L’Europa alla ricerca di un’identità e unità culturale

di Damiano Greco *

UeAbbiamo l’Euro. Abbiamo ceduto la nostra sovranità monetaria in cambio di una sovranità continentale. Abbiamo costruito un’Europa più indipendente. Eppure quell’unita auspicata dagli opuscoli celebrativi, dagli inserti dei giornali, dagli spot televisivi, dai foglietti illustrativi, dai kit di monetine tintinnanti di fine anni ’90 che annunciavano l’imminente arrivo della moneta unica per un’Europa saldamente unita non solo economicamente ma anche nell’ottica di un consolidamento a livello identitario, politico, sociale e culturale, fatica a decollare e resta purtroppo stabilmente ancorata ad antichi egoismi che hanno caratterizzato nel corso della storia gli stati europei.
Inoltre gli ultimi accadimenti hanno portato in una vera e propria crisi ideologica e identitaria il Vecchio continente, facendo traballare la fiducia di molti europei nel futuro dell’Unione:

– Crisi economica e finanziaria;
– Crisi dei debiti sovrani;
– Aumento del debito pubblico;
– Politiche di austerità;
– Disoccupazione;
– Crescita economica molto ridotta;
– Incapacità di gestire l’immenso flusso migratorio;
– La diffusione del radicalismo e il relativo spettro del terrorismo islamico.

Possiamo individuare diverse cause:

– La mancanza di una unità politica;
– La mancanza di una unità fiscale;
– Europa economica incompleta ed asimmetrica.

“Infatti- impossibilitati a fare l’Europa Politica per via politica, si è percorsa la strada dell’Europa Economica per realizzare quella Politica”.

E parallelamente a queste cause:

