoahae Thabane (78 anni), il piccolo paese di poco più di due milioni di abitanti, inglobato dal Sud Africa, prova a gettarsi alle spalle un difficile periodo di instabilità politico istituzionale. Dopo tre elezioni in cinque anni (2012, 2015 e 2017), un colpo di stato mancato (2014) e un rapporto teso tra casa reale e partiti di opposizione (2016-2017), il ritorno di Thabane al potere potrebbe rappresentare l’ultima possibilità che il paese possiede per tornare alla normalità.
Condizionale d’obbligo se si guarda non solo alla storia passata del paese, ma anche quella recentissima, con un susseguirsi di eventi violenti che hanno messo in dubbio la sicurezza nazionale a tutti i livelli. Ultimo in ordine cronologico, l’assassinio di Lipope Thabane, consorte del primo ministro designato, avvenuta due giorni prima del giuramento del marito a Ha’Masana un villaggio a 35 km dalla capitale in circostanze ignote. Morte violenta di una personalità di primo piano del panorama nazionale, che hanno costretto le forze di polizia ad irrigidire ulteriormente le misure di sicurezza attorno allo stadio Setsoto di Maseru, durante la cerimonia ddi giuramento del primo ministro.
Certificato che molte delle forze politiche hanno accettato il risultato delle urne del 3 giugno, aprendo il viatico per una pacifico passaggio di consegne tra forze politiche di maggioranza ed opposizione, si prospetta per Thabane il difficile compito di creare una solida coalizione parlamentare, che possa prima di tutto supportare con convinzione l’attività del suo gabinetto, e in secondo luogo evitare possibili ribaltamenti del fronte (ipotesi non cosi peregrina nella storia recente di Maseru).
La buona performance registrata dall’All Basotho Convention (ABC) garantisce al suo leader Thabane solo 48 seggi su 120, ben lontana dalla soglia di sessantuno. Tra i partiti candidati ad entrare nella coalizione di governo, vi sono molto probabilmente l’Aliante of Democrats (9 seggi), Basotho National Party (5) e il Reformed Congress of Lesotho (1), per arrivare ad un totale di 63 seggi. Una maggioranza certamente variegata, certamente debole, ma che allo stesso tempo è in grado di garantire nel breve-medio periodo quello di cui Thabane ha più bisogno: il voto di fiducia in parlamento; rassicurare la comunità internazionale preoccupata dall’instabilità politica del paese; neutralizzare un nuovo scontro istituzionale tra il re, il governo e il parlamento.
Proprio il ruolo della comunità internazionale, sotto le spoglie della Comunità di Sviluppo dell’Africa meridionale (SADC) sta avendo un ruolo chiave in questa delicata fase di transizione del Lesotho. Deciso garante del rispetto del risultato uscito dalle urne, la SADC, e al suo interno in particolare modo il Sud Africa, ha difatti più volte sottolineato come non saranno accettati ritardi ingiustificati o colpi di stato, neutralizzando sul nascere le cattive intenzioni di chi volesse tentare un colpo di mano.
Impantanato in una crescita economica debole, sostenuta principalmente dagli investimenti nel settore minerario, un debito pubblico in crescita e un quadro macroeconomico non positivo, il compito che si troverà ad affrontare il nuovo gabinetto è a dir poco difficile. Se poi si aggiunge la congiuntura economica negativa di Johannesburg da cui dipende quasi completamente, ci si rende conto, che dire difficile è quasi un eufemismo.
Si è quindi davvero stati troppo ottimisti a voler intravedere l’alba di una nuova stagione politica per il Lesotho? Forse si, ma per il bene del paese bisogna sperare che l’ottimismo sia ben riposto.

@debernardisv
Le opinioni espresse in questo articolo sono a titolo personale.