– La mancanza di un linguaggio comune che possa veicolare agevolmente le comunicazioni e che permetta un’immediata semplificazione delle strutture.
Una, nessuna e centomila lingue per l’Europa – Le attività dell’Unione Europea si sono mosse sin dalla nascita di quest’ultima nella promozione e nella realizzazione di un mercato unico, all’interno del quale si doveva realizzare la libera circolazione delle persone, dei capitali, dei prodotti e dei servizi, le problematiche iniziarono ad aumentare quando divenne facilmente intuibile come fosse complicata una vera circolazione delle persone se i cittadini europei non fossero stati in grado di comunicare coerentemente tra loro, apparve chiaro dunque il ruolo svolto dalla capacità di conoscenza delle lingue e delle culture straniere per la completa concretizzazione di questa promozione auspicata dalla stessa Unione.
Il risultato è un processo lento, inefficiente e contraddittorio. Dobbiamo evidenziare che purtroppo non basta adottare una moneta unica, o addirittura come si è ipotizzato una politica unica o una difesa unica, serve che l’Europa intraprenda un autonomo percorso di sviluppo, soprattutto attraverso un “linguaggio unico”, accessibile a tutti i 500 milioni di abitanti dell’Unione. Quest’ultima ha bisogno di una vera lingua comune, che possa unire tutti i cittadini europei. E’ necessario un rinnovato patto tra i cittadini dell’Unione.
Ma la lingua non è come la valuta, o la libera circolazione di merci e persone, è parte della cultura e della vita di un singolo, della storia, della sua comunità e non si può cambiare dall’oggi al domani, per decisione delle Istituzioni, anche solo per giungere a una situazione di bilinguismo.
Quello di individuare una lingua comune è una visione utopica ed intellettualmente miope, ed è inutile far prevalere una lingua sull’altra.
In conclusione ci ritroviamo dunque punto e a capo, ovvero nell’uso dell’inglese veicolare: una lingua franca, generica e inadeguata ai bisogni comunicativi della complessa società europea.
L’UE ha inserito l’apprendimento delle lingue tra le sue priorità più urgenti erogando finanziamenti per numerosi programmi e progetti in materia. L’Istituzione considera il multilinguismo un elemento importante della competitività europea. Uno degli obiettivi della politica linguistica è pertanto che ogni cittadino europeo abbia la padronanza di altre due lingue oltre alla propria lingua madre, ma gli sforzi volti alla promozione del plurilinguismo vengono inesorabilmente sbilanciati a favore dell’acquisizione dell’inglese, e questo avviene essenzialmente in molteplici campi, basti pensare ai vari canali informativi con i quali i vari istituti europei si rapportano con i propri cittadini, ad esempio i siti web istituzionali vengono redatti sempre in lingua inglese.
Le politiche linguistiche nel processo di costruzione a livello identitario che in questi decenni hanno ricoperto un ruolo fondamentale a livello comunitario si sono assunte la responsabilità di prendere le redini del processo d’integrazione europea, incoraggiando la promozione di apprendimento della lingua inglese in contrapposizione al numero di parlanti di lingue romanze, infatti in seno all’UE se ne contano almeno 174 milioni, a fronte di meno di 70 milioni di anglofoni per nascita. Il problema dal punto di vista politico è che tutte le lingue delle nazioni che fanno parte dell’UE sono a loro volta lingue ufficiali e di lavoro, ma come precedentemente esposto, tra queste l’inglese in primis e successivamente il francese e il tedesco (ma sempre con minore forza, nonostante Francia e Germania stiano investendo fortemente nella promozione delle loro lingue a livello internazionale) sono di gran lunga privilegiate, gran parte dei documenti ufficiali sono scritti, per ragioni di tempi e di costi, in queste sole tre lingue; non è affatto un caso che le lingue appena citate siano quelle appartenenti ai paesi economicamente più potenti.
L’egemonia della lingua inglese oramai riconosciuta, in contrapposizione alle strategie del multilinguismo che la stessa UE cerca di portare avanti, ha inesorabilmente oltrepassato i meri spazi linguistici raggiungendo nel corso dei decenni un consolidamento politico in ambito internazionale. L’implementazione delle politiche linguistiche non può esimersi dalla necessità di stabilire nuovi parametri sui quali inserire tutele eque per favorire gli equilibri all’interno di un contesto comunitario cosi ampio dal punto di vista linguistico come quello europeo, garantendo la vitalità delle lingue nazionali, favorendo i diritti per le lingue minoritarie e il loro relativo apprendimento da parte di tutti i cittadini europei. Si percepisce l’importanza del ruolo di tutti i paesi europei che non possono esimersi dal prestare particolare attenzione alle lingue parlate dai propri cittadini, riconoscendo pari dignità tra loro, individuando la necessità di stabilire una sorta di coesistenza nel territorio stesso.
A seguito dell’allargamento dell’UE che comprende attualmente 28 paesi vi è stato un notevole incremento del numero delle lingue, dando origine a delle inesorabili ripercussioni in termini di dispendiosità economica nelle istituzioni europee, parliamo naturalmente della redazione degli atti formali e delle traduzioni simultanee, di facile intuizione le conseguenze che ne possono nascere a discapito delle lingue meno forti, ciò implica la capacità di comprendere le ripercussioni che ne possono scaturire, che si traducono nella scomparsa di molteplici lingue parlate nelle istituzioni comunitarie. Ancora una volta è la lingua inglese in contrapposizione al tedesco, al francese e all’italiano nonostante il progetto di integrazione europeo debba molto a questi paesi.
Dove e come intervenire? – Naturalmente è fondamentale far circolare tutte le lingue, inoltre occorre che le scuole delle nazioni si strutturino in modo nuovo, l’apprendimento di una lingua deve rappresentare un’esperienza interculturale, un momento di incontro tra due o più identità linguistiche, uno scambio reciproco finalizzato all’abbattimento di ogni sorta di barriera. Si deve incentivare l’apparato scolastico in tutti gli istituti europei nell’aumentare l’efficienza e la qualità d’insegnamento e dunque incrementare ulteriormente le ore previste per l’apprendimento delle lingue straniere. Si dovrebbero inoltre creare dei piani di studio allineati con i programmi delle relative materie già esistenti, e ciò dorrebbe avvenire non solo a favore dell’inglese ma incoraggiando anche l’insegnamento di altre lingue europee.
Sintetizzando quindi, il fardello non può essere portato solo dai parlanti non anglofoni, la responsabilizzazione deve riguardare anche coloro collocati in una situazione di vantaggio essendo parlanti di lingue nazionali più forti rispetto a quelle minoritarie, indirizzandosi ad intraprendere iniziative volte a colmare tali vuoti per una più profonda comprensione delle culture e dei popoli, ad esempio attraverso l’introduzione fin dalle scuole elementari di materie finalizzate all’intercomprensione delle lingue romanze e non, equivarrebbe a dare da subito anche ai più piccoli un’impronta del multiculturalismo e al piacere di accedere alla comprensione di altre lingue e culture europee lontane dalla propria.
Concludendo si devono attuare delle riforme politiche decise in grado di realizzare concretamente queste azioni. Una strada da percorrere insieme per permettere ad ogni cittadino di esplorare la ricchezza contenuta nella diversità europea, un lavoro comune necessario dal quale sorgerà la nuova Europa, che possa permettere di cantare l’inno alla gioia di Ludwig Van Beethoven con un rinnovato e forse inaspettato patriottismo europeo.

Greco damiano fuori* Damiano Greco – Laurea triennale in Comunicazione Internazionale e attualmente laureando in Relazioni Internazionali e Cooperazione allo sviluppo (Laurea Magistrale), appassionato da sempre di relazioni internazionali e di comunicazione politica, con la finalità di intuire sempre quali scenari futuri ci aspettano. Molti viaggi, varie esperienze lavorative, tra cui un tirocinio molto importante con la Camera di Commercio italiana nella Repubblica Argentina.
Relazioni transatlantiche, America Latina, Mediterraneo e Medio Oriente principali focus di interesse.
E’ collaboratore di Notizie Geopolitiche.